Il report

Abruzzo, persi oltre 55 mila abitanti: mancano lavoro e servizi

Gli abitanti persi in Abruzzo sono pari a quelli di 3 città: Sulmona, Ortona e Penne. Manca il lavoro, ma anche la sanità è carente

Gli abitanti persi in Abruzzo sono pari a quelli di 3 città: Sulmona, Ortona e Penne. Il report di Aldo Ronci fotografa la situazione demografica nella regione.

L’Abruzzo perde 56.258 abitanti e decresce del 4,3% con un’intensità pari al doppio di
quella dell’Italia che è stata del 2,26%.
L’Abruzzo perde un numero di abitanti pari a quelli di 3 città: Sulmona, Ortona e Penne.
BILANCIO DEMOGRAFICO
Negli ultimi 8 anni l’Abruzzo annota:
-un record minimo di nascite e un elevato numero di decessi che fanno registrare
una flessione del saldo naturale di ben 47.431 unità;- un incremento modesto del saldo migratorio estero di solo 12.511 residenti;
– in entrambi i casi le variazioni percentuali sono state peggiori dei quelle medie
italiane;
– una forte flessione del saldo migratorio interno di ben 9.971 abitanti che denota
una consistente emigrazione degli abruzzesi verso i comuni di altre regioni.
LE CLASSI DI ETÀ
Le due classi di età che hanno influenzato in maniera importante la forte flessione della
popolazione abruzzese tra il 31.12.13 e il 31.12.21 sono:
– quella 32‐48 anni che ha perso 49.141 unità (‐14,80%) ma che comunque ha subito
quasi lo stesso decremento percentuale dell’Italia (‐14,18%)
– quella 15‐31 anni che ha visto emigrare 26.567 giovani con una flessione
dell’11,12% valore quest’ultimo pari a due volte e mezzo quello italiano che è stato
di appena il 4,53%.
Il forte decremento giovanile è allarmante in quanto crea un problema di squilibri nel
rapporto tra generazioni a svantaggio della popolazione potenzialmente più attiva e
produttiva con implicazioni allarmanti di carattere sociale ed economico.
LA DIPENDENZA STRUTTURALE
L’indice di dipendenza strutturale, che è senz’altro il più importante, rappresenta il carico
sociale ed economico della popolazione non attiva (0‐14 anni e 65 anni ed oltre) su quella
attiva (15‐64 anni). (Abitanti non attivi ogni cento abitanti attivi)
L’Abruzzo nel 2021 registra un indice di dipendenza strutturale del 59% con uno
spread negativo di 2 punti percentuali rispetto all’’indice italiano che è stato del 57%. In
altri termini si può anche dire che in Abruzzo solo il 41% degli abitanti è potenzialmente
produttivo mentre in Italia lo è il 43%.

GLI STRANIERI
Nel 2020 l’Abruzzo, con 82.338 stranieri su un totale di 1.273.660 abitanti, annota la
presenza del 6% di stranieri, registrando uno spread negativo di 3 punti percentuali
rispetto al 9% nazionale.
L’Abruzzo è poco attrattivo anche per gli stranieri che potrebbero comunque contribuire al
miglioramento del bilancio demografico della regione.
LA DINAMICA TERRITORIALE
La flessione si spalma:
– con intensità più elevata nelle province di L’Aquila e di Chieti che presentano aree in
fase di spopolamento più numerose;
– con intensità più lieve nelle province di Teramo e di Pescara che hanno aree in fase
di spopolamento meno numerose.
L’AREA METROPOLITANA CHIETI‐PESCARA
L’area metropolitana Pescara‐Chieti ha una densità abitativa di 810 abitanti per kmq pari a
9 volte quella del resto dell’Abruzzo che conta 89 abitanti per kmq.
Al contrario del resto della Regione, l’area metropolitana ha registrato un costante e
consistente incremento fino a pochi anni fa ma negli ultimi anni ha subito una battuta
d’arresto e comunque tra il 31..12.13 e il 31.12.21 ha registrato una flessione percentuale
della popolazione (‐1,16%) di gran lunga minore di quella italiana (‐2,26%).
I COMUNI IN VIA DI SPOPOLAMENTO
I comuni montani in fase di spopolamento, al 31.12.21, sono 181: contano una
popolazione di 252.426 abitanti che rappresentano il 20% del totale della popolazione.
Hanno subito, in 8 anni, un decremento di 32.057 unità che in valori percentuali è pari
all’11,27% e
Ma, cosa che non ci si aspettava, è che al 31.12.21, 27 comuni non montani in fase di
spopolamento, che contano una popolazione di 71.773 abitanti, hanno subito, in 8 anni, un
decremento di 7.620 unità che in valori percentuali è pari al 9,60% e rappresentano un
consistente 6% della popolazione.

La causa principale dello spopolamento sia dei comuni montani che di quelli costieri è da
imputare soprattutto alla mancanza di occupazione ma anche alla carenza di presenza di
servizi essenziali (sanità, istruzione e trasporti) e di servizi necessari (giustizia, banche,
strutture culturali e del tempo libero, ecc..).
Gli obiettivi ultimi e fondamentali da perseguire non possono che essere:
• l’incremento dell’occupazione;
• il potenziamento dei servizi e il miglioramento della qualità della vita.

Per l’incremento dell’occupazione la Regione deve puntare a far superare al sistema
produttivo abruzzese la situazione di oggettiva difficoltà in cui si trova. Tale difficoltà è da
imputare soprattutto al fatto che esso è composto per la gran parte da micro e piccole
imprese che rappresentano il 96% del totale delle imprese e impiegano il 56% degli
occupati. Esse hanno problemi di carattere strutturale e una scarsa propensione
all’innovazione e pertanto la Regione deve reperire risorse capaci di promuovere il
miglioramento della competitività tenendo conto delle peculiarità dei diversi territori
regionali.
Per il miglioramento della qualità della vita bisogna evitare provvedimenti occasionali
legati alla logica particolaristica praticata da decenni senza risultati apprezzabili. È
necessario quindi adottare una metodologia programmatoria che riesca ad elaborare un
progetto di sviluppo armonico facendo sì che tutti gli interventi e le risorse siano coerenti
con quel progetto.
Allo stato attuale si ha l’opportunità da parte della Regione di adottare lo strumento
dell’Agenda Urbana e a tale scopo è opportuno istituire le Aree urbane funzionali (FUA)
che, meglio di qualsiasi altro strumento, potrebbero avviare uno percorso di sviluppo
armonico ed equilibrato di tutto il territorio abruzzese.

L’Abruzzo ha bisogno di cambiare marcia individuando, senza tralasciare il faticoso e
importante lavoro già in atto, due fondamentali direttrici che gli permettano di affrontare
i nodi nevralgici della Regione che riguardano da un lato, per superare gli squilibri locali, un
progetto di sviluppo e riequilibrio territoriale e dall’altro, per superare le difficoltà in cui
versa il sistema produttivo, una grande, imponente ed efficace iniziativa che riesca,
attraverso l’innovazione, a rendere più competitive tutte le attività economiche.

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