Sfide di governo

La vera sfida di Giorgia Meloni

Giorgia Meloni ha la possibilità di impostare il futuro del Paese. Averlo fatto ieri sarebbe stato meglio. Iniziare oggi è sempre meglio che rimandare a domani. L'editoriale di Giuseppe Sanzotta

Tra oggi e domani Camera e Senato voteranno la fiducia al governo Meloni. L’esito è scontato, anche se non mancheranno analisi dettagliate sui discorsi alla ricerca di segnali, di possibili piccole crepe in una maggioranza che ha i numeri per guidare l’intera legislatura.

L’attenzione è tutta per Salvini e Berlusconi. Il primo si è imposto una riservatezza, fino a ieri sconosciuta. Il secondo negli ultimi giorni ha mandato segnali contrastanti: da quel voto mancato per La Russa, ai “pizzini” e alle registrazioni indiscrete. Poi tutti compatti da Mattarella per formare un governo in tempi record. Non è un merito dei partiti, ma del chiaro segnale giunto dagli elettori: la sola maggioranza possibile è quella di Destra e Giorgia Meloni è l’indiscussa vincitrice della contesa elettorale. Vedremo dai discorsi in Parlamento, dagli atteggiamenti nei prossimi giorni se quel malessere che serpeggia anche nelle parole di Mulè (fedelissimo di Berlusconi) è solo l’ultimo strascico delle polemiche passate. Una cosa appare certa Giorgia Meloni non ha il consenso di tutto il Paese, per lei ha votato il 25 per cento, e per i partiti di opposizione, in ordine sparso, hanno votato più del 50 per cento degli elettori.

giorgia meloni silvio berlusconi

Berlusconi al Quirinale con Salvini e Meloni

Appare ugualmente certo che questa è l’unica maggioranza possibile in questa legislatura e che per tutti, anche per quanti non l’hanno votata, Giorgia Meloni è la sola personalità che può guidare il governo. In democrazia, grazie al cielo, non ci sono maggioranze bulgare, ma quasi sempre maggioranze relative. Segno di vitalità e di confronto. In più, in questa occasione i partiti di opposizione sono così divisi e in crisi (il Pd soprattutto) che prima di tutto devono pensare a riorganizzarsi al proprio interno. Dunque i pericoli per la maggioranza parlamentare possono venire solo dal proprio interno. Se ci sarò coesione, che non significa un pensiero unico, questo governo, caso unico in Italia, può governare 5 anni. E la sfida è tutta qui. Nelle prossime settimane ci sono gli impegni dettati dall’emergenza. La legge di bilancio, l’attuazione delle procedure e delle riforme per ottenere i fondi europei. La battaglia sui prezzi dell’energia, l’inflazione, il sostegno a famiglie e imprese. Poi in cantiere ci sono le promesse elettorali che riguardano fisco e pensioni. Senza dimenticare che la guerra in Ucraina è una preoccupazione costante sia per i riflessi economici, non tutti prevedibili, sia per l’incubo di un allargamento del conflitto.
La vera sfida non sarà solo offrire le migliori risposte possibili a quelle che chiamiamo emergenze, quelle le avrebbe anche potute dare anche un governo tecnico, ma disegnare il futuro per il Paese. Dobbiamo essere condannati all’affannosa ricerca di risorse energetiche in giro per il mondo? Dobbiamo pensare che il Sud debba essere condannato inevitabilmente al sottosviluppo? Alcune nostre infrastrutture sono vecchie, dobbiamo aspettare che crollino? Il nostro territorio è estremamente vulnerabile ai fenomeni climatici? Servirebbero opere di prevenzione. Così come non dobbiamo aspettare un nuovo terremoto per parlare di costruzioni antisismiche. Che futuro sviluppo avrà questo paese? Quale crescita? Il reddito di cittadinanza non è la risposta ai giovani disoccupati, la risposta è il lavoro. Ma va favorito. La lista delle cose da fare è infinita e comune è la consapevolezza che non basta l’impegno e la buona volontà, servirebbe una fatina o un mago con tanto di bacchetta magica. Quei personaggi con gli strumenti magici sono solo nelle favole. Una cosa però deve essere chiara: molti dei nostri problemi sono antichi, mai affrontati da governi e maggioranze instabili. Da esecutivi ballerini. Nella vicina Germania la Merkel ha guidato il Paese dal 2005 al dicembre del 2021. Sedici anni di governo, Quanti premier abbiamo avuti noi nello stesso periodo? Se il conto è esatto 8. Prendiamo l’ultima legislatura, abbiamo avuto tre governi, un presidente del Consiglio espressione di due maggioranze diverse, e per finire una terza coalizione con Draghi. Che cosa potevano programmare governi così? Governi con maggioranze litigiose e con partiti che si sono presentati agli elettori come alternativi. Qui non è il caso di stilare pagelle, anche se è evidente che il governo di Draghi, anche per l’autorevolezza del presidente, era sicuramente di alto profilo, il fatto è che comunque aveva un impegno a termine: sostituirsi alla politica, incapace di esprimere una guida, per affrontare l’emergenza.
Ora la situazione è diversa. Inizia una nuova legislatura che può e deve durare 5 anni con una sola maggioranza. La sfida sarà quella di dare le risposte immediate che un Paese in difficoltà si attende, ma anche impostare un programma che, stabilendo delle priorità, avvii una vera azione di riforma e di cambiamento. Ci vorranno anni e le risorse saranno limitate. Spesso anche recentemente veniva ricordata la frase di De Gasperi, forse ripresa da un predicatore americano, James Freeman Clarke: un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni. Più banalmente diciamo che l’impegno dovrebbe essere quello di pensare al futuro dell’Italia. Ecco Giorgia Meloni ha questa possibilità: Di impostare il futuro del Paese. Averlo fatto ieri sarebbe stato meglio. Iniziare oggi è sempre meglio che rimandare a domani. Questo governo ha questa possibilità. Questa maggioranza può riuscire dove altri hanno fallito. Basta restare coerenti a quell’impegno preso con gli elettori.

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