Salute e benessere - la rubrica

Allergie e intolleranze alimentari, qual è la differenza?

Qual è la differenza tra allergie ed intolleranze alimentari? Torna la rubrica curata dalla biologa nutrizionista Simona Di Pirro. L'Abruzzo tra le regioni con più soggetti allergici

Qual è la differenza tra allergie ed intolleranze alimentari?

ALLERGIE E INTOLLERANZE ALIMENTARI – Secondo i dati ISTAT, la percentuale di soggetti allergici in Italia non è uniforme. Infatti, il Nord-Ovest risulta il territorio con più casi registrati, mentre il Sud è quello con il minor numero. Tra le regioni più fortunate troviamo la Campania, il Molise e la Sicilia, mentre purtroppo l’Abruzzo, in compagnia di Valle d’Aosta e Lombardia, si trova in testa alla classifica! Le donne sono più colpite degli uomini, mentre i giovani fino ai quattordici anni e gli ultrasettantacinquenni sembrano meno colpiti da allergie. La fascia di età più a rischio sembra essere tra i 20 ed i 24 anni. Tra le allergie troviamo anche quelle alimentari, dove la parte del leone la fanno le allergie al latte e al glutine. Tra le intolleranze alimentari, che NON sono allergie, spiccano le intolleranze al lattosio e di nuovo al glutine.
Sempre più spesso vedo arrivare nel mio studio pazienti che mi riferiscono di essere risultati allergici o intolleranti a “tutto” e mi portano in visione dei test, a volte molto costosi, che non sono scientificamente riconosciuti come validi ai fini della diagnosi di allergie o intolleranze alimentari. 

Facciamo un po’ di chiarezza. 
Allergie e intolleranze alimentari non sono sinonimi, ma patologie ben distinte tra loro. Le allergie sono dovute ad una reazione abnorme del sistema immunitario nei confronti di un antigene, cioè una molecola estranea all’organismo che è normalmente presente nell’ambiente che ci circonda ed è innocua per la maggior parte delle persone; l’allergia si esprime con la produzione di IgE e può presentare sintomi gravi come lo shock anafilattico.

Le intolleranze sono reazioni anomale dell’organismo a una sostanza estranea, ma senza l’intervento da parte del sistema immunitario.
I meccanismi di solito sono enzimatici, tossici o farmacologici. Un esempio classico è l’intolleranza al lattosio che è dovuta all’assenza o all’insufficiente presenza di un enzima, la lattasi. La lattasi ha proprio il compito di digerire il lattosio e dividerlo nei due zuccheri che lo compongono. Chi soffre di questa intolleranza alimentare presenterà sintomi anche importanti a livello intestinale in seguito all’ingestione di lattosio.

In realtà solo il 5% delle reazioni avverse agli alimenti sono delle vere e proprie allergie. Queste di solito si manifestano nei primi tre anni di vita, mentre tra gli adulti non è così comune riscontrare delle allergie alimentari. Quindi di cosa si potrebbe trattare?
Spesso ci troviamo di fronte a problematiche diverse, come le pseudoallergie dovute ad un aumento dell’istamina, reazioni tossiche causate da microbi o inquinanti ambientali, intolleranze o cross-reazioni. In quest’ultimo caso, il nostro sistema immunitario si confonde e riconosce le proteine di una sostanza, ad esempio il polline, come simili a quelle di un’altra, come frutta e verdura. I sintomi di solito sono prurito al palato, gonfiore delle labbra, asma. La cross-reattività più frequente è quella che si riscontra nei pazienti allergici al polline della betulla ed il consumo di mele. 

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Rispondiamo ora ai dubbi dei nostri lettori:

  1. Posso curare le cross reazioni con il vaccino desensibilizzante?
    Purtroppo, la terapia desensibilizzante sembra essere efficace solo in alcuni casi. C’è la possibilità di utilizzare l’immunoterapia che in alcuni tipi di reazioni sembra avere buoni risultati, ma l’approccio più semplice e sicuro resta sempre quello di evitare il consumo di alimenti capaci di scatenare una cross-reazione individuale nel periodo stagionale più carico dei pollini a cui si è allergici.
  1. Quali sono le allergie alimentari?
    La maggior parte delle reazioni allergiche sono scatenate da latte vaccino, uovo, soia, grano, arachidi, noci, pesce e molluschi.
  1. Si possono prevenire le allergie alimentari?
    Non ci sono farmaci in grado di prevenire l’allergia alimentare. Il trattamento resta sempre e comunque quello di evitare l’ingestione degli alimenti che causano allergia. Se l’allergia alimentare si è manifestata in un bambino piccolo allattato al seno, è importante che anche la madre escluda dalla sua dieta gli alimenti a cui il piccolo è allergico, in quanto le proteine possono passare nel latte materno e scatenare i sintomi nel bimbo.
  1. L’allergia alimentare è di origine genetica?
    Di certo una familiarità presente in uno o entrambi i genitori o in un fratello aumenta il rischio di malattia allergica dal 50 all’80%.
    In particolare, se è la madre ad avere un’allergia ed è presente anche una familiarità d’organo, l’influenza ereditaria risulta accentuata. Spesso accade che l’apparato colpito dalla manifestazione allergica sia lo stesso in più componenti dello stesso nucleo familiare, come nella dermatite atopica o nell’asma.
  1. Quali sono i test attendibili per la diagnosi di allergia o intolleranza alimentare?
    Con l’entrata in vigore dei nuovi LEA 2017 il medico di base può prescrivere in autonomia i test allergologici. Il test sierologico prevede il dosaggio nel sangue delle IgE totali e delle IgE specifiche, cioè gli anticorpi che si attivano in caso di allergia. Il Prick test o il prick by prick sono test cutanei che utilizzano rispettivamente estratti allergenici e alimenti freschi. Questi ultimi test vanno eseguiti in “ambiente sicuro” e da personale qualificato alla gestione di reazioni estreme o di anafilassi.

Questi test purtroppo però non sono sempre affidabili, in quanto possono dare falsi positivi o falsi negativi. Esistono altri metodi di indagine come i test in vivo di scatenamento orale e delle componenti molecolari, ma è compito del medico indicare i test più adatti al singolo caso. Sconsiglio di effettuare cytotest per le intolleranze alimentari in quanto non è riconosciuto e accettato dalla medicina convenzionale. Il cytotest si basa sull’osservazione al microscopio di particolari cellule, i granulociti, a contatto con gli alimenti. In base al loro rigonfiamento, viene assegnato un livello (fino a 4) di gravità. Oltre ad essere molto costoso, la positività ad un alimento prevede l’estensione a tutti gli alimenti simili il che non ha un approccio scientifico. Inoltre questo test ha una ripetitività bassissima, ciò vuol dire che se lo stesso campione di sangue viene esaminato  in diversi laboratori, avrà differenti risultati!
Le diete di eliminazione, sotto controllo del nutrizionista, possono essere un approccio da considerare in quanto prevedono un’iniziale dieta che esclude gli alimenti sotto osservazione e la loro graduale reintroduzione, sia in quantità che in qualità, così da testare la propria tolleranza verso alimenti che possono di nuovo essere introdotti, seppur con delle limitazioni.

La Dott.ssa Simona Di Pirro, Biologa Nutrizionista, cura su “Il Capoluogo”  una rubrica quindicinale. Potete suggerire temi o fare delle domande scrivendo alla redazione del Capoluogo. La dottoressa Di Pirro è laureata presso l’Università degli Studi dell’Aquila in Biologia della Salute e Nutrizione con lode, ha frequentato la scuola di alta formazione in Micoterapia (utilizzo dei funghi medicinali) presso l’Università di Padova e la scuola di alta formazione in Microbiota umano in collaborazione con l’Università di Pavia. È inoltre consulente per l’igiene degli alimenti e gestione del sistema HACCP.
La dottoressa propone ai suoi pazienti un approccio nutrizionale basato sulla medicina funzionale presso i suoi studi dell’Aquila e di Avezzano.
Questi invece i suoi riferimenti social:
-pagina facebook: Dott.ssa Simona Di Pirro Biologa Nutrizionista
-instagram: simonadipirronutrizionista

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