Il processo per l’omicidio di Barisciano si chiude con la condanna a 15 anni per Gianmarco Paolucci. L’avvocato Ceci: “Primo passo verso il riconoscimento della sua estraneità, lati oscuri ancora da chiarire”.
Si è chiuso con la condanna a 15 anni di reclusione, il risarcimento ai familiari della vittima da quantificare in sede civile e l’interdizione dai pubblici uffici il processo davanti alla Corte d’Assise dell’Aquila a carico di Gianmarco Paolucci, 27enne aquilano, condannato in Primo Grado per l’omicidio del 55enne dipendente dell’ASM, Paolo D’Amico, in quello che è stato ribattezzato come l’omicidio di Barisciano. “Giudico questa sentenza – ha sottolineato al microfono del Capoluogo.it l’avvocato Mauro Ceci, rappresentante della Difesa insieme all’avvocato Licia Sardo – un primo passo verso il riconoscimento dell’estraneità del Paolucci all’accusa mossa. Quindici anni sono il risultato dell’applicazione del giudizio abbreviato, che ha riconosciuto l’impostazione della Difesa che lo aveva appunto proposto da subito, ritenendo non sussistenti le aggravanti che hanno sempre contraddistinto il capo d’imputazione. Senza queste aggravanti sarebbe stato possibile anticipare il rito abbreviato e non avremmo avuto discussione in Aula, anche se proprio questa, a parere del sottoscritto, ha delineato dei lati oscuri ancora da chiarire nella ricostruzione della dinamica e anche in relazione al responsabile di questo efferato omicidio”.
Per quanto riguarda l’eventuale ricorso in Appello, “la nostra prima richiesta era quella dell’assoluzione, quindi valuteremo bene le motivazioni della sentenza e decideremo”.
Intanto nell’ultimo atto del processo di Primo Grado, Gianmarco Paolucci ha ribadito la propria innocenza: “Ho 27 anni e sono un ragazzo normalissimo – ha detto l’imputato in sede di dichiarazioni spontanee – non ho mai parlato, perché quello che mi è accaduto è inimmaginabile. Ho una madre, un fratello, una ragazza a cui tengo tantissimo, avevo amici. Dal primo giorno in cui mi sono svegliato in cella, credevo di svegliarmi da un incubo, e così mi capita ogni mattina. Non sono stato io, non ho mai fatto del male a nessuno e non avevo motivi per farne a Paolo D’Amico, che in quelle poche volte che l’ho incontrato si è sempre mostrato gentile. Quel giorno, durante la mattina ero al lavoro e nel pomeriggio ero andato a casa di mia madre per aggiustare la caldaia. Fatemi uscire da questo incubo”.
Con la condanna a 15 anni l’incubo di Paolucci non è terminato, ma rispetto alla richiesta dell’ergastolo da parte dell’accusa rappresentata dal pm, dottoressa Simonetta Ciccarelli, per il 27enne c’è ancora la speranza di un futuro possibile.
La sentenza.
Dopo circa quattro ore di Camera di Consiglio, iniziata intorno alle 11,20, la Corte d’Assise del Tribunale dell’Aquila, formata dal Presidente Alessandra Ilari, il giudice a latere Niccolò Guasconi e i sei giudici popolari, ha condannato a 15 anni di carcere Gianmarco Paolucci per l’omicidio di Paolo D’Amico. La Corte ha riconosciuto infatti lo sconto della pena previsto dal rito abbreviato, non avendo riconosciuto le aggravanti. Paolucci è stato anche condannato al risarcimento da quantificare in sede di processo civile (con provvisionali da 100 e 50mila euro per madre e fratello) e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
