Cronaca

Ricostruzione terremoto L’Aquila, condannati i Di Tella

L'AQUILA - Sfruttamento degli operai della ricostruzione post sisma, condannati i fratelli Di Tella.

Inchiesta Dirty Job sulla ricostruzione post sisma, condannati i fratelli Domenico e Cipriano Di Tella.

“Il Tribunale dell’Aquila ha condannato i fratelli Domenico e Cipriano Di Tella alla pena di 7 anni e 4 mesi di reclusione, al pagamento di 18mila euro di multe, oltre all’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed altre pene accessorie”. Così l’ANSA che spiega: “Il padre dei due imputati condannati, accusato degli stessi reati, è morto nel corso del processo. L’inchiesta risale alle prime fasi della ricostruzione post-sisma, giugno 2014, quando le indagini portarono alla luce un consolidato “sistema” di sfruttamento di operai per lo più casertani, segnatamente provenienti da Casapesenna, il paese del capo clan Michele Zagaria. Gli operai campani, reclutati nei paesi ad alta intensità camorristica tra le persone in maggior stato di bisogno, venivano condotti al lavoro nei cantieri della ricostruzione aquilana dove operavano formalmente sia ditte degli stessi Di Tella che ditte aquilane.
In tutti questi cantieri vigeva un singolare sistema di sfruttamento e soggezione a danno dei lavoratori, ai quali veniva accreditata la regolare retribuzione risultante dalla busta paga e conforme ai contratti collettivi. Tuttavia, subito dopo il pagamento, gli operai erano costretti, con la minaccia del licenziamento, a restituire gran parte dell’importo ai Di Tella, con consegne di denaro in contanti a volte ottenute anche accompagnando l’operaio presso lo sportello del bancomat per garantirsi la restituzione della somma subito dopo l’accreditamento.
Il quadro di sfruttamento che realizzava un caso esemplare di infiltrazione della malavita organizzata nella ricostruzione aquilana e un principio di grave inquinamento dell’economia della città, è stato riassunto dalla Procura distrettuale dell’Aquila con 18 imputazioni di estorsione per le quali è intervenuta condanna, mentre il Tribunale ha pronunciato l’assoluzione per due imputazioni minori”.

Le precisazioni della Difesa.

“Quali difensori dei signori Domenico e Cipriano Di Tella – scrivono a proposito gli avvocati Antonella Pellegrini e Massimo Carosi – lette le comunicazioni della stampa tutta in relazione agli esiti ì dibattimentali dell’inchiesta denominata “Dirty job” ci preme chiarire alcune vistose imprecisioni propalate nell’immediatezza della conclusione del processo, cui certamente non è estraneo il comunicato prontamente diffuso dalla Procura della Repubblica dell’Aquila. E, dunque:
1. premesso in linea di principio generale che trattasi d’una pronuncia di primo grado e che la stessa verrà certamente sottoposta ad ulteriori vagli, v’è da osservare che, se la condanna inflitta ai signori Domenico e Cipriano Di Tella è stata certamente severa, essa ha riguardato soltanto le imputazioni di estorsione (art. 629 c.p.), assertivamente perpetrare in danno degli operai;
2. di contro, ciò che il Tribunale ha escluso (pronunciando sentenza di assoluzione “perché il fatto non è previsto dalla legge come reato) sono state proprio quelle imputazioni (due) di sfruttamento delle maestranze alle quali si dà assai spazio, scorrettamente omettendo di riferire che proprio per esse v’è stata pronuncia di assoluzione;
3. tuttavia, ciò che risulta maggiormente difforme dal vero consiste nella propalazione che l’intera vicenda sia consistita nel tentativo di penetrazione, nella ricostruzione post sisma aquilana, di associazioni criminali ed in particolare del c.d. “Clan dei Casalesi” facente capo al noto Michele Zagaria, tentativo sventato grazie alla vigilanza della Procura Distrettuale Antimafia e degli Organi Investigativi;
4. ebbene, tutto ciò non è vero poiché – al contrario – il Tribunale ha escluso l’aggravante prevista attualmente nell’art. 416 bis.1 c.p. (contestata dalla Procura inquirente), cioè a dire il fatto che i reati contestati siano stati commessi “al fine di agevolare” la predetta associazione criminale.
In conclusione, senza voler negare che la sentenza del Tribunale aquilano ha riconosciuto (e condannato) i signori Domenico e Cipriano Di Tella per fatti oggettivamente gravi, un corretto esercizio del diritto/dovere di cronaca avrebbe voluto che si specificasse non soltanto che gli stessi sono stati assolti da ogni ipotesi di sfruttamento delle maestranze (oltreché da un ulteriore reato “minore” di natura tributaria), ma che soprattutto non v’è stata nessuna penetrazione di carattere “camorristico” nel tessuto economico-sociale aquilano, per il tramite della famiglia Di Tella. Singolare, dunque, appare che una così tranquillizzante sentenza che sgombra il campo da inquietanti presenze, venga ingannevolmente interpretata al solo fine di enfatizzare l’operato degli Inquirenti (che per la verità nessuno nega), ma che nell’occasione non è stato fatto proprio dal Tribunale”.

leggi anche
Cronaca
Tagliacozzo, l’ex sindaco Maurizio Di Marco Testa condannato a 3 anni e 2 mesi
La battaglia
Tribunali minori d’Abruzzo, da gennaio un tavolo tecnico per scongiurare la chiusura
L'aquila
Centro polifunzionale Canada chiuso per manutenzione
Politica
Cinghiali, passa l’emendamento per l’abbattimento in città