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Reddito di cittadinanza, il restyling del nuovo governo

Reddito di cittadinanza: dal 2023 cambieranno le regole. I percettori occupabili perderanno il sussidio alla prima offerta di lavoro rifiutata.

Nuove regole sul reddito del cittadinanza, cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, introdotto dal governo Conte nel 2019: il restyling del governo Meloni va nella direzione di una stretta.

La scelta di abrogare la misura del reddito di cittadinanza prevede un’uscita graduale dall’attuale sistema di sovvenzioni e l’avvio di una riforma che introduca assegni da destinare alle categorie fragili e agli inabili al lavoro. A chi può lavorare la riforma, invece, offrirà programmi di formazione e di collocamento al lavoro. Le nuove regole del reddito di cittadinanza dureranno un anno, permettendo di risparmiare 734 milioni di euro. L’idea della cancellazione immediata del beneficio già dall’1 gennaio 2023, che avrebbe permesso di risparmiare 1,8 miliardi, è stata alla fine accantonata dall’esecutivo. Nel 2024 arriverà un nuovo sostegno, con un nome diverso, destinato solo a fragili e over 60.

Reddito di cittadinanza: chi lo perderà

I percettori del reddito di cittadinanza considerati “occupabili” (tra i 18 e i 59 anni) avranno il sussidio per i primi otto mesi nel 2023, quindi fino ad agosto compreso. Sarà un sussidio “a tempo”. Dopodiché, terminata questa “soluzione ponte”, alla prima offerta di lavoro congrua rifiutata il reddito sarà tolto. Si tratta, secondo i dati della relazione tecnica allegata all’articolo della manovra, di 404mila nuclei che già ricevono il reddito. Al milione circa di famiglie che ricevono annualmente il sostegno, vanno infatti sottratti i nuclei in cui è presente un minore, un anziano over 60 o un disabile. E, come annunciato in conferenza stampa dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro del Lavoro Marina Calderone, anche una donna in gravidanza. Inoltre, dall’1 gennaio 2023, data di entrata in vigore della legge di Bilancio, i percettori considerati “occupabili” avranno sei mesi per formarsi, partecipando a corsi di formazione, per essere accompagnati nella ricerca di un posto di lavoro. Per chi non parteciperà alla formazione il beneficio decadrà. Le Regioni dovranno trasmettere all’Anpal gli elenchi delle persone che non rispetteranno l’obbligo di frequenza. Per chi non è in grado di lavorare cosa è previsto?
Per i percettori non occupabili (circa due su tre, secondo le stime) è stabilito che continueranno ad avere il sostegno anti povertà fino alla fine del 2023. A partire da gennaio 2024 si vedranno assegnare una nuova forma di sussidio, dedicata esclusivamente ai poveri e alle categorie fragili.

Portantini in nero ai funerali, tanti percettori del reddito di cittadinanza

Stop al reddito di cittadinanza a chi non ha completato l’obbligo scolastico.

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara lancia la provocazione: “Bisognerebbe prevedere che chi percepisce il Reddito di cittadinanza abbia almeno completato gli studi obbligatori. In Italia ci sono 364.101 percettori di reddito di cittadinanza nella fascia tra i 18 e i 29 anni. Di essi 11.290 possiede solo la licenza elementare o nessun titolo, e altri 128.710 soltanto il titolo di licenza media”, ha sottolineato il ministro. “Noi riteniamo si debba prevedere l’obbligo di completare il percorso scolastico per chi lo abbia illegalmente interrotto o un percorso di formazione professionale nel caso di persone con titolo di studio superiore ma non occupate né impegnate in aggiornamenti formativi, pena in entrambi i casi la perdita del reddito, o dell’eventuale misura assistenziale che dal 2024 lo sostituirà”. La proposta del ministro Valditara si inserisce nell’ambito della modifica del reddito di cittadinanza per il 2023 e quindi della riforma nel 2024 annunciate nella legge di bilancio. Il ministro dell’Istruzione e del Merito ha fatto eseguire in questo contesto una ricerca alle strutture del ministero a proposito dei giovani nella fascia compresa tra i 18 e i 29 anni percettori di reddito. La ricerca ha dato un esito che il ministro definisce “sorprendente e inquietante”, rispetto a cui annuncia di avere elaborato “una proposta che mostra come la parola ‘merito’ nella visione mia e del governo non sia un orpello retorico, ma costituisca un preciso indirizzo politico”.

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