Natale 2022

Natale, la tradizione abruzzese a tavola

Il timballo della nonna non si batte: a L'Aquila almeno a Natale si continua a seguire la tradizione. Anguilla e baccalà per la Vigilia, lasagne il 25.

La cucina è in continuo stravolgimento: ma a L’Aquila, almeno per la Vigilia di Natale e per il pranzo del 25 si continua a seguire la tradizione: piatti semplici, “poveri”, come quelli che preparavano le nonne di una volta. Ingredienti semplici e genuini, del territorio, ricette ingiallite e tramandate oralmente, scandite da parole come “a sentimento” o “a piacere”.

I social presentano sempre più prepotentemente ricette #healthy #carbonaravegana, per non parlare del sempre presente #sushinomonamour, ma per la Vigilia e per il pranzo di Natale nel capoluogo d’Abruzzo vince l’intramontabile #timballodellanonna, le fettuccine ammassate con 10 uova, carrellate di fritti che #colesteroloscansate. Insomma, che sia la cena della Vigilia o il pranzo di Natale a L’Aquila si segue ancora la tradizione, con le ricette di una volta, quelle che vedevano le nonne in cucina fin dalle prime ore del mattino, con quegli odori e quei sughi che profumano d’amore e di cose fatte perbene. In cittàtra i tanti custodi  di questa tradizione culinaria c’è il giornalista Demetrio Moretti, responsabile della delegazione dell’Aquila dell’Accademia italiana della cucina, che ha voluto raccontare al Capoluogo ciò che si mangia a Natale da queste parti, seguendo antiche ricette, tramandate su foglietti un po’ consunti oppure mandate a memoria, con gli ingredienti “a occhio” e “quanto basta”. “Non ci sono tante ricette per Natale – spiega Moretti – ma sono piatti perlopiù semplici che affondano la loro storia nel mondo rurale aquilano”. Negli anni certo qualcosa è cambiato, “infatti abbiamo aggiunto per esempio il pesce, un po’ per stare al passo con le tendenze, un po’ per variare quella che era una volta la cena di magro della Vigilia”.
Prima infatti, il 24 sera, anche nei ricordi d’infanzia di Demetrio Moretti c’erano le minestre e il baccalà, “ricordo ancora il sapore genuino dei legumi, del tepore del camino, delle castagne…. Ricordo ancora che nelle famiglie più benestanti, chi poteva, aggiungeva pezzetti di guanciale per dare più sapidità. Poi c’erano gli spaghetti, con le alici, condite semplicemente, ma quanto erano buone! Per stare anche al passo con le mode si è arricchita di alcune portate di pesce, che vengono consumate durante la cena della Vigilia”.  Erano cibi semplici ma che, a quanto pare, mettevano tutti d’accordo, “c’era tanta allegria condita dalla voglia di stare insieme. Dopo la minestra e gli spaghetti si passava alla portata principale che era sempre l’anguilla o il baccalà, fritto in pastella, arrosto, al sugo o al forno con le patate”.
“L’anguilla – spiega ancora Moretti – era una vera e propria leccornia che non tutti potevano permettersi, veniva cotta con la brace del camino, dopo una sapiente marinatura e si acquistava esclusivamente per l’occasione”.
Ciò che si aspettavano e che aspettano ancora tutti è il trionfo di fritti, che ovviamente non può mancare, fatto con le classiche verdure in pastella come il cavolo o la verza e anche la mela spolverata di zucchero. I contorni, ora come allora, sono sempre quelli: cavoli e cavolfiori, la rapa rossa, i broccoli che lasciano comunque uno spazietto ai dolci.
“Il fiore all’occhiello aquilano: il torrone, i caciunitti presi in prestito dal Teramano e dalla costa, la frutta secca, le noci, pandoro e panettone”.
Potrebbe bastare tutto questo per fare poi un digiuno di 24 ore, invece no perchè il giorno dopo si scaldano i motori per il pranzo del 25. Cavallo vincente non si cambia, ancora una volta vince la tradizione e quindi, secondo gli studi di Demetrio Moretti, “non può mancare l’antipasto classico fatto di formaggi e salumi, tutto molto semplice ma gustoso. In alcune famiglia si prepara ancora il brodo con il cardo, oppure con la stracciatella, l’indivia e il pane fritto, come la zuppa della sposa del Parco Nazionale d’Abruzzo, qualcuno ha preso in presto le ‘scrippelle’ dal Teramano ma comunque, in ogni caso, devono esserci le fettuccine o la lasagna e poi l’agnello, magari cacio e ova, anche se è un piatto più primaverile, o al forno, oppure panato e fritto”.
Si conclude questo tour culinario dedicato al Natale pescando sempre dal baule dei ricordi di Demetrio Moretti: “il 25 nelle tavole delle famiglie ricche si chiudeva il pranzo con la pizza dolce, un pan di spagna sofficissimo, bagnato con alchermes e farcito con la crema al cioccolato. Una tradizione oggi quasi scomparsa e sostituita dai tanti panettoni e pandori artigianali molti dei quali prodotti in Abruzzo. Un pezzetto di torrone, un mandarino, una noce, l’amore e il caffè… Poi si gioca tutti insieme, allo stesso tavolo!”.

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