Papa Benedetto XVI, quella visita a L’Aquila piegata dal terremoto

31 dicembre 2022 | 11:06
Share0
Papa Benedetto XVI, quella visita a L’Aquila piegata dal terremoto

Ci ha lasciati Papa Benedetto XVI, all’età di 95 anni. Il ricordo della visita a L’Aquila e, in particolare, ad Onna, ferita dal sisma.

Ci ha lasciati Papa Benedetto XVI, all’età di 95 anni. Il ricordo della visita a L’Aquila e, in particolare, ad Onna, ferita dal sisma.

Era il 28 aprile 2009. Il terremoto aveva colpito 22 giorni prima L’Aquila e il circondario, ferendola a morte. In quei giorni di disperazione, con le terra che ancora tremava, una delle visite più toccanti fu quella di Papa Benedetto XVI che scelse di partire proprio da Onna, fra i centri maggiormente colpiti.

benedetto XVI a l'aquila

La prima tappa fu nella frazione di Onna, all’interno della tendopoli e fra le rovine del paese.
A seguire, la Basilica di Santa Maria di Collemaggio: accolto dal Rettore don Nunzio Spinelli, il Papa entrò nella Basilica attraverso la porta santa e venerò l’urna di Papa Celestino V, deponendovi come omaggio il Pallio che gli era stato imposto nella celebrazione di inizio del Pontificato. Un gesto che nell‘anno della visita di Papa Francesco a L’Aquila è tornato alla mente di moltissimi fedeli e non.

benedetto XVI a l'aquila

Poco dopo le 11.30, il Papa giunse in via XX Settembre dove, davanti alle macerie della Casa dello Studente, incontrò un gruppo di studenti universitari e infine, come ultima tappa, la Scuola Sovrintendenti della Guardia di Finanza di Coppito per un saluto al personale impegnato dei soccorsi.

benedetto XVI a l'aquila

Questo fu il discorso che Benedetto XVI tenne ad Onna, con una particolare preghiera per le vittime del terremoto.

“Cari amici!

Sono venuto di persona in questa vostra terra splendida e ferita, che sta vivendo giorni di grande dolore e precarietà, per esprimervi nel modo più diretto la mia cordiale vicinanza. Vi sono stato accanto fin dal primo momento, fin da quando ho appreso la notizia di quella violenta scossa di terremoto che, nella notte del 6 aprile scorso, ha provocato quasi 300 vittime, numerosi feriti e ingenti danni materiali alle vostre case. Ho seguito con apprensione le notizie condividendo il vostro sgomento e le vostre lacrime per i defunti, insieme con le vostre trepidanti preoccupazioni per quanto in un attimo avete perso. Ora sono qui, tra voi: vorrei abbracciarvi con affetto uno ad uno. La Chiesa tutta è qui con me, accanto alle vostre sofferenze, partecipe del vostro dolore per la perdita di familiari ed amici, desiderosa di aiutarvi nel ricostruire case, chiese, aziende crollate o gravemente danneggiate dal sisma. Ho ammirato e ammiro il coraggio, la dignità e la fede con cui avete affrontato anche questa dura prova, manifestando grande volontà di non cedere alle avversità. Non è infatti il primo terremoto che la vostra regione conosce, ed ora, come in passato, non vi siete arresi; non vi siete persi d’animo. C’è in voi una forza d’animo che suscita speranza. Molto significativo, al riguardo, è un detto caro ai vostri anziani: “Ci sono ancora tanti giorni dietro il Gran Sasso”.

Venendo qui, ad Onna, uno dei centri che ha pagato un alto prezzo in termini di vite umane, posso immaginare tutta la tristezza e la sofferenza che avete sopportato queste settimane. Se fosse stato possibile, avrei desiderato recarmi in ogni paese e in ogni quartiere, venire in tutte le tendopoli e incontrare tutti. Mi rendo ben conto che, nonostante l’impegno di solidarietà manifestato da ogni parte, sono tanti e quotidiani i disagi che comporta vivere fuori casa, o nelle automobili, o nelle tende, ancor più a causa del freddo e della pioggia. Penso poi ai tanti giovani costretti bruscamente a misurarsi con una dura realtà, ai ragazzi che hanno dovuto interrompere la scuola con le sue relazioni, agli anziani privati delle loro abitudini.

Si potrebbe dire, cari amici, che vi trovate, in un certo modo, nello stato d’animo dei due discepoli di Emmaus, di cui parla l’evangelista Luca. Dopo l’evento tragico della croce, rientravano a casa delusi e amareggiati, per la “fine” di Gesù. Sembrava che non ci fosse più speranza, che Dio fosse nascosto e non fosse più presente nel mondo. Ma, lungo la strada, Egli si accostò e si mise a conversare con loro. Anche se non lo riconobbero con gli occhi, qualcosa si risvegliò nei loro cuori: le parole di quello “Sconosciuto” riaccesero in loro quell’ardore e quella fiducia che l’esperienza del Calvario aveva spento.

Ecco, cari amici: la mia povera presenza tra voi vuole essere un segno tangibile del fatto che il Signore crocifisso vive; che è con noi, che è realmente risorto e non ci dimentica, e non vi abbandona; non lascerà inascoltate le vostre domande circa il futuro, non è sordo al grido preoccupato di tante famiglie che hanno perso tutto: case, risparmi, lavoro e a volte anche vite umane. Certo, la sua risposta concreta passa attraverso la nostra solidarietà, che non può limitarsi all’emergenza iniziale, ma deve diventare un progetto stabile e concreto nel tempo. Incoraggio tutti, istituzioni e imprese, affinché questa città e questa terra risorgano.

Il Papa è qui, oggi, tra di voi per dirvi anche una parola di conforto circa i vostri morti: essi sono vivi in Dio e attendono da voi una testimonianza di coraggio e di speranza. Attendono di veder rinascere questa loro terra, che deve tornare ad ornarsi di case e di chiese, belle e solide. È proprio in nome di questi fratelli e sorelle che ci si deve impegnare nuovamente a vivere facendo ricorso a ciò che non muore e che il terremoto non ha distrutto e non può distruggere: l’amore. L’amore rimane anche al di là del guado di questa nostra precaria esistenza terrena, perché l’Amore vero è Dio. Chi ama vince, in Dio, la morte e sa di non perdere coloro che ha amato”