Cronaca

Nadia Lioce al 41bis, udienza per i 31 attivisti che protestavano

Udienza penale a carico di 31 attivisti che nel 2017 hanno manifestato contro il 41bis nei confronti della brigatista Nadia Lioce che sta scontando condanne nel carcere dell'Aquila.

L’AQUILA – Udienza penale a carico di 31 attivisti che nel 2017 hanno manifestato contro il 41bis nei confronti della brigatista Nadia Lioce.

Era il 24 novembre del 2017 quando diversi attivisti si trovarono a manifestare davanti al Tribunale dell’Aquila, contro la detenzione in regime di 41bis della brigatista rossa Nadia Lioce, che dal 2004 sta scontando nel carcere aquilano le condanne per gli omicidi dei giuslavoristi Massimo D’Antona e Marco Biagi e del sovrintendente di Polizia Emanuele Petri. A seguito delle indagini seguite a quella manifestazione non autorizzata, 31 attivisti sono andati a processo con giudizio immediato. Dopo vari slittamenti, giovedì 12 gennaio si terrà l’udienza. Nella stessa sede, potrebbe arrivare anche la sentenza.
Ma per cosa protestavano gli attivisti? “Quel giorno – ricorda Luigina De Biasi, per il Soccorso Rosso Proletario – si teneva la terza udienza di un processo alla detenuta, accusata di aver turbato la quiete di un carcere che l’ha sepolta viva, attraverso una serie di ‘battiture’ delle sbarre con una bottiglietta di plastica. Nadia fu assolta perché l’isolamento estremo in 41bis non consentiva né a lei, né alle altre detenute sottoposte a questo regime di avere percezione di tale ‘disturbo’, cosicché lo stesso reato per cui veniva perseguita si configurava come un reato impossibile. L’isolamento carcerario previsto da tale regime é internazionalmente riconosciuto come una forma di tortura. Un regime che nega l’uso della parola, lo studio, la lettura, la scrittura, la socialità, l’affettività, non può che definirsi un regime di tortura, lenta, continua, sistematica, fino all’annientamento psico-fisico, alla morte o alla resa”. La battaglia degli attivisti, però, riguarda anche Alfredo Cospito, anarchico ristretto al 41bis e oggi all’85° sciopero della fame. “Per tutto questo, per altro, per tutto, la lotta di Alfredo è una lotta che ci riguarda tutti e tutte, rivoluzionari e sinceri democratici, e invitiamo a partecipare al presidio/conferenza stampa che si terrà il 12 gennaio dalle ore 9 davanti al Tribunale dell’Aquila”.

Sull’argomento, IlCapoluogo.it aveva intervistato l’avvocato aquilano Barbara Amicarella, che lavora da oltre 10 anni con detenuti sottoposti al 41bis.

Le limitazioni del carcere duro.

“Il 41bis – aveva sottolineato l’avvocato Amicarella – è un regime che vuole minare la stabilità mentale dei carcerati, al fine di riuscire a farli crollare e raccontare i dettagli delle cosche da cui provengono.  Il regime di carcere duro, però, nel protrarsi degli anni non viene quasi mai revocato ed è continuamente confermato anche ai detenuti che, chiaramente, non hanno più ruoli significativi nelle organizzazioni malavitose. Ci sono alcuni detenuti che sono in regime di 41-bis dal 1992. Alcuni di loro ricevono un paio di visite l’anno dai propri familiari che, non avendo disponibilità economiche, non possono permettersi di affrontare il viaggio dalla Sicilia per fare visita al loro congiunto una volta al mese, come permetterebbe la legge. Quelle persone, evidentemente, non hanno più ruoli e, a differenza di altri, potrebbero avere revocato il regime”.

41-bis solo un numero minimo di foto appese in cella
“I detenuti in 41-bis hanno l’obbligo di tenere un certo numero ben preciso di fotografie dei familiari appesi in cella e non una di più – ci spiega l’avvocato Amicarella -. Questa limitazione, come molte altre che nulla hanno a che fare con i collegamenti esterni, è sicuramente dettata dal voler imporre una costrizione psicologica che, in determinati casi, diventa una violenza gratuita ed inutile. Mi riferisco a chi è in questo regime da oltre 25 anni; a chi non ha effettivamente più nessun controllo sul potere esterno; a chi resterà in carcere per tutta la vita per scontare il malfatto e nulla più conosce delle organizzazioni esterne”.

Le limitazioni del 41-bis
Isolamento nei confronti degli altri detenuti. Il detenuto è situato in una cella singola e non ha accesso a spazi comuni del carcere. L’ora d’aria è limitata rispetto ai detenuti comuni e avviene anch’essa in isolamento. Il detenuto è costantemente sorvegliato da uno speciale corpo di polizia penitenziaria il quale, a sua volta, non entra in contatto con le altre guardie carcerarie. Limitazione dei colloqui con i familiari e gli avvocati per quantità (massimo due al mese; nel caso degli avvocati questa norma è stata abolita dalla Corte costituzionale nel 2013), per qualità (il contatto fisico è impedito da un vetro divisorio) e per durata. Contatti con l’esterno limitati ad una telefonata al mese. Censura della posta in uscita e in entrata. Proibizione di tenere molti oggetti personali in cella (penne, quaderni, denaro, macchine fotografiche, bottiglie, ecc).

Il 41-bis delle Costarelle a L’Aquila
“La struttura è stata ultimata nel 1986, – come si legge sul sito del Ministero della Giustizia che descrive la casa Circondariale aquilana – ma l’istituto è entrato in funzione nel 1993. L’istituto è nato originariamente con una capienza regolamentare di 150 detenuti comuni. La capienza tollerabile è stata fissata a 300 detenuti comuni. Intorno al 1996, la struttura è adibita quasi interamente alla custodia di detenuti sottoposti a particolari regimi di sicurezza che alloggiano in celle singole”.

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