Camere con vista

Giorgia Meloni a caccia di gas: la primavera gelida del Pd

Camere con vista: la rubrica di Giuseppe Sanzotta. Senza avversari pericolosi la nave del governo Meloni va, nonostante qualche turbolenza nell’equipaggio, nonostante qualche battuta a vuoto.

Camere con vista, l’appuntamento con la rubrica di Giuseppe Sanzotta. Ormai non sorprende più il fatto che su alcune linee strategiche Giorgia Meloni non si discosti dalla linea tracciata dal governo Draghi. Soprattutto sulla questione diventata centrale dall’inizio dell’aggressione russa all’Ucraina: quella energetica.

La prima mosse del governo precedente fu quello di cercare altri fornitori per rimpiazzare la Russia, e cercare di sfruttare al meglio le risorse presenti. Così Giorgia Meloni ha imboccato con decisione la strada tracciata. Il viaggio in Nord Africa, insieme all’Eni e alla Confindustria, ha lo scopo di consolidare e aumentare le importazioni di gas. Non solo ma c’è l’ambizione di fare dell’Italia un hub europeo. Diventare centrali nel portare l’Europa a poter fare a meno delle risorse russe. Inoltre è stata confermata la linea di sfruttare al meglio le risorse presenti sul nostro territorio, confermare il rigassificatore di Piombino, nonostante la protesta della popolazione sia stata guidata da un sindaco di Fratelli d’Italia. La carta in più di Giorgia Meloni è che la sua maggioranza la segue o per convinzione o per forza. Draghi doveva tenere conto delle volontà dei partiti della coalizione. Avrebbe mai potuto parlare di trivellazioni? Sarebbe arrivato il no dei 5Stelle e di parte del Pd. Così come la posizione di Conte sugli aiuti militari all’Ucraina era diventata un ostacolo insormontabile. Ora il governo non ha ostacoli nell’annunciare nuovi invii di armi. Anche Draghi voleva rivedere il 110 per cento. Meloni l’ha fatto. Così come le perplessità sul reddito di cittadinanza erano presenti anche nel vecchio esecutivo, ma lo scontro con i 5Stelle sarebbe stato inevitabile. Ora è stato modificato in modo radicale.
Tornando alla sfida energetica c’è da essere ottimisti, si è arrivati a quell’accordo sui prezzi a livello europeo favorito dl fatto che le riserve accumulate durante l’estate hanno messo l’Europa al riparo dai ricatti. Ora l’obiettivo è più ambizioso, renderci tutti indipendenti da Mosca. Obiettivo che, secondo l’amministrazione delegato di Eni De Scalzi, sarà raggiunto nel prossimo inverno. Giorgia Meloni, che nel valzer delle nomine sembra intenzionata a confermare il vertice Eni, porta a casa un successo. La strada era già stata aperta, ma l’importante era proseguire su quella rotta. Non era così scontato. Un successo che mitiga invece un mezzo passo falso sui prezzi dei carburanti. Per giustificare l’aumento di prezzi, determinato dal mancato rinnovo degli sconti delle accise, si è tirata in ballo una presunta speculazione. Così sono state varate norme che hanno infastidito i gestori che, infatti, hanno reagito con uno sciopero di due giorni. Sciopero che creerà disagi e che con un po’ più di cautela poteva essere evitato.
Per passare a un altro fronte poteva anche essere evitata la polemica sui magistrati e sulle intercettazioni. Tutto maturato all’indomani dell’arresto di Messina Denaro. Il merito non è del governo, ma il governo poteva in qualche modo passare all’incasso. Invece il ministro della giustizia Nordio, a cui Giorgia Meloni ha rinnovato la fiducia, ha insistito sulle sue tesi garantiste aprendo di fatto una polemica di cui il Paese avrebbe dovuto fare a meno. Certo l’opposizione di sinistra alla ricerca di elementi per mostrare la propria presenza ha preso la palla al balzo per lanciarsi in un attacco frontale, che non avrà successo, ma che non giova al governo. Dire la verità, diceva George Orwell, è un atto rivoluzionario. Ma talvolta, in politica, non è opportuno.
A scatenare la bagarre è soprattutto il Movimento 5 Stelle, che sempre più cerca di identificarsi nel partito dei pm. In termini di consenso la cosa paga, soprattutto a spese del Pd che, invischiato nel suo interminabile congresso, è poco presente nel confronto politico. Letta nel suo discorso di addio ha detto che l’inverno del partito sta finendo e che si avvicina la primavera. Ma è una primavera gelida. In discussione non c’è solo una segreteria, ma perfino il nome e l’identità del partito. Una situazione che potrebbe avere delle conseguenze nelle prossime elezioni regionali. Il Pd rischia seriamente di perdere in Lombardia, ma soprattutto di perdere anche il Lazio dopo la decisione dei 5Stelle di presentarsi con un proprio candidato. Se i sondaggi saranno confermati per il nuovo segretario del Pd, che con molta probabilità sarà Bonaccini, l’opera di ricostruzione sarà particolarmente complicata. Dovrà cercare di ricostruire quelle alleanze necessarie per competere, un obiettivo mancato da Letta. Ma il Pd andrà verso Renzi e Calenda o verso i 5Stelle? Qualunque scelta sarà dolorosa, Del resto alle prossime elezioni regionali il Pd è alleato dei 5Stelle in Lombardia ed è contro il terzo polo. Nel Lazio ,invece, è alleato del terzo polo ed è contro i 5Stelle. Come uscire da questa situazione? Sarà questo il vero problema del nuovo Pd. Senza avversari pericolosi la nave del governo va, nonostante qualche turbolenza nell’equipaggio, nonostante qualche battuta a vuoto.

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