L'approfondimento

Sport, attenzione all’ansia nei bambini: come affrontare le sfide con serenità

L'ansia "parla", è un modo cioè di comunicare un messaggio. Come aiutare i bambini quando sono bloccati e poco sereni prima di una gara sportiva?

Lo sport come spazio di crescita per i giovani, ma capita spesso che possa generare veri e propri disturbi d’ansia. Succede, infatti, che i bambini possano sentirsi sotto pressione ed esposti al giudizio. Come affrontare queste situazioni?

L’ansia “parla”, è un modo cioè di comunicare un messaggio. Come affrontarla quando blocca i bambini prima di una gara sportiva? “L’ansia è una combinazione di diverse emozioni che può verificarsi in diversi momenti della vita e in maniera differente a seconda della persona”. Lo ha illustrato l’esperta Chiara Gioia, psicologa e psicoterapeuta, intervenuta per un incontro formativo alla scuola di Sci Club Lupo Campo Felice ASD – sodalizio sportivo presieduto da Ugo Mantolini, molto attento anche alle tematiche emozionale e psicologiche dei bambini per un momento dedicato tutto ai piccoli e ai loro genitori. Perché è fondamentale capire come gestire le proprie emozioni prima di ogni discesa in pista, soprattutto prima di ogni gara. Senza farsi sopraffare. “Questo particolare stato d’animo – continua Chiara Gioia ascoltata dalla nostra redazione sull’argomento – può avere l’importantissima funzione di attivare le difese davanti a potenziali pericoli o cambiamenti, ma se si presenta in maniera esagerata può generare un effettivo disturbo d’ansia“.

Possiamo definire l’ansia legata al mondo dello sport come “agonistica”, un’ansia che “si caratterizza per due particolari condizioni: l’importanza del risultato e l’esito incerto della gara. Capita, allora, che gli sportivi possano avere blocchi emotivi, mal di testa, mal di pancia, tachicardia, tremori, nodi alla gola, perché sperimentano alti livelli di ansia e di stress, legati proprio ai risultati sportivi.
Del resto, la pratica dello sport, in particolar modo a livello agonistico, prevede delle rinunce che portano allo sviluppo di un forte senso del dovere. Si inizia a percepire, così, una importante fatica emotiva, succede anche ai bambini alle prese con il proprio sport del cuore: in questo modo, capita che inizino ad avere difficoltà a gestire il peso di quelle competizioni e la necessità di non deludere i propri genitori”. 

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Un bambino che si avvia alla pratica sportiva entra, suo malgrado, nell’ottica della competizione che interpreta come “qualcosa di minaccioso. Ma una minaccia verso chi? Verso che cosa? 
Generalmente vengono messe in discussione la propria autostima e quindi il proprio valore, il proprio bisogno di riconoscimento (da parte dei genitori, del tecnico, dei compagni…), il timore di fallire”.
Anche per questo è importante fare attenzione, da adulti, al comportamento adottato con i propri figli. Attenzione che va posta soprattutto nella modalità di comunicare con loro e per comunicazione si intende anche la dimensione che va oltre l’aspetto verbale. 
“Il tono di voce, le espressioni facciali, la postura, il comportamento spaziale sono tutti fattori che determinano e condizionano il nostro modo di comunicare”, specifica la psicologa e psicoterapeuta Chiara Gioia.
“Se diciamo a nostro figlio ‘Ma dai, è solo una gara!’, ma poi corriamo avanti e indietro agitati nel corso della competizione, gli trasmettiamo un messaggio diverso da quello espresso a parole”.
L’ansia spesso nasce dal gap tra la percezione delle proprie capacità, considerate “basse”, e le difficoltà della sfida da affrontare, valutate invece come troppo elevate.
“È importante
– continua Chiara Gioia – valutare con che occhi l’atleta vede la competizione, la sua storia pregressa e l’ambiente nel quale vive. Non bisogna mai chiedere troppo al ragazzo, ma accompagnarlo e supportarlo nel suo percorso. Bisogna ascoltarlo, ragionare con lui e con gli allenatori. Ragionamenti e valutazioni che vanno fatti non sui risultati, ma sulle prestazioni effettuate, per correggere gli errori e crescere. Si può iniziare da qui per educare i giovani alla consapevolezza e alla gestione delle proprie emozioni”.

ansia bambini

C’è anche una prima regola: è il bambino a dover decidere se vuole realmente partecipare alla gara sportiva.

“Non deve essere una cosa imposta dai genitori”, sottolinea l’esperta. Anche perché “la partecipazione ad una gara ha come obiettivo principale il divertimento. Lo sport deve essere vissuto come un momento di gioco e non come un impegno. Dando consigli, indicazioni, suggerimenti si rischia di caricare di pressioni i bambini. Può aiutare, invece, sostenerli in maniera disinteressata, soprattutto disinteressata rispetto al risultato. È utile, inoltre, insegnare ai nostri bambini a non temere le competizioni, perché fanno parte della vita”. 

L’importanza della respirazione.
“Rilevante nel gestire l’ansia è anche la corretta respirazione. Imparare a respirare, infatti, aiuta a ossigenare in modo corretto il nostro corpo”, precisa Chiara Gioia. “In questo modo si riesce a gestire in modo migliore l’attivazione fisiologica e a riprendere il controllo nei momenti di grande stress. Da questo punto di vista è utile ricorrere alla respirazione diaframmatica, ideale per far circolare maggiori quantità di ossigeno nel sangue, facendo rilassare il nostro corpo. Uno strumento prezioso è il Training Autogeno, che viene presentato e svolto durante la narrazione di una storia in cui i protagonisti devono fronteggiare paure, difficoltà e ostacoli. Attraverso la messa in atto degli esercizi in forma poetica-fiabesca, il bambino si immedesima e ricerca il rilassamento psico-fisico. La storia viene poi consegnata ai genitori per essere riproposta anche nel contesto casa, per generalizzare i progressi”.

In questa metodologia, la fiaba rappresenta in termini immaginari un conflitto e indica una possibile via d’uscita. 
Per questo può portare numerosi benefici: “Gestione della paura, stimolazione creativa, aumento dell’autostima, resilienza, aumento della concentrazione, regolazione delle emozioni, maggiore autoconsapevolezza, maggiore rilassamento e, in conclusione, una maggiore serenità. La fiaba diventa, quindi, una tipologia specifica di biblioterapia costituita da un sistema di strumenti e procedure che mirano a favorire la crescita e a migliorare la salute.
Anche per questo le fiabe parlano il linguaggio della fantasia, che è lo stesso del bambino. Queste storie insegnano senza voler spiegare. In questo senso sono un tesoro, perché racchiudono 
il segreto per farsi ascoltare. 
La fiaba, in sintesi, rappresenta un ponte tra l’adulto e il bambino e questo ponte permette loro di 
incontrarsi proprio in ciò che hanno di più prezioso e qualificante: il pensiero come facoltà
 di elaborazione attiva. Con i suoi contenuti la favola prepara il bambino a fronteggiare le difficoltà di ogni giorno
, attraverso la conoscenza delle avversità”.

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Emozioni. “Infine, le fiabe danno un’immagine delle 
emozioni. Ed è proprio ciò di cui i bambini hanno bisogno.
 Si pensa, a volte, che sia meglio nascondere le emozioni forti ai bambini. Ma attraverso il
 racconto di eventi tristi, spesso il bambino arriva ad affrontare le difficoltà ‘armato’ dal
 punto di vista emotivo”. 

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