L'approfondimento dell'esperta

Donne, la violenza è una storia interiore: viaggio nella mente dell’uomo violento

Violenza psicologica, violenza fisica, violenza sessuale, maltrattamento, sono tutte espressioni di violenza sulle donne. Perché nascono? Cosa scatta nell'uomo?

25 novembre – Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. 

DONNE – “Ogni violenza, prima di divenire un fatto sociale, è un fatto individuale, un modo di viversi dentro. Prima di assumere l’evidenza di un evento concreto che la parola rende di dominio pubblico, la violenza è una storia interiore.

Violenza psicologica, violenza fisica, violenza sessuale, maltrattamento, sono tutte espressioni di violenza sulle donne.
Violenza è l’azione che un essere umano compie, utilizzando le proprie energie psicofisiche al fine di produrre in un altro essere umano una sofferenza. Il corpo, infatti, è il luogo della vulnerabilità, del desiderio, della mortalità, dell’azione. E questo lo rende sensibile alla violenza. Violenza che agisce su due fronti: e su quell’elemento di caducità del corpo e sull’uso che un individuo fa della minaccia di arrecare un danno. Si parla così di avvilimento, devastazione, annientamento, lasciando la vittima priva della sua vitalità, inerte.

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Come può l’uomo fuggire o sfuggire al vortice della violenza?
Una filosofa statunitense, J. Butler, afferma che “il soggetto è definito dalla propria vulnerabilità”.
Alla base, quindi, vi è quella condizione etica dell’incontro con l’Altro, che passa proprio attraverso il riconoscimento della vulnerabilità.

Se viene meno l’essere vulnerabili, cessiamo di essere umani e ci convinciamo di essere onnipotenti e quindi legittimati a usare violenza.

Da qui la necessità di comprendere che è nell’incontro con l’Altro, nel dialogo con l’Altro che esistiamo e prendiamo forma. La consapevolezza che l’elemento che accomuna tutti gli esseri umani è la caducità del corpo espone l’uomo alla sofferenza e al dolore, ma dovrebbe, al contempo, generare l’effetto di sensibilizzare quest’ultimo al rispetto reciproco, creando un individuo con un’anima sensibile caratterizzata dall’empatia: vale a dire dalla capacità di sentire come se fosse l’Altro con cui è entrato in contatto.

Uomini, donne e violenza: l’importanza dell’Anima

Da una prospettiva psicoanalitica, quando si parla di violenza sulle donne, si parla di una violenza perpetrata nei confronti di Anima. Si parla di un femminile impossibile da sopportare, perché non lo si conosce, non è identificato e riconosciuto come parte della psiche di ognuno, anche dell’uomo.

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Per non è il corpo a definire l’appartenenza a un sesso, piuttosto che a un altro. Assumere il proprio essere sessuale richiede una simbolizzazione, ma essa non sarà sufficiente: perché nel mondo psichico la differenza dei sessi non si scrive. 
Ad esempio, è possibile prendere in considerazione l’Anima per Jung, vale a dire l’archetipo del femminile: la componente inconscia della personalità dell’uomo, dove prendono forma tutte le tendenze psicologiche della femminilità. Quindi, tutto ciò che riusciamo a percepire oltre i cinque sensi: le emozioni, le sensazioni, l’empatia, l’accoglienza. Una capacità di guardare oltre ciò che si percepisce come fenomeno. Una realtà immateriale di un mondo intrapsichico costituito da immagini in continuo movimento.
Per questo, l’Anima corrisponde a quella funzione di relazione poco sviluppata nell’uomo.
“È un fattore della massima importanza nella psicologia maschile, ovunque intervengano emozioni e affetti. Essa rafforza, esagera, altera e mitizza tutti i rapporti emotivi con la professione e con le persone di entrambi i sessi” (C. G. Jung,1936).

Ancora, l’Anima determina l’incontro con la donna ideale, che spesso altro non è che è la proiezione dell’Anima stessa.

Jung vede nell’Anima la via che conduce la coscienza all’unione con il femminile: unione che conduce alla totalità psichica. L’Anima è determinata sì da fattori personali, ma anche e soprattutto dalla cultura collettiva, dunque dalla società di appartenenza, che porta a sviluppare un modo di pensare prettamente maschile.
Il compito di questo archetipo sarebbe quello di guidare l’uomo nel suo mondo interiore, ma esso vi può riuscire solo quando il soggetto fa attenzione ai propri sentimenti, ai propri atteggiamenti, alle emozioni, alle speranze che nutre.
Se, invece, vi è un rifiuto del confronto con l’Anima, si può andare incontro alla misoginia, come avviene spesso nel nostro mondo occidentale e come la cronaca, purtroppo, ci racconta quotidianamente. Ciò accade quando l’uomo non riconoscel’Anima come cittadina della sua psiche.

Per andare oltre Jung, ad esempio, possiamo considerare la psicologia di Hillman. Questa sviluppa una rivoluzione dell’archetipo più ampia, interpretando l’Anima sia in relazione al genere, sia in relazione al Sé ed alle immagini.
Per Hillman, infatti, Anima appartiene sia agli uomini sia alle donne: ogni immagine è Anima.

L’Anima, in Hillman, è il soffio vitale, è un mondo. In particolare il sopracitato Mundus Imaginalis, cioè il luogo dove risiedono le immagini. L’Anima, quindi, come archetipo della Psiche.
Per concludere, se questo “Altro” intrapsichico chiamato Anima è di difficile accesso, è anche perché lo si teme, per il fatto che svela a ognuno, uno per uno, qualcosa di insostenibile, reale. E quindi lo si odia.
Gli uomini dovrebbero sapere che quando fanno violenza alle donne non fanno altro che odiare il “reale” del proprio essere, una parte strutturale della propria Psiche.

Ne consegue che risulta necessario fare un’educazione al femminile.

La società dovrebbe essere improntata ad una conoscenza totale di sé, una conoscenza non determinata dalla biologia, ma da una psiche che va oltre.

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