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Morte Juan Carrito, parla il Pnalm: Sempre lavorato per la sua sicurezza, era il nostro simbolo

"In questi anni per la libertà e la tutela di Juan Carrito abbiamo portato avanti una vera e propria battaglia". L'intervista del Capoluogo a Luciano Sammarone, direttore del Parco Nazionale d'Abruzzo.

“Abbiamo fatto tutto il possibile per tutelare Juan Carrito, per noi era il simbolo del Parco. Purtroppo non è la prima volta che un orso trova la morte su queste strade. In sinergia con i Carabinieri Forestale e con i colleghi del Parco Maiella abbiamo sempre lavorato in questi anni per monitorarlo e garantirgli una vita sicura. L’alternativa – da noi scongiurata – era che finisse in gabbia, per la sua libertà abbiamo portato avanti una vera e propria battaglia”. A parlare, sentito dal Capoluogo.it, è Luciano Sammarone, Carabiniere Forestale e direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Juan Carrito, l’orso bruno marsicano simbolo dell’Abruzzo, non c’è più. È morto in seguito all’incidente avvenuto sulla statale 17, a Castel di Sangro, intorno alle 18 di lunedì 23 gennaio. La Opel Corsa bianca che ha investito l’orso è andata completamente distrutta nell’impatto. A bordo c’erano 3 giovani che, fortunatamente, non hanno riportato gravi conseguenze. L’autista, una donna, si è subito fermata. “È sbucato all’improvviso”, avrebbe detto. L’agonia dell’animale è stata ripresa anche in diversi video condivisi sul web e sui social. “Che vergogna quei video: perchè è stata mostrata impietosamente l’agonia di Juan Carrito?”. Il direttore del Parco Sammarone ha condannato quelli che hanno ripreso l’agonia di Carrito e l’hanno ripostata sui social.
In un primo momento non era chiaro di quale orso si trattasse, poi le marche auricolari alle orecchie, che hanno sostituito il vecchio radiocollare, ne hanno permesso il riconoscimento. Nel tempo era diventato famoso sul web per le sue scorribande, avvistato in diversi comuni che gravitano intorno al Parco, sempre in cerca di cibo.

L’intervista del Capoluogo.it a Luciano Sammarone. 

“Perchè Carrito fosse su quella strada – a circa 40 km dai confini del Parco – non lo sapremo mai”. chiarisce Luciano Sammarone. “Questa è la stagione del letargo per gli orsi, ma le sue condizioni fisiche lo portavano alla continua ricerca del cibo: Carrito pesava quasi 160 kg, quando un esemplare di quell’età ne dovrebbero pesare massimo 90. Quando lo abbiamo preso, la prima volta, nel 2021, aveva già raggiunto i 40 kg di peso, a differenza dei suoi fratellini, gli altri figli dell’orsa Amarena, che ne pesavano circa 15. Siamo sollevati che non ci siano state altri gravi conseguenze: perchè un simile impatto avrebbe potuto causare anche il ferimento grave degli occupanti dell’automobile”.
Qual’è il lavoro che porta avanti l’ente Parco per tutelare gli orsi e la fauna selvatica che gravita nel territorio?
“In questi anni, dai primi avvistamenti di Carrito abbiamo lavorato per mettere in sicurezza le strade. Un lavoro di squadra, sinergico, portato avanti anche con l’Anas e con 2 Ong importantissime come il WWF e Salviamo L’orso. Sono stati creati dei sottopassi, uno dei quali si trova a pochi metri da dove è avvenuto l’incidente che consentono agli orsi di muoversi indisturbati o comunque di non entrare in contatto con le automobili o con i mezzi pesanti che transitano da queste parti tutti i giorni. Nel 2019 vicino il luogo dell’incidente era stata investita e uccisa un’orsa femmina, qualche anno prima un altro esemplare era stato investito e ucciso vicino il bivio di Rivisondoli, per questo abbiamo cercato di migliorare la convivenza con la creazione di strade ‘alternative’, proprio per tutelare il nostro patrimonio faunistico e garantire una pacifica e sicura convivenza con gli uomini“.

L’ultimo avvistamento di Juan Carrito risale ai primi giorni del 2023; poco prima di capodanno, l’orso diventato caro al web proprio per le sue scorribande in cerca di cibo era stato visto anche vicino il ristorante dello chef stellato Niko Romito. “Il 7 gennaio l’orso aveva attaccato un allevamento di animali da cortile uccidendo alcune oche. Noi lo avevamo sempre monitorato, ma da qualche giorno era sparito dalla circolazione. La notizia del suo investimento ci ha rattristato profondamente: faremo sempre il possibile, con i mezzi che abbiamo, ma dobbiamo ricordarci che parliamo di fauna selvatica, di grosse dimensioni”, continua Sammarone.
Come si fa a trovare un equilibrio tra fauna selvatica, persone e cose, in un contesto come un Ente Parco? “Ci viene chiesto continuamente di cercare un equilibrio: questo è sempre stato l’obiettivo primario dell’Ente Parco. Proprio per lavorare in assoluta efficenza e per migliorarsi, lo scorso settembre siamo stati con un gruppo di lavoro in Canada, per vedere come si comportano con questo tipo di animali. Lì non sono previsti indennizzi per questo tipo di incidenti, le recinzioni elettrificate sono a spese del privato cittadino che le installa per tutelare se stesso ed eventuali animali padronali. Noi per quello che possiamo e per le nostre competenze cerchiamo di tutelare animali e persone, ma siamo con le mani legate. I nostri guardia parco ad esempio non possono e non hanno competenze sul codice della strada, non possono fermare automobilisti e motociclisti se non per verifiche su eventuali attività di bracconaggio”. Il paradosso di quest’ultimo episodio che ha portato alla morte di Carrito è che se avesse percorso altri 20 metri avrebbe trovato il sottopasso: “Perchè è rimasto sulla statale? Perchè non era in letargo? Perchè pesava di più rispetto ad altri esemplari della sua specie? Sono domande lecite, ma alle quali – purtroppo – non sapremo mai dare una risposta”. 

Addio Juan Carrito: è morto investito l’orso più famoso d’Abruzzo

 

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