Politica

Giorgia Meloni tra identità e realismo

Meloni tra identità e realismo. il dilemma Forza Italia. le opposizioni in guerra tra loro, a perdere, per ora è solo Letta.

Le prime mosse di Giorgia Meloni e del suo governo erano in qualche modo prevedibili: dare il segnale ai propri elettori che qualcosa è cambiato rispetto al passato, ma nello stesso tempo rassicurare i mercati e gli alleati internazionali che a guidare l’Italia non è arrivata una banda di sfasciacarrozze, ma un gruppo responsabile.

Così le prime mosse del governo Meloni sono apparse solo identitarie, con nessuna o quasi conseguenza pratica. Ma un segnale di discontinuità, un messaggio agli elettori. Così l’annuncio che sarà rivista la norma sul contante, il ritorno al lavoro di medici e infermieri no vax, la linea dura sui rave illegali e sull’immigrazione. Su contante si vedrà, non inciderà certamente sull’economia, non è certo una misura che favorirà il riciclaggio della grande criminalità che usa altri metodi. C’è l’accusa che potrebbe favorire la piccola evasione. Ma nessuno pensa che questo sposti moto. C’è l’annuncio della rottamazione della cartelle esattoriali, in pratica un condono, ma è forse questa una novità nella politica italiana? Poi c’è la linea dura sulle illegalità, il rischio è quello della grida manzoniane, ma sono proprio le opposizioni con le loro proteste a rendere quelle misure non solo identitarie ma gradite agli italiani. I rave party non sono una espressione di libertà, ma una azione illegale. Se poi ci mettiamo la decisione del comune di Roma sulle occupazioni appare chiaro che quelle misure del governo non possono che apparire popolari. Eppure quel provvedimento è scritto male, lo stesso ministro ha ammesso che potrà essere rivisto in Parlamento. Forza Italia attacca su questo. I toni non sono ultimativi, ma manifestano un disagio. Del resto da quel partito continua l’esodo. Dalla Campania ha salutato l’ex presidente Caldoro, più grave l’addio di Letizia Moratti. Tutti potrebbero trovare casa nel gruppo di Calenda e Renzi, come gìà accaduto per la Carfagna e Gelmini.

giorgia meloni grandangolo

Tornando alle misure identitarie c’è la questione delle navi ong e dei migranti. Quell’annuncio, non sbarca nessuno, era evidentemente un messaggio all’Europa oltre che agli elettori. In Italia sbarcano in tanti. Il problema sarà quello di poter arrivare a una revisione degli accordi di Dublino che obbligano il paese di primo approdo a farsi carico dei migranti, e a una politica comune sull’immigrazione per non lasciare mano libera ai trafficanti di uomini e alle ong.
Altro punto identitario è la politica sul covid. I medici no vax sarebbero rientrati al lavoro tra due mesi. Quindi un anticipo non cambia certo la situazione. Anche le multe per il momento restano. Così come l’obbligo delle mascherine in ospedale. Resta l’impegno sui vaccini. Insomma, per ora cambia poco.
Veniamo alle misure economiche. Il governo si è assunto l’impegno di ridurre la percentuale del debito pubblico entro il 2025. Circa 10 punti percentuali in meno. Sarebbe un successo e comunque rassicura mercati ed Europa che l’Italia terrà sotto controllo le spese. Le uniche misure immediate riguardano gli aiuti per il caro energia. Provvedimenti scontati e in qualche modo in linea con il precedente governo. Non ci saranno altri bonus e sarà confermata la linea tracciata da Cingolani, sulle estrazioni di gas in Adriatico che tanto fa arrabbiare i verdi e Conte. Poi siamo agli annunci sulla revisione del reddito di cittadinanza. Non sarà facile. L’idea piace agli elettori di centrodestra e al Terzo Polo. Ma si vedrà come e quando si realizzerà. Sicuramente ora non possono che esserci annunci, poi sarà legge di Bilancio a fare chiarezza anche su fisco e pensioni. La sola cosa certa è che di soldi ce ne sono pochi e le richieste sono tante. In fondo anche questa non è una novità. Di sicuro in questa fase Giorgia Meloni deve guardare con più attenzione a quel che accade nella sua maggioranza che a quel che succede nelle opposizioni. I rischi, numeri alla mano, possono arrivare solo dagli alleati: dalla ricerca di visibilità di Salvini e dalla situazione interna di Forza Italia. L’opposizione ha altro a cui pensare. Conte con i suoi 5Stelle riformati pensa di occupare tutto lo schieramento di sinistra saccheggiando consensi al Pd, stordito dopo le elezioni. Calenda e Renzi assediano da destra Letta e il suo partito e lo sfidano per le prossime elezioni regionali puntando su Moratti in Lombardia. Il Pd è frastornato. Letta partecipa alla manifestazione per la pace, dove c’è Conte. Ma lui è per l’invio delle armi agli ucraini, Conte no, così i manifestanti contestano il segretario dimissionario, costretto ad andarsene lasciando la piazza di sinistra, anche estrema a Conte. Il Pd partecipa anche alla manifestazione di Milano del Terzo Polo dove invece si invocano aiuti militari per il Paese invaso. Non è quel campo largo che Letta sognava, ma una grande confusione, un tutti contro tutti. Si beccano, ad aver la peggio per ora è il Pd preso tra due fuochi e incapace, almeno prima dell’avvio del congresso, di reagire. Da Palazzo Chigi Meloni osserva. Il pericolo non arriva da quelle piazze divisive e nostalgiche o da quelle opposizioni rissose. A farsi male, per ora, è solo l’opposizione ancora barcollante dopo il KO del 25 settembre.

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