L'approfondimento

Depressione post partum tra tabù e super donne: chiedere aiuto non è una vergogna

Depressione post partum, sintomi e paure dopo la gioia di un bambino. Ma confessare i propri disagi è ancora un tabù: perché tanta vergogna?

“Ogni volta che nasce un bambino, nascono un padre e una madre”.
Ma quella madre è pronta? Il buio della depressione post partum.

Un interrogativo sempre attuale. Solo una settimana fa affrontavamo il tema relativo alle difficoltà che affronta una neo mamma, spesso soffocata dal mito della super donna, in merito alla tragica morte di un neonato all’ospedale Pertini di Roma e alle polemiche (social) conseguenti. Adesso, a pochi giorni dal via della nuova edizione del Festival di Sanremo, è l’artista Levante a sollevare un tema ancora troppo spesso tabù nella nostra società, quello della depressione post partum. Sintomatologia di cui tratta la sua canzone in gara.
«Ho scritto questa canzone a tre settimane dal parto, ero nel buio totale», ha dichiarato l’artista in un’intervista a L’Espresso.
«Oggi il tema resta molto delicato, se ne parla in maniera troppo superficiale. Il periodo che segue il parto è molto complicato per noi donne, devi fare i conti con un corpo che non è più tuo. È diventato una casa».
Le sue parole sembrano l’eco conseguente all’incipit del libro di Carlos González, medico pediatra spagnolo, presidente dell’ACPAM, l’Associazione Catalana per l’allattamento materno. “Ogni volta che nasce un bambino, nascono anche un padre e una madre”. Già.
Ma come e quando nasce la depressione post partum? Ne abbiamo parlato con la psicologa e psicoterapeuta aquilana Chiara Gioia.

“La depressione insorge a qualche settimana dalla nascita del bambino, ma naturalmente pianta i suoi germi anche nelle settimane precedenti al parto, quindi durante il complesso periodo della gravidanza”, spiega Chiara Gioia.
L’IMMAGINE DELLA SUPER DONNA E LA DEPRESSIONE TABÙ
“L’immagine comune è quella che vede la donna riuscire a fare tutto, a conciliare tempi e impegni: tra lavoro, casa e famiglia. Questa donna spesso si sente a disagio nel manifestare le problematiche che sta affrontando. Perché questa donna sente di non poter cedere? È d’obbligo precisare che chi soffre di depressione post partum non ‘cede’ dinanzi a nulla: semplicemente, manifestando i disagi provati, è come se richiedesse di essere considerata anche in quanto persona, oltre che nel proprio ruolo di madre.
Poiché non bisogna pensare che una neo mamma si annulli nel suo essere altro rispetto al ruolo di genitore. Dietro il bambino e dietro, quindi, quel lieto evento appena avvenuto, c’è una persona adulta che ha anche delle fragilità. Avere un figlio non vuol dire che i nostri numerosi personaggi psichici si annullino. Quindi, perché non si chiede a una madre come sta, oltre a chiederle del suo bambino? Perché non le si chiede se ha bisogno di aiuto?”

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“Storicamente, quando nasceva un bambino, erano le nonne nei primissimi giorni a prendersi cura del piccolo. Sicuramente tra madre e figlio c’è una simbiosi, un legame indissolubile, ma la vita di ogni donna viene stravolta alla nascita di un figlio: per questo occorrerebbe prestare maggiore attenzione all’emotività della donna. Le sue emozioni e i suoi desideri non devono passare in secondo piano. La donna deve avere un sostegno, senza per questo sentirsi debole. 

FRAGILITÀ NON AFFRONTATE
“Anche quando partorisce la donna – oltre a vestire il nuovo habitus di madre – continua ad essere: figlia, sorella, moglie o compagna, amica, collega. E se, magari, vive da tempo una situazione segnata da diverse fragilità, la nascita di un figlio non annulla tutto questo, anzi. Quelle stesse fragilità vengono messe da parte: è come se fossero chiuse in un cassetto, ma non scompaiono nel nulla, né all’improvviso. Si tratta di fragilità che andrebbero attenzionate. Ciò ci fa capire, quindi, come la depressione post partum non sia legata solo ed esclusivamente alla nascita di un bambino – evento che la donna interpreta e decodifica positivamente – ma, molto probabilmente, ci sono delle fragilità pregresse che, se mai affrontate prima, assumono proprio la forma della depressione post partum”. 

IL RAPPORTO CON IL ‘NUOVO’ CORPO
“Parlando di depressione post partum, poi, va considerato naturalmente anche il rapporto con il proprio corpo. Infatti, il corpo della donna si trasforma, accoglie – continua Chiara Gioia – quindi, quando giunge il momento dell’accoglienza vera e propria esplode questo processo di trasformazione fisica che alcune donne vivono male. In questi casi, quanto è maturato, a livello psichico, il concetto di essere madre? Quanto la donna si sente pronta? Capita che possa venire a mancare quella sintonia che, generalmente, sorge spontanea e che i cambiamenti nel proprio corpo generino profonde difficoltà”. 

COME INTERVENIRE
Se la depressione non viene riconosciuta e identificata, questa interferisce anche con le capacità della donna di instaurare interscambi positivi con il bambino. E ciò potrebbe comportare, a lungo termine, conseguenze disfunzionali a livello emotivo e sociale per il bambino. Per questo l’attaccamento della madre, anche nei primi momenti, è di fondamentale importanza. Per questo è importante prevenire, intercettare ogni segnale. Come?
Si potrebbe pensare, ad esempio, a programmi di screening per individuare le donne che abbiano disagi e fragilità; o ancora si potrebbe fare maggiore formazione sul tema, penso, ad esempio, ai corsi pre parto. Sarebbe importante che trattassero tematiche simili, poiché aiuterebbero le donne – alle prese con qualche difficoltà emotiva – a chiedere aiuto. A volte non si chiede perché si pensa di essere sbagliate e si teme il giudizio della gente.
Ma bisognerebbe sempre ricordare che ciò che conosciamo possiamo gestirlo, ciò che non conosciamo, al contrario, ci gestisce – conclude Chiara Gioia – Non bisogna accantonare simili disagi, altrimenti questi prenderebbero il sopravvento”. 

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