L'approfondimento

L’amore tossico che amore non è, il caso a C’è posta per te: i segnali da non sottovalutare

Amore tossico: "bassa autostima, prevaricazioni, manipolazioni. Il nostro partner è 'tutto', noi senza di lui/lei siamo 'nulla'". Tutto questo non può essere considerato la normalità

Almeno il 5% della popolazione ha sperimentato sulla propria pelle l’amore tossico. Ma che cos’è una relazione tossica e che pericoli comporta?
Il “caso” a C’è posta per te: la storia tra Stefano e Valentina, marito e moglie in crisi dopo il tradimento di lei, ha acceso l’attenzione sui rapporti in cui manca equilibrio di coppia. Quei rapporti in cui se cadono le patatine dal tavolo, lei – e solo lei – le raccoglie dopo immediato comando e lui se ne sta comodo, sul divano, a guardare la tv. In cui lei viene insultata e mortificata, anche davanti ai bambini. In cui, soprattutto, tutto questo è la normalità.

Quando si parla di amore tossico “si parla di dipendenza”.
In una relazione tossica manca il rispetto, mentre ci sono manipolazione, spesso violenza verbale e una bassa autostima, causata da una svalutazione costante da parte del partner. La storia raccontata a C’è posta per te, nella prima puntata della nuova edizione, parla di una relazione finita dopo il tradimento di Valentina, la moglie. Nel racconto, tuttavia, sono emersi episodi spiacevoli e vessazioni frequenti nei confronti della donna da parte del marito. Comportamenti che per diverso tempo sono passati inosservati, fino a quando l’episodio del tradimento ha costituito la miccia per far esplodere la relazione.
“Poteva pensarci prima” dice Stefano non appena si apre la busta e la telecamera inquadra il volto agitato di Valentina, che si è rivolta alla trasmissione per chiedere perdono a suo marito.
La storia non ha lasciato indifferente il mondo social: la vicenda ha suscitato un’accesa eco mediatica, portando numerosi esperti a definire la relazione come il classico esempio di “amore tossico”. Di cosa si tratta? E quali sono i segnali per riconoscere un amore tossico? Lo abbiamo chiesto a Chiara Gioia, psicologa e psicoterapeuta.

“Si parla di amore tossico quando si viene a creare una dimensione che pecca di educazione sia affettiva che emotiva.
Tutte le relazioni tossiche sono costituite da una forma di dipendenza. Infatti, in ogni relazione ci sono due protagonisti: questi dovrebbero assumere un ruolo egualitario, tra di loro dovrebbe esserci uno scambio reciproco. Invece, nelle relazioni tossiche uno dei due partner tende a diventare prevalente sull’altro o eccessivamente dipendente dall’altro”
, sottolinea la psicologa e psicoterapeuta aquilana. Perché accade questo?
“Quando noi scegliamo una persona, la prima forma d’attrazione deriva dall’aspetto fisico: questo fa da apripista ad un iniziale interesse e quindi al restare affascinati da quella persona. Poi all’attrazione fisica segue, quindi, quella mentale. In questo modo arriviamo ad innamorarci. L’interesse che nasce e che si sviluppa rappresenta il nostro corrispettivo intrapsichico: cioè in ogni psiche c’è tanto una parte femminile quanto una parte maschile e la persona che scegliamo rappresenta ciò di cui abbiamo bisogno nel nostro corrispettivo intrapsichico. Da qui, perché si arriva a una relazione tossica?
Vi si arriva quando si diventa dipendenti dall’altro e le cause di ciò possono essere molteplici. Magari l’altra persona ha una personalità più forte della nostra, una psiche più strutturata, caratterizzata da meno complessi. Quindi, la persona che diventa dipendente dall’altro trova nell’altro un contenitore per non affrontare le sue problematiche. Si parla, per questo, di un tipo di dipendenza affettiva in cui si dipende dal proprio partner e, soprattutto, si arriva a negare sé stessi, i propri bisogni, i propri spazi”. 

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Un altro segnale che può indicare una relazione tossica è la problematica legata all’autostima.
“Se c’è dipendenza affettiva, c’è anche una carenza di autostima – continua Chiara Gioia – c’è, quindi, una vera e propria difficoltà a gestire le proprie emozioni, a sapersi riconoscere come un individuo caratterizzato da una propria identità e in grado di relazionarsi con gli altri. Se noi non siamo i primi ad accettarci, a riconoscerci in un determinato modo di essere, come pensiamo di poterci rapportare con gli altri in modo funzionale?
Le relazioni tossiche, è importante precisarlo, non esistono solo in un contesto di coppia, ma anche tra le amicizie, tra genitori e figli…È una modalità di relazionarsi che indica la presenza di fragilità. Queste fragilità vengono soffocate attraverso la dipendenza affettiva: quando andrebbero accolte, elaborate e rese terreno fertile per crescere”.

Conseguenze.
“Attraverso la dipendenza affettiva si perde autonomia, si perdono i propri spazi esistenziali, ci si isola.
A quante donne capita di non riuscire ad uscire con gli amici se non c’è il proprio ragazzo? Quanti fanno fatica a tollerare che il proprio ragazzo o la propria ragazza faccia sport o coltivi le sue amicizie?
La relazione è tossica quando si mette in continua discussione la certezza di quel rapporto”, evidenzia l’esperta.
“In ogni rapporto non si è in due, in realtà, ma in tre. Poiché bisogna considerare l’immaginario del rapporto. Ed è fondamentale sapere se questo immaginario è lo stesso che ha il proprio partner, altrimenti difficilmente possono esserci armonia e progettualità.
Nel caso di un amore tossico il partner diventa ‘tutto’ e l’altro senza di lui si sente ‘niente’. Qui si innescano giochi di potere, quali il controllo, la gelosia eccessiva, la manipolazione. In letteratura penso al romanzo ‘Memorie dal sottosuolo’ di Dostoevskij, in cui il protagonista si racconta, in un lungo monologo, come un uomo che vive nell’ombra e nell’insofferenza verso la società che lo circonda. Un uomo che gode della sofferenza altrui e che, attraverso le sue azioni finalizzate a far soffrire chi crede a lui superiore, si sente potente: poiché fuori dalla dimensione della sofferenza. In un rapporto tossico, quindi, l’uomo – o la donna – è consapevole di arrecare sofferenza e quindi manipola le situazioni a suo piacimento. È una persona abituata ad estendere le sue relazioni tossiche ai diversi rapporti che instaura, poiché ha una visione distorta dell’amore“. 

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Amore – conclude Chiara Gioia – non è agire per il controllo o attraverso l’esercizio del potere. Vuol dire, al contrario, saper accogliere la diversità dell’altra persona. Facendolo si lavora su sé stessi. Un uomo che usa il potere è insicuro sulla sua virilità e proietta questa sua insicurezza in modo disfunzionale sulla donna, trattandola come un oggetto.
Bisogna fare attenzione e ricordare che il comportamento di molte coppie va anche a determinare l’educazione e il messaggio che si trasmette ai propri figli. In una relazione tossica si comunica tutto, fuorché l’amore, alterando la natura e la considerazione del sentimento stesso e impedendo una corretta educazione sentimentale da parte dei giovani, nel corso del loro percorso di crescita identitaria”.

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