Le nuove stanze della poesia, La parola poetica di Emily Dickinson

Una poesia di Emily Dickinson per l’appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.
C’è una solitudine dello spazio
una solitudine del mare
una solitudine della morte, ma
sono tutte compagnia
paragonate a quell’altro spazio più nel fondo,
quella privatezza polare:
un’anima sola con se stessa
finita infinità.
Io abito la possibilità – una casa più bella della prosa – più ricca di finestre – superbe – le sue porte – E’ fatta di stanze simili a cedri – che lo sguardo non possiede – come tetto infinito ha la volta del cielo – La visitano ospiti squisiti – la mia sola occupazione – spalancare le mani sottili per accogliervi il Paradiso.
“Veste unicamente di bianco e dicono che abbia un cervello come un diamante”. Sulla pagina web dell’editore Feltrinelli che nel 2008 pubblica Silenzi si legge:
Sottoposta a correzioni e censure, travisata dai contemporanei che non capendola la vissero come il prodotto di un’immaginazione confusa, ristretta, romanticamente persa nella lettura della Bibbia e nella ricerca dell’amore, la poesia di Emily Dickinson solo con l’edizione critica del 1955 è conosciuta nella sua forma originaria. Eppure anche le versioni in lingua italiana più recenti, salvo rare eccezioni, offuscano il senso che in quella poesia si racchiude, continuando a operare nei suoi confronti un conciliante addomesticamento. Con questa raccolta Barbara Lanati intende smentire l’immagine tuttora prevalente della Dickinson come vergine riservata, chiusa e timida del New England, la ragazza perbene vittima del potere del padre e del vittorianesimo imperante, e intende restituirne, con la traduzione, la scrittura inquieta e inquietante, astratta e insieme raffinatamente sensuale sgorgata da una vita fatta di reclusione, silenzio. Scabra, dura, ironica, spoglia di rime e facili assonanze che ne avrebbero ammorbidito il passo spasmodico, la poesia della Dickinson trascrive l’esperienza di una donna che seppe abbracciare la condizione della solitudine e farne un provocatorio strumento di conoscenza e avvicinamento all’uomo, una donna che visse nell’ostinata interrogazione del silenzio e a quel silenzio riuscì a dare un corpo: la parola poetica.
[ Noi – che abbiamo l’Anima – Moriamo più spesso ]
Un giorno mi perdonerò.
Del male che mi sono fatta.
Del male che mi sono fatta fare.
E mi stringerò così forte,
da non lasciarmi più.
Dicono che “Il Tempo mitiga”
Il Tempo non ha mai mitigato –
Una vera sofferenza si rafforza
Come fanno i Tendini, con gli Anni –
Il Tempo è un Test per il Dolore –
Ma non un Rimedio –
Se tale si dimostra, dimostra anche
Che non c’era Malattia –
Amo l’anima timida. L’anima che arrossisce, l’anima che si ritrae, che si nasconde perché ha paura. Amo di lei, le sue preziose piccole esigenze.
Per oggi è tutto quello che ho da portare –
Questo, e insieme il mio cuore –
Questo e il mio cuore e i campi –
e i prati – tutto intorno –
Contali uno per uno – dovessi dimenticarmene io
qualcuno dovrà ricordarne la somma –
Questo, il mio cuore e le api, una per una,
che abitano il trifoglio.
Si apre così la raccolta di una delle poetesse americane dell’Ottocento più apprezzate dal grande pubblico. Nei poch9i versi che danno inizio alla raccolta si intuiscono i temi e già non manca il dialogo tra un “tu” spesso fisicamente irraggiungibile ed un “io” narrante ,immersi nei luoghi e nella natura ,insomma tutto un mondo che li circonda in un emozionante rapporto che non è esente, a volte dalla sofferenza .
Eva Luna Mascolino su Il rifugio dell’Ircocervo scrive: “Per descrivere gli stati d’animo più intimi e per rendere partecipi delle visioni più complesse, comunque, la scrittrice non si serve mai di intricati espedienti retorici. La piacevolezza della lettura risiede probabilmente in questo: anziché sentirsi accerchiati dalla lingua o irretiti da immagini artefatte, si viene portati per mano nella stessa dimensione in cui si trova chi scrive con schiettezza e autenticità. L’inquietudine è vera, le profondità sono tutte vertiginose e la commozione di determinati momenti di comunione con l’Altro è genuinamente irresistibile. Peraltro l’edizione Feltrinelli, curata da Barbara Lanati e con testo a fronte, è particolarmente interessante proprio perché consente in ogni momento di consultare la versione originale della Dickinson, con il suo inglese ormai “invecchiato” di due secoli – e bene, come solo il vino sa fare. Così, dove l’italiano perde le rime e certi richiami fonici, ecco l’idioma lì di fianco a ricomporre la corretta visione d’insieme, in perenne equilibrio fra la giusta scelta lessicale e la sonorità più evocativa.”