L'intervista

Superbonus, Michele Fina: “Non rinunciare alla misura, in Abruzzo mille imprese a rischio fallimento”

Superbonus, Michele Fina: "9200 cantieri aperti in Abruzzo, quasi 1000 imprese rischiano di fallire e 30mila a rischio fallimento in tutta Italia. La misura va modificata e resa strutturale".

Superbonus, il tema caldo di questi giorni che sta tenendo tantissime imprese col fiato sospeso. Il senatore PD Michele Fina ha presentato un pacchetto di emendamenti per avanzare la richiesta che la misura sia riformata e resa strutturale. “Il rapporto tra Stato e cittadini deve essere leale: fermare la misura significa mandare 30mila imprese incontro al rischio di fallimento”.

Superbonus, sono circa 9200 i cantieri aperti in Abruzzo e, sottolinea Michele Fina, “quasi 1000 imprese rischiano di fallire. Sono ben 30mila, invece, le imprese a rischio fallimento in tutta Italia. Lo Stato ha cambiato le regole del gioco in corso d’opera, non rispettando i patti precedentemente sottoscritti. Oggi c’è un’emergenza da affrontare e il messaggio arrivato dal Governo è assolutamente negativo”. Le parole del senatore abruzzese intervistato a L’Aquila dal direttore David Filieri.
“Il problema – continua Fina – è legato alla cessione del credito: alcune imprese non hanno liquidità, le banche si sono tirate indietro e la situazione è allarmante. Ciò anche per gli errori del precedente Governo. Rischiamo, e sta già succedendo in questi giorni, che imprese e cittadini ricorrano in massa agli avvocati, preparandosi a contenziosi che si prevedono pesantissimi. Per questo ritengo che il Superbonus vada riformato e reso strutturale, poiché interviene sull’efficientamento energetico degli edifici, diminuisce la bolletta in radice ed è, soprattutto oggi, una grande operazione economica: in virtù di decine di miliardi di investimenti, centinaia di migliaia di posti di lavoro e di tantissimi cittadini che hanno iniziato i lavori e che si ritrovano con i cantieri fermi”.

Ci sono possibilità di una retromarcia da parte del Governo?
“Ci sono due fattori per i quali non condivido la strategia del Governo. Una riguarda il futuro: cioè la misura del 90% significa la fine del Superbonus e non ritengo che interromperlo misura sia la scelta giusta. Penso, al contrario, che la misura vada resa strutturale, una volta eliminate tutte una serie di storture e incongruenze. L’altro fattore riguarda il passato: stando così le cose ci sarà un grave grido di dolore. Per l’Abruzzo l’economia edile rappresenta l’11% del totale, seconda solo all’Automotive. Per non parlare dell’importanza di quest’economia nel territorio del Cratere. Prima o poi il Governo dovrà ascoltare questo allarme, perché si metterebbe in ginocchio l’economia di un Paese intero”.

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Ma qual è l’impatto, in termini numerici, del Superbonus?
“Se analizziamo la situazione in Abruzzo – illustra Fina – abbiamo 9200 cantieri aperti ad oggi in regione, per 1 miliardo e 800 milioni di investimenti. I dati dicono che ogni investimento fatto sul Superbonus genera economia per tre volte. Quest’opera genera quindi lavoro, risparmio..naturalmente ha anche generato l’aumento del costo dei materiali, purtroppo, così come storture legate ad imprese edili improvvisate, nate dall’oggi al domani. Certamente la misura si può e si deve migliorare, ma a fronte di questi problemi e di una piccola percentuale di truffe registrate, perché rinunciare al progetto generale, che è utile in quanto guarda alla rigenerazione urbana, al recupero degli edifici, all’aumento delle classi energetiche e alla strada del futuro, cioè quella della transizione energetica?”.

“Al di là della polemica politica, comunque sarebbe necessario – Superbonus o meno – studiare una misura molto simile a questa, che volga l’edilizia al recupero dell’esistente, al miglioramento dei centri urbani, all’efficientamento energetico. Ora – conclude il senatore Fina – c’è un’emergenza da affrontare e ad evidenziarlo non sono solo i partiti politici, ma le organizzazioni d’impresa e dei lavoratori. Ecco perché gli emendamenti che ho proposto spero possano far ragionare ed assumere consapevolezza affinché si rivedano le decisioni assunte. Ad esempio, per sbloccare il meccanismo della cessione del credito ho proposto di chiamare in causa la Cassa Depositi e Prestiti: questo farebbe capire a tutto il sistema creditizio che lo Stato è pronto a tutto pere salvare 30mila imprese”.

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