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Sentenza sisma, L’Aquila si ribella: “Non abbiamo sete di vendetta, ma fame di giustizia”

L'Aquila scende in piazza contro la sentenza sisma relativa alla corresponsabilità delle vittime: "La nostra città doveva essere simbolo di ben altro".

L’AQUILA – Manifestazione contro la sentenza sisma che imputa il 30% di corresponsabilità alle vittime. In tanti davanti al Palazzo dell’Emiciclo: “Non abbiamo sete di vendetta, ma fame di giustizia”.

Familiari delle vittime del terremoto del 6 aprile, associazioni di familiari delle vittime di Amatrice, Rigopiano, Ponte Morandi e tante altre, comitato, rappresentanti dello sport e di tutti gli schieramenti politici, insieme a tanti semplici cittadini, aquilani e non, si sono ritrovati questa mattina nello spazio antistante il colonnato di Palazzo dell’Emiciclo per lanciare un grido di dolore contro una sentenza del Tribunale Civile dell’Aquila che “quantifica” nel 30% la corresponsabilità delle vittime del sisma 2009, “colpevoli” di essere rimasti a casa, la notte del 6 aprile 2009, nonostante lo sciame sismico attivo sul territorio. Colpevoli di aver dato retta alle istituzioni, quando rassicuravano le stesse persone rimaste sotto le macerie. “Non abbiamo sete di vendetta, ma fame di giustizia” ha detto Lilli Centofanti dal palco, ma il grido di dolore per una sentenza sisma impossibile da accettare è stato comunque palpabile, nei volti rigati dalle lacrime, negli interventi di Vincenzo Vittorini, che nel sisma 2009 ha perso moglie e figlia, e ha ripercorso tutta la vicenda, anche con l’aiuto delle registrazioni delle telefonate di allora, al figlio Federico, fino alle associazioni, aquilane e non presenti alla manifestazione.

manifestazione sentenza sisma l'aquila

“Per tutti noi – ha sottolineato Vincenzo Vittorini al microfono del Capoluogo – questa sentenza rappresenta un abominio: da una parte si assolvono, ad esempio, i membri della Commissione Grandi Rischi e dall’altro si condannano le vittime. Abbiamo raggiunto un livello di inciviltà mai visto prima. Spero che L’Aquila oggi risponda in maniera ferma; sono presenti i rappresentanti di tutte le altre stragi, perché purtroppo questa nostra penisola è tappezzata da nord a sud da tragedie in cui la mano dell’uomo è preponderante. L’Aquila doveva essere simbolo di un qualcosa di diverso, simbolo di memoria, simbolo di verità e giustizia, bisogna lottare affinché le cose cambino”.
“Sono qui da semplice cittadina – ha aggiunto l’avvocato Wania Della Vigna, che segue diversi procedimenti sia per quanto riguarda le vittime dell’Aquila che quelle di Amatrice e Rigopiano – ma posso dire che non mi era mai capitata una sentenza come questa e spero che non mi capiti più. Sicuramente questa sentenza sarà ribaltata in Appello. Non c’è stato alcun comportamento incauto da parte delle vittime e questo sarà dimostrato nelle Aule della Corte d’Appello dell’Aquila”.

manifestazione sentenza sisma l'aquila

Negli interventi dal palco, la rabbia e la ferma intenzione di non diventare “nuovamente vittime sacrificali” di un sistema rappresentato plasticamente da una sentenza che condanna le vittime, a fronte delle continue e pubbliche rassicurazioni delle istituzioni che prima del sisma hanno minimizzato i rischi. “Di per sé – ha sottolineato Lilli Centofanti – già negoziare il costo di una vita umana in termini di percentuali è un abominio, ancor di più in questa sentenza. Oggi siamo a manifestare non perché abbiamo sete di vendetta, ma perché abbiamo sete di giustizia. Condannare le vittime per essere rimaste a casa propria è assurdo, perché in casa si vive, non si muore“.

manifestazione sentenza sisma l'aquila

La diretta della manifestazione con le interviste

Le reazioni politiche.

“Ho risposto all’appello come cittadino – scrive il senatore e segretario regionale del PD Michele Fina – perché qui non conta l’appartenenza. Ma un parlamentare può fare qualcosa. Io ho depositato in queste ore un disegno di legge, a partire da quello proposto alla Camera da Stefania Pezzopane nella precedente Legislatura, per Disposizioni in favore dei familiari delle vittime dei terremoti del 2009 e del 2016. Spero che questa legge possa essere condivisa da tutti e intendo non solo le parti politiche ma anche le altre parti del Paese. Per la dignità e la giustizia e il rispetto che le vittime meritano. il punto non è solo avere riconoscimenti economici e collocamento obbligatorio ma riconoscere che lo Stato è in debito verso le vittime”. Fina ha anche ringraziato gli organizzatori della manifestazione che “nasce dal basso e che ha coinvolto spontaneamente tantissime cittadine e cittadini. Ad una sentenza incomprensibile si poteva rispondere con l’avvilimento o con l’indignazione. Solo la seconda fa reagire, combattere, per non piegarsi all’idea che fa comodo a troppi che tutto questo finisca in ombra, senza più rompere troppo le scatole. Dietro questo 30% di responsabilità c’è un’idea di società che rimette al centro il senso di colpa. Un senso di colpa che le vittime conoscono bene, alimentato da chi ti guarda a volte con paternalismo”.

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