Cultura

Tutti i Santi giorni, 20 gennaio: oggi è San Sebastiano, patrono di Navelli

San Sebastiano, patrono di Navelli, per la rubrica "Tutti i Santi giorni" del 20 gennaio. Al MuNDA la scultura di Silvestro dell'Aquila.

San Sebastiano, patrono di Navelli, per la rubrica “Tutti i Santi giorni” del 20 gennaio. Al MuNDA la scultura di Silvestro dell’Aquila.

Il 20 gennaio ricorre la memoria di San Sebastiano. Le notizie su San Sebastiano sono da ricondurre al racconto agiografico che ne fece Sant’Ambrogio, ampliate poi nella Passio Sancti Sebastiani – opera a cura di Arnobio il Giovane, monaco del V secolo – e poi nella Legenda Aurea scritta da Jacopo da Varagine. Nato nel 256 a Narbona, in Francia, fu educato a Milano; si trasferì a Roma dove entrò ben presto a far parte dell’armata di Diocleziano che lo nominò capo dei pretoriani. In realtà, fervente credente, avrebbe volentieri ricusato quella carica che tuttavia mantenne per arrecare soccorso e conforto ai Cristiani perseguitati. I suoi intenti però non passarono inosservati e fu denunciato all’imperatore in persona. Questi, chiamatolo a sé e non ricevendo da parte del soldato l’abiura, lo fece legare a un palo e lo consegnò alle armi degli arcieri di Mauritania. I soldati eseguirono l’ordine e lo credettero morto; ma, la notte, Irene – una cristiana di Roma venuta per dargli pietosa sepoltura – trovò San Sebastiano ancora vivo e lo ricoverò nella sua dimora, dove in breve tempo guarì. Scampato al primo tentativo di martirio, fu nuovamente fatto imprigionare da Diocleziano e, condotto nell’ippodromo del Palatino, fu flagellato a morte e il corpo gettato nella Cloaca Maxima. Nella sua corsa verso il Tevere la tradizione narra che il corpo si impigliò nei pressi della chiesa di San Giorgio al Velabro, dove fu raccolto dalla matrona Lucina che lo trasportò sino alle catacombe sulla via Appia e qui lo seppellì. Era l’anno 288.

San Sebastiano è invocato come patrono delle Confraternite di Misericordia italiane, in qualità di soccorritore dei martirizzati e dei sofferenti; è anche patrono degli Agenti di Polizia Locale e dei loro comandanti, ufficiali e sottufficiali, riconosciuto con Breve apostolico del 3 maggio 1957 di papa Pio XII. Insieme a san Rocco, san Sebastiano viene invocato a protezione contro la peste, perché entrambi sopravvissuti a morte che generava piaghe e ferite, analogamente a quanto faceva la peste.
Nell’aquilano è importante ricordare che San Sebastiano è patrono di Navelli a partire da dopo il 1424, quando papa Martino V annesse la locale chiesa di San Pelino alla diocesi de L’Aquila, sottraendola a quella di Valva e Sulmona. È verosimile ipotizzare che la devozione del paese a San Sebastiano sia da legarsi a una delle numerose epidemie di peste che si abbatterono sull’altopiano (tra cui quella che nel 1654 causò a Navelli più di ottocento morti, preceduta da quella del 1526, estremamente virulenta). La chiesa di San Sebastiano sorge nel 1631, ampliando la medievale San Pelino, di cui recupera la torre con funzioni di campanile; interessante l’ingresso laterale coperto da un loggiato che la raccorda all’attiguo palazzo baronale. L’interno barocco, ricostruito a seguito del terremoto del 1703, si presenta a pianta basilicale a tre navate, con copertura a vele.

Proprio a causa del reiterarsi delle pestilenze, si ebbe una vasta diffusione di sculture e dipinti raffiguranti San Sebastiano, spesso commissionati come ex voto. L’iconografia più diffusa è quella che ritrae il Santo trafitto da frecce e legato al tronco di un albero o a una colonna romana, rimando simbolico al luogo del martirio.
Nella copertina viene presentata la scultura lignea di San Sebastiano realizzata da Silvestro di Giacomo, noto come Silvestro dell’Aquila. Figlio di Giacomo di Paolo, orafo sulmonese, aprì nel 1471 una bottega insieme a Giovanni di Biasuccio. La statua di San Sebastiano fu realizzata nel 1478 per la chiesa di Santa Maria del Soccorso, forse proprio in occasione dell’epidemia che si era diffusa a L’Aquila in quell’anno. La data è confermata da quanto si legge nel basamento dell’opera: dall’iscrizione – “Hoc opus feci fieri Dominicas Antonius de Caprinis de Aquila, 1478” – si evince anche il nome del committente l’abate Domenico Antonio Caprini d’Arischia. L’opera, oggi conservata al MuNDA, è legata all’influenza della statuaria fiorentina vicina al Verrocchio. San Sebastiano è in piedi, legato ad un tronco d’albero e trafitto dalle frecce; viene colto nel momento dell’estasi mistica dovuta al dolore per le ferite, che lo porta a spalancare la bocca, e a cui si mescola il desiderio del martirio esemplificato dallo sguardo rivolto verso l’alto.

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