Politica

Meloni senza ostacoli, tutto come previsto anche al Senato

Anche la fiducia al Senato per Giorgia Meloni passa senza problemi: la maggioranza può farsi male soltanto da sola. Le opposizioni sono tre, e più divise che mai. L'editoriale di Giuseppe Sanzotta

Anche il voto del Senato era scontato: Meloni ha ottenuto la fiducia di Palazzo Madama con 115 voti a favore, 79 no e 5 astenuti. Tutto come previsto, se ci saranno problemi si vedranno in seguito. E’ evidente che la maggioranza può farsi male soltanto da sola.

Le opposizioni sono tre, e più divise che mai. E non fanno nulla per nascondere diffidenze e ostilità. Numeri a parte non possono, per ora, costituire ostacoli. Il centrodestra appare unito. I pizzini di Berlusconi, gli audio rubati sono cose del passato. Certamente, esaminando al microscopio minuscoli segnali, si potrebbero anche immaginare scenari diversi.

Così non convince quella dichiarazione di affetto di Ronzulli verso Giorgia Meloni che non ha voluto averla alla guida della Sanità. Ma stando alle parole in aula Ronzulli, come tutti i rappresentanti di Forza Italia, hanno giurato pieno sostegno a Meloni.
Lo fa anche Berlusconi tornato a parlare in aula dopo 9 anni. Il Cavaliere interviene per dichiarazione di voto: in realtà parla più di se stesso che di questo governo. Berlusconi rivendica il merito di aver creato il centrodestra, ripete le parole usate proprio al Senato nel lontano ’94. Si dice in linea con le dichiarazioni del presidente del Consiglio, così rivendica piena lealtà alla Nato e alla politica estera italiana. Conferma la vicinanza all’Ucraina. Qualcosa che stride con quell’audio di qualche giorno fa. Ma era quello che doveva dire per cancellare ogni dubbio.
Sempre volendo usare il microscopio, piccoli segnali di distinguo si possono individuare nelle parole del capogruppo della Lega Romeo che dopo aver parlato di cooperazione nella maggioranza ha sollecitato una iniziativa di pace di cui dovrebbe farsi protagonista l’Italia. E’ un messaggio contro il sostegno militare all’Ucraina? Forse no, ma qualche incertezza traspare anche perché Meloni era stata perentoria nella sua replica confermando il pieno sostegno all’Ucraina e avvertendo (rivolta ai 5Stelle) che scendere in piazza con le bandiere arcobaleno non fa compiere nessun passo avanti verso la pace. Inoltre, ha avvertito, che chi pensa che la pace si possa raggiungere non aiutando più militarmente l’Ucraina in realtà sta solo chiedendo a quel Paese, invaso da una potenza straniera, di arrendersi. E questo è inaccettabile. Inoltre se l’Italia si sfilasse dall’alleanza occidentale non inciderebbe minimamente sull’esito della guerra, ma si isolerebbe. E tanto per farne capire le conseguenze ha ricordato che soltanto l’uno per cento delle nostre esportazioni sono verso la Russia, mentre più dell’80 per cento sono verso i Paesi occidentali. Quindi è indispensabile restare agganciati ai nostri alleati.

Forse a preoccupare Giorgia Meloni è più l’attivismo di Salvini che dopo giorni di silenzio ora cerca visibilità. Ha riunito gli esperti del suo partito con il ministro Giorgetti e ha rilanciato la riforma delle pensioni e la tassa piatta. Temi che dovranno essere esaminati con prudenza. Poi ha rilanciato la modifica delle limitazioni all’uso del contante, portandolo a 10 mila euro. Stavolta Giorgia Meloni ha confermato che si agirà in quel senso senza però fare cifre. Così come ha assicurato che si interverrà sul fisco. Il problema è che deve provocargli un qualche fastidio questa anticipazione di provvedimenti. Un modo per Salvini di restare protagonista e non lasciare tutta la scena al presidente Meloni. Alla lunga questo modo di procedere può risultare pericoloso. Anche perché Giorgia Meloni ha voluto spiegare che non è scesa in molti particolari nel suo discorso perché a lei interessava esplicitare la direzione di marcia, quella che ha chiamato la visione del Paese. I singoli provvedimenti dovranno essere dunque coerenti. Del resto l’obiettivo è di governare per l’intera legislatura e a differenza degli anni precedenti c’è una maggioranza politica chiara e con obiettivi comuni.
Si vedrà nei prossimi mesi se sarà proprio così, ma adesso è così. Mentre le tre forze di opposizione sembrano interessate a farsi la guerra e di fare fronte comune proprio non si parla. Conte ha cercato di spostare l’asse a sinistra dei 5Stelle e ora ambisce ad essere la forza principale alternativa al centrodestra. Contesta al Pd di essere legato alla politica di Draghi, rivendica una linea in politica estera pacifista che in pratica significa non cedere armi agli ucraini. Così anche su questo tema l’opposizione a Giorgia Meloni è netta. Non così il Pd, che promette battaglia ma sulla guerra in Ucraina concorda con il governo. Poi c’è il terzo polo di Renzi e Calenda che promette una opposizione diversa da quella di Conte e Letta. Renzi, intervenendo in aula, ha garantito che il suo partito collaborerà sulle riforme istituzionali, poi ha voluto polemizzare più che con la maggioranza con il Pd difendendo le scelte della maggioranza sulla parola merito affiancata a quella della scuola e sulla sovranità alimentare. Dai banchi del governo Meloni sorrideva, un po’ per lo show di Renzi e forse anche nel vedere i suoi avversari beccarsi come i capponi di Renzo.
Per il governo resta da superare l’ultimo scoglio, quello dei sottosegretari e viceministri. Dopo, dalle parole si passerà ai fatti, a partire dalla legge di bilancio. All’opposizione invece non sono previste novità. Domani la direzione del Pd darà ufficialmente il via al congresso che porterà a un nuovo segretario. Ma i tempi sono lunghi, si arriverà a marzo. Con i tempi della politica oggi è una eternità. Del resto, adesso, alle sinistre, non resta che restare a guardare.

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