Cultura

Tutti i Santi giorni, 4 novembre: San Carlo Borromeo

San Carlo Borromeo per la rubrica "Tutti i Santi giorni" del 4 novembre.

San Carlo Borromeo per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 4 novembre.

Il 4 novembre ricorre la memoria di San Carlo Borromeo. San Carlo Borromeo nacque ad Arona, sul Lago Maggiore, nel 1538, in una nobile e ricca famiglia. Il padre, Gilberto, era noto per la profonda religiosità e per la sua generosità verso i poveri; anche la madre, Margherita, era molto devota; morì quando Carlo aveva solo nove anni. A 12 anni, Carlo fu nominato commendatario di un’abbazia benedettina di Arona, con una rendita di 2000 scudi; appena ricevuta l’investitura, decise di spendere quei soldi per soccorrere i più bisognosi. Compì gli studi prima a Milano poi a Pavia, rivelando ben presto grande intelligenza e carattere tenace e riflessivo. Nel 1559, a soli 21 anni, diventò dottore “in utroque jure”. Nel frattempo, a Roma venne eletto pontefice Pio IV, al secolo Gianangelo de’ Medici, suo zio materno, che lo chiamò in città insieme al fratello Federico. Dal 1561 quest’ultimo ebbe la carica di capitano generale della Chiesa, mentre Carlo fu nominato Segretario di Stato. Nella corte romana visse nello sfarzo tipico di quegli anni, ma l’improvvisa morte del fratello gli fece cambiare radicalmente vita: ridusse la vita mondana, intensificò la penitenza, i digiuni e le rinunce. Riprese inoltre, con più fervore, la propria formazione teologica e pastorale. Nel 1563 fu ordinato sacerdote e subito dopo consacrato vescovo. Partecipò alle ultime fasi del Concilio di Trento (1545 – 1563), diventando uno dei maggiori promotori della controriforma; fece parte della commissione incaricata di revisionare la musica liturgica; collaborò in larga parte alla stesura del Catechismo Tridentino. Poco prima della morte dello zio, il 9 dicembre 1565, San Carlo chiese di poter fare ritorno nella diocesi di Milano, per attuare le disposizioni conciliari, tornando a Roma solo per l’elezione del nuovo papa, il domenicano Michele Ghislieri, da lui fortemente appoggiato. A Milano iniziò subito la grande opera di riforma secondo il Concilio di Trento: organizzò la sua diocesi in 12 circoscrizioni, curò la revisione della vita della parrocchia obbligando i parroci a tenere i registri di archivio, con le varie attività e associazioni parrocchiali; si impegnò molto nella formazione del clero creando il seminario maggiore e minore. Ma soprattutto il cardinale Borromeo fu instancabile nel visitare le popolazioni affidate alla sua cura pastorale e spirituale. Tuttavia, sebbene molto amato, la sua riforma incontrò anche ostilità: il 26 ottobre 1569 subì un attentato ad opera di quattro frati dell’Ordine degli Umiliati, di cui uno gli sparò mentre era in preghiera nella sua cappella privata. La pallottola gli forò il rocchetto, ma lui rimase illeso miracolosamente ed il popolo lesse l’avvenimento come segno della correttezza delle sue riforme; gli Umiliati furono definitivamente soppressi. Durante la peste del 1576 restò accanto ai suoi concittadini, organizzando l’opera di assistenza, visitando personalmente coloro che erano colpiti dal terribile morbo e aiutando tutti instancabilmente. San Carlo Borromeo aveva una particolare devozione verso la Sindone e il desiderio di contemplare quel lino dove, secondo la tradizione, era stato avvolto il corpo di Gesù deposto dalla Croce, era andato accrescendosi proprio nei giorni tragici della pestilenza; quando il flagello terminò, San Carlo, come per sciogliere un voto per grazia ricevuta, decise di partire per pregare personalmente davanti alla Sindone. Nel settembre 1578, il duca Emanuele Filiberto di Savoia, per agevolare il pellegrinaggio dell’Arcivescovo di Milano, trasferì la reliquia dalla cappella del castello di Chambery a Torino, decidendo poi di lasciarla definitivamente nel capoluogo piemontese dove tutt’ora si trova nel Duomo. A causa della sua attività pastorale senza sosta, dei frequenti viaggi e delle continue penitenze, la sua salute peggiorò rapidamente. La morte lo colse il 3 novembre del 1584; il suo culto si diffuse nei fedeli, fino alla canonizzazione fatta nel 1610 da Paolo V.

Dal punto di vista delle immagini, il Santo è generalmente raffigurato con i tratti fisici eccessivamente marcati del volto, a partire dal famoso naso aquilino che lo rende immediatamente riconoscibile. È ritratto con l’abito cardinalizio, mentre medita stringendo le mani di fronte al Crocefisso, suo attributo costante davanti a cui sta un teschio. Questo tema simboleggia la riflessione di San Carlo sulla sofferenza e la morte, sul memento mori, vissuto non con assorta gravità, ma con serena consapevolezza della futura felicità ultraterrena. Curiosità: San Carlo Borromeo portò sempre la barba, anche se la vasta iconografia seicentesca lo raffigura spesso glabro. Cominciò a radersi solo nel 1576, al tempo della prima grande peste, e mantenne il volto rasato in segno di penitenza durante gli ultimi otto anni di vita.

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