Morte Collinzio D’Orazio, condannati a 3 anni i 2 imputati

Abbandono di incapace e morte come conseguenza di altro reato: condannati a 3 anni i due imputati per la morte di Collinzio D’Orazio.
Sono stati condannati a 3 anni Fabio Sante Mostacci e Mirko Caniglia, i due imputati per la morte di Collinzio D’Orazio, il 50enne di San Benedetto dei Marsi ritrovato senza vita sulle rive del fiume Giovenco il 23 febbraio 2019. Il pubblico ministero aveva chiesto 6 anni.
I due imputati sono stati condannati per abbandono di incapace e morte come conseguenza di altro reato. Durante le indagini per entrambi era caduta l’accusa di omicidio volontario. Il processo si è celebrato davanti la Corte d’Assise dell’Aquila, iniziato l’11 novembre scorso dopo 3 anni di indagini. Mostacci era difeso dall’avvocato Mario Flammini, del foro di Avezzano, insieme a Franco Colucci, mentre Caniglia dall’avvocato Antonio Milo. I familiari di D’Orazio dagli avvocati Berardino Terra e Stefano Guanciale. Il presidente del collegio era il giudice Marco Billi, giudice a latere Guendalina Buccella, il pm Luigi Sgambati.
“Siamo convinti dell’assoluta innocenza dei ragazzi. Adesso possiamo solo aspettare le motivazioni della sentenza e poi prepareremo l’appello”, è la dichiarazione a caldo rilasciata al Capoluogo dall’avvocato Mario Flammini.
La scomparsa e il tragico ritrovamento di Collinzio D’Orazio suscitò un grande clamore mediatico; del caso se ne occupò anche la trasmissione “Chi l’ha visto”. Di D’Orazio si erano perse le tracce l’1 febbraio 2019: la vittima conduceva una vita tranquilla, viveva a San Benedetto dei Marsi con i genitori. Quella sera, dopo cena, era uscito per trascorrere qualche ora al bar del paese, come era solito fare, e aveva lasciato a casa tutti i suoi effetti personali, tra cui il cellulare. Dopo aver consumato alcuni alcolici al bar l’uomo era stato accompagnato a casa da una pattuglia dei Carabinieri avendolo visto in stato confusionale. Invece di rientrare era tornato al bar e lì ha incontrato Mirko Caniglia e Fabio Mostacci, gli ultimi secondo le indagini ad averlo visto in vita. I due giovani hanno affermato poi di averlo accompagnato a casa e da lì il buio. Dopo settimane di ricerche il tragico ritrovamento sulle rive del fiume Giovenco. Gli imputati hanno sempre respinto ogni accusa, affermando di non avergli fatto del male, asserendo di avergli solo dato un passaggio, tesi confermata non solo in sede di indagine ma anche davanti le telecamere di “Chi l’ha visto”.
Prima del ritrovamento del corpo i genitori sembravano essere convinti che il loro congiunto avesse deciso all’improvviso di cambiare vita e che fosse partito per Roma per vivere con i senza tetto della stazione. Il fratello invece, conoscendo perfettamente le sue abitudini, da subito aveva ipotizzato il tragico epilogo. In questi anni di indagini la madre della vittima si è sempre battuta per avere giustizia e fare chiarezza, capire in quali circostanze e perchè il figlio si trovasse di notte da solo, vicino al fiume dove poi ha trovato la morte.
