Cultura

Tutti i Santi giorni, 28 novembre: San Giacomo della Marca

San Giacomo della Marca e i suoi legami con L'Aquila per la rubrica "Tutti i Santi giorni" del 28 novembre.

San Giacomo della Marca e i suoi legami con L’Aquila per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 28 novembre.

Il 28 novembre si commemora San Giacomo della Marca. San Giacomo della Marca, al secolo Domenico Gangale, nacque a Monteprandone nella Marca Anconitana, intorno al 1393 da Tona e Antonio Gangale. Dopo aver compiuto a Perugia studi giuridici, si trasferì a Firenze, dove fu colto da un’improvvisa vocazione religiosa che lo portò a partire alla volta di Assisi. Qui entrò nel monastero di Santa Maria degli Angeli e vestì il saio francescano il 25 luglio 1416. Dopo l’ingresso nell’Ordine, fu mandato alle Croci presso Firenze, dove ebbe per maestro fra Bernardino da Siena, da cui apprese l’ideale della nuova predicazione evangelica.
San Giacomo affrontava i temi del Cristianesimo, di Gesù, del suo Nome, della Passione e morte per gli uomini, della Resurrezione, della confessione dei peccati, del giuoco e dei suoi danni, della preghiera. Il centro della catechesi aveva sempre come riferimento la persona di Gesù, concretizzata nella formula breve e trasparente del Nome di Gesù (IHS), riscoperta e portata a nuova vita da Bernardino, e alla cui diffusione il frate diede un vasto contributo. Notata la risonanza che le prime prediche di Giacomo raccoglievano presso i fedeli, Martino V gli affidò, nel 1426, l’incarico di estirpare l’eresia dei “Fraticelli dell’opinione”, diffusi specialmente nella regione marchigiana. La sua attività di inquisitore resta testimoniata anche nel Dialogo contro i fraticelli, una sorta di trattato in cui si accennava alla causa e alla radice fondamentale di quell’eresia. Il francescano si adoperò anche in varie attività di tipo organizzativo. In parecchi luoghi sovrintese all’erezione di ospedali e sotto la sua spinta furono costituite o ravviate anche diverse confraternite. Promosse, inoltre, iniziative di carattere più propriamente sociale, come le “Riformanze” o riordinamenti di istituzioni civiche: furono elaborati istituti e norme per regolare i prezzi delle mercanzie, il lusso e lo sperpero degli abbigliamenti e degli sponsali, le pacificazioni tra le famiglie e tra gruppi di cittadini. Altra iniziativa importante è la fondazione dei Monti di Pietà, già introdotti da altri Francescani Osservanti, ma modificati dal Santo con l’introduzione di una novità: il richiedente aveva il dovere di dare un piccolo interesse, per il consolidamento dell’Istituto. Come testimoniato dal suo biografo fra’ Venanzio, Giacomo della Marca svolse la sua intensa attività di predicatore non soltanto in Italia, ma anche tra molte popolazioni nei Balcani e in quelle parti dell’Europa più esposte alla minaccia turca. Stette nei paesi orientali circa 12 anni, durante i quali vari furono i periodi in cui tornò in Italia. Fiaccato dalla missione apostolica e malato, si trasferì nel convento della SS. Trinità, dove morì giovedì 28 novembre 1476, alle ore sette del mattino; intorno alla bara, esposta per oltre dieci giorni, si verificarono alcune guarigioni miracolose, stando a quanto narrano le biografie. La salma fu tumulata in Santa Maria La Nova a Napoli; nel 2004 il corpo è stato traslato nella Chiesa del Convento di Santa Maria delle Grazie, da lui fondato nel 1449, a Monteprandone, attualmente sede del Museo del Santuario a lui intitolato. Poco dopo la morte di Giacomo della Marca, fra’ Venanzio e altri confratelli cominciarono a raccogliere per iscritto i vari avvenimenti sorprendenti o prodigiosi che si verificarono intorno alla tomba del francescano, raccolti in due codici conservati alla Biblioteca Vaticana. È stato beatificato il 12 agosto 1624 da papa Urbano VIII: il culto fu consentito a tutto l’Ordine francescano e, due anni dopo, esteso alla città e alla diocesi di Napoli, di cui è comprotettore. Papa Benedetto XIII lo ha proclamato santo il 10 dicembre 1726.

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Dal punto di vista iconografico, mancano notizie dirette sull’aspetto fisico di San Giacomo della Marca. Lo stesso fra’ Venanzio, che lo seguì per tredici anni nelle sue peregrinazioni e gli prestò assistenza fino al letto di morte non fa alcuna descrizione del francescano. Tuttavia, a Napoli si conservano tre reliquie che possono offrire indicazioni importanti per stabilire corporatura del frate e i tratti somatici del volto: il suo corpo, conservato per intero; il bastone da lui usato negli ultimi anni e la maschera mortuaria. Quest’ultima è in cera vergine colore avorio, calcata a tre giorni dalla sua morte, come si desume da una scritta in caratteri tipografici, attaccata al capperone del cappuccio di lana marrone scuro che ne copre la parte bassa. Il calco riproduce fedelmente le sembianze di un defunto poco più che ottuagenario: San Giacomo della Marca era calvo, dal naso appuntito, bocca chiusa e zigomi sporgenti, mento affinato, occhi chiusi. Solitamente il Santo viene raffigurato con il saio francescano dell’Osservanza, di colore cenerino, cinto nel cordiglio, con il cappuccio alla conventuale tirato sul capo, che, tuttavia, non nasconde i lineamenti estenuati dal digiuno e dalla penitenza, le rughe marcate ai lati della bocca, gli zigomi pronunciati, il naso affilato. In vero, questa fisionomia è comune ad altri santi frati e costituisce un’astratta e stereotipata traduzione grafica dell’austerità della vita monastica, tanto che a volte le immagini di San Giacomo si confondono soprattutto con quelle di San Bernardino da Siena, con il quale ha in comune una notevole somiglianza fisionomica e per il fatto che, in mano, recano entrambi la tavoletta tonda con il Nome di Gesù. Tale emblema, che ricorda i sermoni “De Nomine Jesu”, è il più antico elemento distintivo con il quale il santo viene rappresentato; più comune è quello dell’ampolla contenente il Sangue di Gesù, in memoria di una disputa che lo coinvolse su questo tema nel 1462 a Brescia; oppure il tempietto e l’Ostia bianca, a ricordo della lotta contro gli errori circa l’Eucarestia; spesso l’ampolla con il sangue di Cristo si tramuta in calice; altre volte dal calice spunta un aspide, prestito dall’iconografia di San Giovanni Evangelista, ricordo della lotta contro l’eresia Ussita o di un tentativo di avvelenamento ai danni del marchigiano durante una messa celebrata in Majolati. Altri elementi tipici sono: una mitra posata ai suoi piedi, in memoria del rifiuto della dignità episcopale che l’avrebbe visto vescovo di Milano; una stella sul capo, ricordo della luce che attorno a lui videro, durante una predica, i cittadini dell’Aquila; la canna del pellegrino, emblema del suo viaggiare; il rosario, segno di devozione mariana; un libro e, infine, l’astuccio degli occhiali, necessari ad uno studioso in età avanzata. Lo si trova rappresentato anche in atto di schiacciare il capo di un eretico, come testimonianza delle sue vittorie sull’eresia o, qualche volta, tra i confratelli.
Curiosità: San Giacomo della Marca si recò all’Aquila la prima volta per la morte di San Bernardino, nel 1444 e vi tenne un discorso indimenticabile. Vi ritornò qualche anno più tardi, nel 1454, quando venne a predicare e si adoperò, insieme a San Giovanni da Capestrano, per la costruzione della Basilica dedicata al senese.
Fece ritorno in città ancora una volta nel 1466 accolto da una folla entusiasta e, nell’occasione, vi fondò il Monte di Pietà di cui lui stesso scrisse gli statuti. In ultimo vi tornò da Napoli per chiedere la grazia della guarigione sulla tomba di San Bernardino: il santo marchigiano, infatti, molto malato, venne all’Aquila per essere guarito dal tremolio che aveva alle mani e alle braccia e venne miracolato dal suo vecchio maestro.

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