Cronaca

Cospito al 41 bis, si aggravano le condizioni dell’anarchico abruzzese: “Rischia la vita da un momento all’altro”

Già in sciopero della fame dallo scorso ottobre, l'anarchico abruzzese costretto al 41 bis sviene in doccia e si frattura il naso. Il medico: "Può correre rischio di vita da un momento all'altro".

Già in sciopero della fame dallo scorso ottobre, l’anarchico abruzzese costretto al 41 bis sviene in doccia e si frattura il naso. Il medico: “Può correre rischio di vita da un momento all’altro”. Intanto si allarga la mobilitazione, l’appello di Alleanza Verdi e Sinistra al ministro: “Si revochi il 41 bis”.

Alfredo Cospito, anarchico abruzzese in sciopero della fame dall’ottobre scorso, è svenuto nel carcere di Sassari, dov’è detenuto in regime di 41 bis, provocandosi la rottura del setto nasale e conseguente emorragia che lo ha ulteriormente debilitato. In un’intervista a ‘Radio Onda d’Urto’, l’emittente radiofonica a cui il Dap l’aveva diffidata a parlare nei giorni scorsi dopo le visite nel carcere di Sassari, la dottoressa Angelica Milia spiega che “ieri sera Alfredo Cospito, che ha sempre molto freddo perché la termoregolazione è andata, ha avuto l’idea di farsi una doccia alle 23 e 30 e a causa di un crollo della pressione, è caduto sul piatto della doccia e si è fratturato il naso. È stato portato al Pronto Soccorso dove hanno ridotto la frattura – prosegue – e poi riportato in carcere. L’emorragia è stata forte, aveva la maglietta tutta sporca di sangue, anche perché i valori dell’emocromo sono bassi e il numero delle piastrine è ridotto. La situazione è in discesa, può correre il rischio di vita da un momento all’altro“.
Intanto si allarga il fronte della mobilitazione, con il gruppo di Alleanza Verdi e Sinistra che ha chiesto la revoca del 41 bis a Cospito, con un intervento in Aula di Montecitorio di Marco Grimaldi: “Meno di quaranta chili, dieci persi solo l’ultima settimana. Siamo davanti alla cronaca di una morte annunciata, lo dice il quadro clinico di Alfredo Cospito, in sciopero della fame da più di 100 giorni per protestare contro il regime del 41 bis a cui è sottoposto nel carcere di Sassari. Questo quadro clinico vorrebbe essere seppellito nel silenzio e per questo ci chiediamo e chiediamo al ministro Nordio, perché diffidare la dottoressa Milia e che cosa c’entra una censura sul suo stato di salute con il regime del 41 bis. È orribile lo spettacolo di un uomo che si lascia morire, ma più orribile ancora, è immaginare che venga lasciato morire da istituzioni che tacciano e che rischiano così di apparire ciniche e vendicative”.
Anche a L’Aquila, in occasione di un’udienza a carico di manifestanti che avevano protestato davanti al Tribunale contro il 41 bis a carico della brigatista Nadia Lioce, gli attivisti avevano acceso i riflettori sulla drammatica situazione del detenuto.

Chi è Alfredo Cospito.

Nato a Pescara nel 1967, Alfredo Cospito si è poi trasferito a Torino, entrando in contatto con la Fai-Fri, Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale, a cui aderisce insieme alla compagna. Nel 2014 è stato condannato a 10 anni di carcere per aver gambizzato Roberto Adinolfi, amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare. Mentre era in carcere, la seconda accusa: quella di aver piazzato, nel 2006, due pacchi bomba davanti alla Scuola allievi Carabinieri di Fossano (Cuneo). L’esplosione non provocò vittime, né feriti, ma l’uomo viene condannato ad altri 20 anni, mentre la compagna a 16. Mentre per Cospito si era trattato di un gesto dimostrativo compiuto in piena notte, per il Tribunale l’assenza di vittime è stata una “mera casualità”.
Nel 2022, infine, arriva l’ergastolo, con la decisione della Cassazione che riqualifica il reato chiamando in causa la “sicurezza dello Stato” e prevedendo l’ergastolo anche per attentati senza vittime. Sempre nel 2022 per Cospito scatta il 41 bis e il conseguente sciopero della fame partito a ottobre dello stesso anno.

Come funziona il 41 bis.

Si tratta di un articolo dell’ordinamento penitenziario, introdotto nel 1986, che prevede un regime carcerario “duro” per particolari tipi di detenuti. Inizialmente prevista come norma temporanea per situazioni straordinarie, come le rivolte carcerarie, il 41 bis è stato poi prorogata per le stragi di mafia e allargata al terrorismo, fino al 2022, quando è stata abrogato il carattere di temporaneità, diventando parte integrante dello stesso ordinamento. Oggi sono diversi i reati che prevedono l’applicazione del 41 bis, che viene stabilita dal Ministero della Giustizia, sentito anche il Ministero dell’interno. Il carcere duro è applicabile per delitti di associazione per delinquere di stampo mafioso, terrorismo, induzione alla schiavitù, induzione alla prostituzione minorile, contrabbando di tabacchi e traffico di stupefacenti. La norma è applicabile anche a delitti di violenza sessuale di gruppo e sequestri a scopo di rapina ed estorsione.
La detenzione in regime di 41 bis prevede il totale isolamento del detenuto, che viene ospitato in una cella singola e non ha accesso ai luoghi comuni, a parte l’ora d’aria, concessa solo per alcuni tipi di reati, per due ore al giorno e comunque in isolamento. È prevista una sorveglianza continuata da parte di uno speciale corpo di polizia penitenziaria, che non ha contatti con gli altri operatori. I controlli vengono effettuati anche sulla posta, in entrata e in uscita, che viene aperta e autorizzata, prima di arrivare al detenuto. Un solo colloquio al mese è previsto con i famigliari, comunque in un ambiente protetto e diviso da un vetro che impedisce ogni contatto fisico. In alternativa è concesso un colloquio telefonico, sempre a cadenza mensile. Nessuna limitazione, invece, per i colloqui con gli avvocati.
Forti restrizioni sono previste anche per il denaro e gli oggetti (dai libri ai quaderni e penne) che il detenuto può tenere in cella, dov’è prevista una tv, ma a canali bloccati. Oltre a quanto stabilito dall’articolo 41 bis, su quanto ammesso in cella c’è anche il parere della direzione carceraria, che può decidere di escludere anche alimenti o vestiti. A L’Aquila, per esempio, d’inverno è consentito l’utilizzo di giacche imbottite, considerate le temperature, mentre in altri penitenziari no. Limiti anche per il numero di foto che si possono appendere in cella.

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