L'anniversario

Terremoto Avezzano, 108 anni fa la catastrofe che distrusse la Marsica

Terremoto di Avezzano: ricordiamo la tragedia di 108 anni fa. Tra i soccorritori ci fu anche San Luigi Orione.

108 anni sono tanti, anche i superstiti di quella immane tragedia oggi non ci sono più, ma la storia non deve essere dimenticata: il 13 gennaio 1915 accadde la più grande catastrofe mai avvenuta nella Marsica, una delle più gravi nella storia dell’intera Italia. Il terremoto di Avezzano scosse l’intero territorio marsicano provocando la sua distruzione e migliaia di morti.

Avezzano anche quest’anno si fermerà per ricordare il terremoto di 108 anni fa facendo tornare in vita l’Avezzano storica. Venerdì 13 gennaio infatti ci sarà la cerimonia di consegna dei lavori di Piazza San Bartolomeo.

terremoto avezzano 1915

Il terremoto di Avezzano provocò 30 mila vittime: la mattina del 13 gennaio 1915, alle ore 7,48, (dal Telegramma inviato dal pro-Sindaco di Tagliacozzo al Ministero dell’Interno) ci fu la prima violentissima scossa, seguita da varie scosse di assestamento. La scossa fu avvertita anche nella capitale, producendo danni ad alcuni edifici, nonostante ciò il governo Salandra tardò molto a comprendere la vastità dell’area coinvolta e la gravità delle conseguenze: l’allarme in tutta la sua drammaticità fu lanciato ben dodici ore dopo la scossa principale con i lenti mezzi di comunicazione dell’epoca[16] dal comune di Sante Marie. Dopo il terremoto incominciò a nevicare, creando anche molti problemi per i soccorsi che riuscirono ad arrivare solo due giorni dopo il terribile evento sismico. Il sisma del 1915, per forza distruttiva e numero di vittime, è classificato tra i principali terremoti avvenuti in territorio italiano. Nel computo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia le vittime furono 30.519, di cui oltre 10.000 nella sola città di Avezzano. Oltre al capoluogo del circondario marsicano i cosiddetti “quattro undicesimi della scala Mercalli” furono rilevati a Cappelle dei Marsi, Gioia dei Marsi e San Benedetto dei Marsi, località dove la distruzione fu pressoché totale. Ad Avezzano rimase in piedi solo un edificio, nell’attuale via Garibaldi, in pieno centro. A ritardare i soccorsi ci fu il problema delle strade, Avezzano era rimasta completamente isolata. I piccoli borghi intorno furono raggiunte solo dopo diverse settimane. “I soldati giunsero per dare man forte alle operazioni di soccorso e mettere in salvo i pochi sopravvissuti. Allestirono un accampamento vicino alla stazione. Una zona, a quei tempi, pressoché disabitata. Non è un caso se proprio lì e nei dintorni della zona, da quelle numerose baracche, si sviluppò, in seguito, il centro di Avezzano – ha ricordato lo storico Giovanbattista Pitoni ascoltato dalla redazione del Capoluogo – Fu costruita, poi, una strada, chiamata via Diagonale, che portava direttamente dal Municipio (non quello esistente) alla stazione. Era chiamata in questo modo poiché era l’unica strada non perpendicolare nella struttura della rete viaria della città”.

terremoto avezzano 1915

Terremoto Avezzano: le testimonianze dell’epoca

Le testimonianze dell’epoca fanno rabbrividire ancora oggi, 108 anni dopo, e raccontano i sentimenti di dolore e distruzione conseguenti il terremoto di Avezzano, come questa raccolta dal Corriere della Sera il 14 gennaio del 1915. “Nicolino Berardi esercitava il mestiere di vetturale e stamane si era recato nella scuderia, essendo stato accaparrato da un viaggiatore per condurlo a Massa d’Albe. Verso le 7,00 -egli ha detto- siamo partiti da Avezzano. Eravamo appena usciti dalla città quando all’improvviso il cavallo, che prima si era arrestato, rampando insolitamente il terreno, si è di nuovo rifiutato di proseguire. Nello stesso tempo si è inteso come un forte rombo. Il viaggiatore ha creduto fosse il rumore del treno; ma uno spettacolo di terrore ci si presentava alla vista. Nella località dove c’eravamo arrestati vi sono, a destra e a sinistra della via, delle cave di breccia e pozzolana che, come mosse da un invisibile, enorme piccone, hanno cominciato a franare. Un istante dopo giungeva fino a noi l’enorme fragore prodotto dalla rovina di numerosi edifici che erano come avvolti in una grande nube. Un bambino di circa anni, nudo, correndoci incontro piangente e spaventato ci ha supplicato di recarci ad aiutare il padre a scavare fra le rovine in una casetta lì prossima, dove erano sepolti alcuni della famiglia sorpresi dal disastro mentre stavano alzandosi dal letto. Noi siamo accorsi, ma mentre stavamo per prestare l’opera nostra, è avvenuta una seconda scossa che ci ha messo in fuga”.

terremoto avezzano 1915

San Luigi Orione fu tra i primi soccorritori. Ancora oggi è ricordato come personaggio mitico. Fu martire dei soccorsi. Dall’archivio centrale dell’Opera Don Orione riemergono alcuni documenti preziosi che ricordano il terribile terremoto della Marsica, tra cui una lettera di Don Roberto Risi, principale collaboratore di Don Orione a Roma. (A questo link l’articolo del Capoluogo).

Tra i tanti venuti in soccorso, anche un’aquilana, l’ostetrica Maria Pacifici, di Paganica. Rimasta vedova a soli 26 anni, Maria aveva chiesto di poter lavorare e le fu offerto un posto nel Comune di Lecce nei Marsi. Maria – insignita della medaglia d’oro nel 1961 – si mosse per aiutare le donne colpite dal sisma a dare alla luce i propri figli. Proprio quel maledetto 13 gennaio, quando la terra continuava a tremare dopo la prima terribile scossa, Maria vide a terra una donna che già conosceva, perché incinta al 9° mese di gravidanza. La donna era morta da poco, una delle 30mila vittime di un sisma assassino. Con lei era morto anche suo marito. Maria Pacifici riuscì a far nascere due gemelli. I piccoli, negli anni successivi al terremoto, furono accuditi dalla stessa ostetrica e dai vicini di casa, per tutto il tempo che poterono; poi furono affidati all’Orfanotrofio di Amatrice.  Non furono solo due le vite nate da tanta distruzione. Gli annali di storia raccontano anche di Fortunata, una bambina venuta alla luce da una mamma coraggiosa, proprio tra le macerie. Madre e figlia, qualche tempo dopo, raggiunsero Roma: Fortunata fu ricoverata in ospedale per alcuni problemi di salute. A farle visita arrivò la Regina Elena, che regalò 500 lire alla bambina, facendole da madrina di Battesimo.
La maggior parte dei feriti venne trasferita in ospedali romani; la “Casa Famiglia Regina Elena” che accoglieva gli orfani del terremoto, nei giorni seguenti, venne subissata di domande da parte di genitori che, non riuscivano a rintracciare i propri figli.
I Bollettini delle ricerche dove venivano stampate le fotografie dei minorenni superstiti, che dovevano essere identificati e dei quali si dovevano rintracciare le famiglie, venivano esposti presso i municipi, le stazioni ferroviarie, le stazioni dei carabinieri e presso i ricoveri dei senzatetto. Superata la prima fase di soccorsi urgenti, il delegato Civile, nel giugno 1915, incaricò l’Ing. Sebastiano Bultrini di compilare il piano Regolatore e di Ampliamento per la ricostruzione della distrutta Avezzano.

106 anni fa il terremoto di Avezzano, tra i primi soccorritori Don Orione

terremoto avezzano

Le celebrazioni ad Avezzano.

13 Gennaio 1915-13 Gennaio 2023, 108 anni di storia, di memoria, ma soprattutto 108 anni che oggi, finalmente, si sono riuniti in un unico racconto. Il valore dell’identità è stato al centro di queste celebrazioni del tragico evento che sconvolse la Marsica, distruggendo quasi totalmente Avezzano, che fu rasa al suolo e la sua popolazione decimata. L’identità di una cittadinanza, di una città, dei suoi sentimenti e dei suoi valori. Una storia interrotta, quella tragica mattina, da una ferita profonda e dolorosa che ha faticato a rimarginarsi.
Le celebrazioni sono iniziate questa mattina al Memorial del Terremoto, il Sacrario sul Monte Salviano, dove davanti al Presidente della Provincia Angelo Caruso, al Vescovo Giovanni Massaro, al senatore Michele Fina, al neo assessore regionale Mario Quaglieri, al Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Avezzano, Luigi Strianese, e ad autorità civili e militari, il Sindaco di Avezzano ha parlato del significato di questa celebrazione e del suo senso portato nell’attualità dei nostri giorni, sottolineando i due valori principali che questa storia ci insegna, ovvero quelli della solidarietà e dell’identità.
“Cosa ci ha insegnato quell’evento? Ci ha insegnato il valore della solidarietà: perché la città che ha sofferto sa aiutare chi soffre – ha detto il Sindaco Di Pangrazio -.  Certamente anche il valore della sicurezza, che vogliamo onorare rendendo i nostri istituti scolastici non solo sempre più belli e moderni ma antisismici. E su questo sapete quanto stiamo facendo e quanto faremo nei prossimi mesi. Ma anche il valore dell’identità che diventa progetto. Oggi consegneremo i lavori per la nuova Piazza San Bartolomeo. Un intervento iniziato mesi fa – ha spiegato il Sindaco di Avezzano – , quando la Soprintendenza dell’Aquila ha portato a termine la prima fase di scavi nell’area in questione. Un’opera di recupero e di ripristino, ma anche un’area che si appresta a tornare luogo di ritrovo degli avezzanesi e, soprattutto, il simbolo di una memoria collettiva che non dovrà essere mai smarrita. La Avezzano moderna, le nuove generazioni, in buona sostanza, grazie a questa azione di recupero e di restituzione alla città di Piazza San Bartolomeo – ha sottolineato – , si riconnettono con la città che fu, con quegli avezzanesi, le vittime e i pochi superstiti, ai quali ora possono stringere idealmente la mano per una storia che si lancia nel futuro, ma avendo ben chiare le proprie origini. Rivivrà l’idea della vecchia chiesa di San Bartolomeo, ci saranno spazi e verde che richiameranno la Città Giardino e tutto sarà simbolo dell’unità e della continuità fra il passato, il presente e il futuro di Avezzano. Perché l’identità o diventa progetto o è solo una fotografia. Per quanto bella – ha concluso -. E la nostra città deve e vuole continuare a battere come cuore della Marsica”.

La manifestazione è poi proseguita al Castello Orsini con la proiezione di un documentario sulla storia e le bellezze di Avezzano e della Marsica, di Angelo Stornelli. Manifestazione che ha visto gli interventi del Presidente della Provincia Caruso, del Senatore Fina e del Vescovo Massaro. Quindi il momento clou delle celebrazioni, ovvero l’apertura, con tanto di svelamento della targa dei lavori, del cantiere per la riqualificazione di Piazza San Bartolomeo. Anche qui il Sindaco ha voluto sottolineare con poche parole l’importanza del momento: “Abbiamo mantenuto una promessa con i cittadini, e questo è importante. Perché la rinascita di questa piazza ci è stata sollecitata da tanti cittadini e da tante associazioni e organizzazioni della città. Oggi partono i lavori – ha detto il Sindaco – che restituiranno alla città un suo luogo fortemente identitario che va a riconnettere la storia di questa città. Un progetto che continuerà con le opere in programma nelle aree del Castello Orsini, di Piazza Torlonia e del Parco Torlonia che deve tornare nella disponibilità del Comune di Avezzano. Prendiamo oggi l’impegno, con la ditta che segue i lavori, e che è di Avezzano – ha concluso – a terminare i lavori entro 100 giorni”. Un impegno, peraltro, che è stato messo in calce sulla targa scoperta e controfirmato dal Sindaco Di Pangrazio, dal Presidente Caruso e dal Senatore Fina. Il Sindaco, infine, ha delegato al dottor Luigi Marino, uno dei principali sostenitori della riqualificazione di Piazza San Bartolomeo, a controllare l’andamento e lo sviluppo dei lavori fino al loro completamento. Una giornata importante, insomma, che ha visto Avezzano, nel ricordo della sua totale distruzione, riaprirsi alla speranza, riconnettendo passato e presente per guardare con fiducia la futuro.

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