Abruzzesi nel mondo

Il musicista abruzzese Patricelli nella magica terra danese

Conosciamo il maestro Patricelli. La rubrica di Sergio Venditti ci porta in Danimarca passando per Civita d'Antino.

Alla scoperta del maestro Patricelli.La rubrica di Sergio Venditti ci porta in Danimarca passando per Civita d’Antino.

IL MAESTRO PATRICELLI – Il piccolo regno di Danimarca (meno di 6milioni di abitanti), ospita anche migliaia d’italiani, tra cui i nostri corregionali di talento, come il Maestro Mauro Patricelli, dal 2007, nella sua storica capitale Copenaghen. In verità “un’attrazione fatale”, che dura nel tempo, tra due Paesi e due Mondi così distanti, che forse però trovano nell’altro quello che sembra mancargli, a partire dalla luce dei propri cieli. Il nostro artista nasce ad Ortona, nel 1969, sulla costa adriatica, ma cresce a Tollo, sempre nel chietino, dove sono vivi tutti i suoi affetti, con una formazione tradizionale prima di quella specialistica. Da lì l’entrata nel Conservatorio, con la scuola classica di piano, perfezionata poi nell’Accademia pianistica di Imola. Un percorso di studi e di vita, arricchito da corsi universitari in etnomusicologia e storia orientale, che lo porteranno ad orientare la stessa specializzazione musicale, sempre più contemporanea, tra il jazz e la musica popolare. Su questo filone si è rafforzato in Patricelli il suo legame di “semi appartenenza“, mai reciso, proprio con la musica tradizionale abruzzese di matrice orale, “da cori folcloristici “, rielaborata dalla tradizione ecclesiastica, studiando a Bologna le stesse registrazioni sul campo del famoso A.Lomax, risalenti agli anni ’50.

Come dire la riscoperta delle proprie origini profonde, attraverso la conoscenza e lo studio delle testimonianze dirette lasciate nell’antica terra degli Abruzzi, negli ultimi secoli. Da quella consapevolezza delle sue potenzialità e di dove poterle sviluppare, che il Maestro consolidò la stessa determinazione a trasferirsi proprio nel nuovo “Paese del Nord”, definito da lui stesso” più accogliente, forse più colto”, investendo su di “una musica di ricerca e non commerciale”. Da questa sorta di “autoanalisi”, il nostro compositore ha così evidenziato le notevoli differenze riscontrate con il Paese d’origine, che pure si definisce la patria del “bel canto”. Da qui a dichiarare in una sua intervista che “la differenza più macroscopica è il ruolo delle istituzioni nell’investimento economico sulla cultura”. In Danimarca, secondo molti artisti, sono stanziati più fondi, sia pubblici che privati per questa e la musica e soprattutto “sono elargiti sulla base di progetti, scelti secondo modalità meritocratiche“. In Italia invece le risorse finanziarie tendono a premiare più il prodotto culturale già realizzato, che favorirne la necessaria ricerca, dimostrandosi più sensibile a “logiche commerciali, propagandistiche, turistiche o di intrattenimento”. Un generale approccio sociale, più incline lì sia al recupero della tradizione storica orale, che all’innovazione, senza troppi vincoli burocratici o peggio ancora clientelari, lasciando gli artisti maggiormente liberi, rispetto al loro “prodotto creativo”. Da qui il Patricelli ricercatore, prima ancora, che musicista ha recuperato anche i canti abruzzesi, tra cui “La Partenza della Sposa”, già nel 2002 e poi riproposto allo stesso pubblico danese, accanto a successive “opere-documentari“, riprendendo altresì il romanzo “Colomba” di Dacia Maraini, quasi una forma di “teatro musicale“. Una sintesi più avanzata della tradizione, premiata dal sistema danese, riprendendo anche gli studi dell’etnografo A.F.  Weis Bentzon (che registrò nel dopoguerra in Sardegna le “launeddas”).

Un metodo composito ed aperto tra più culture, con una spiccata propensione a confrontare le proprie tradizioni e stili, in tutti i campi artistici, come testimoniato dalla stessa scuola dei pittori scandinavi, nello Abruzzo (tra il 1877 e 1915), a Civita d’Antino. Infatti in questo suggestivo borgo, nel cuore della verde Valle Roveto, il grande pittore danese Kristian Zahrtmann si insediò, con tanti altri artisti, che ci hanno lasciato i loro splendidi paesaggi e ritratti, ora presenti in tutt’Europa. I suoi migliori quadri sono stati ospitati in un’incantevole mostra nell’Imago Museum del capoluogo adriatico (promosso dalla Fondazione Pescara-Abruzzo, guidata dal Prof. Nicola Mattoscio, con l’apporto di profondo studioso di Antonio Bini). Una storia di passione ed amicizia tra due popoli, “tra artisti e popolani” (come recentemente riproposto in un libro della famosa scrittrice danese R. H. Gjerrild, proprio sulla straordinaria figura del caposcuola K. Zahrtmann), su questi amanti del “bello” e di un mondo bucolico ed ancestrale al tramonto, i cui valori vanno però preservati e tramandati, altresì con musicisti come Mauro Patricelli, un altro “Ambasciatore” della cultura e tradizione abruzzese nel cuore del Nord Europa, che in questi giorni ci ripropone la magia delle stesse fiabe di H.C.Andersen.

 

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