Cultura

Tutti i Santi giorni, 5 febbraio: oggi si festeggia Sant’Agata

Sant'Agata, invocata anche contro i terremoti, e l'affresco nella chiesa di Castelvecchio Subequo. "Tutti i Santi giorni" del 5 febbraio.

Sant’Agata, invocata anche contro i terremoti, e l’affresco nella chiesa di Castelvecchio Subequo. “Tutti i Santi giorni” del 5 febbraio.

Il 5 febbraio si celebra la memoria di Sant’Agata. La storiografia fa risalire la nascita di Agata all’8 settembre 235 o al 229, a San Giovanni Galermo, un quartiere di Catania, da famiglia ricca e nobile. Appena quindicenne si consacrò a Dio e ben presto cominciò ad avere vita attiva all’interno della comunità cristiana catanese dove era diaconessa, ossia preparava i giovani a ricevere i sacramenti.
Tra il 250 e il 251 il proconsole Quinziano, giunto a Catania anche con l’intento di far rispettare l’editto dell’imperatore Decio – che ordinava ai cristiani la pubblica abiura della fede – si invaghì di Sant’Agata e, saputo della consacrazione, le ordinò di ripudiare il Cristianesimo e sacrificare agli idoli pagani. Al rifiuto della giovane, fu affidata per un mese alla cortigiana Afrodisia e alle sue figlie, affinché la piegassero attraverso pressioni e minacce ai voleri del proconsole: gli storici ipotizzano che Afrodisia fosse una sacerdotessa di Venere o di Cerere e pertanto dedita alla prostituzione sacra.
Rivelatosi inutile il tentativo di corromperne i principi, Quinziano convocò Agata presso il palazzo pretorio e la pose sotto processo, per poi destinarla al carcere. Qui venne sottoposta a efferate torture: dapprima fustigata, poi legata a testa in giù le furono recisi i seni con una tenaglia.  Secondo la Legenda Aurea nella notte la giovane venne visitata da San Pietro che la risanò, ma dovette subire nuove prove, e infine fu sottoposta al supplizio dei carboni ardenti. Mentre cominciava quest’ultimo supplizio, l’Etna cominciò a eruttare e un terremoto scosse la terra, così il popolo di Catania supplicò il proconsole di liberare la vergine. Sant’Agata fu ricondotta in prigione e il 5 febbraio 251 si spense nella sua cella.
Le sue reliquie furono trafugate e condotte a Costantinopoli nel 1040; nel 1126 due soldati dell’esercito bizantino, Gilberto e Goselino, le rapirono per consegnarle al vescovo di Catania Maurizio nel Castello di Aci, da dove furono riportate nel Duomo il 17 agosto e dove sono tutt’oggi conservate, insieme al suo velo.

La tradizione narra che durante il martirio con i carboni ardenti la Santa fu coperta da una donna con il suo velo, di colore rosso scuro. Proprio questo oggetto nel corso dei secoli venne più volte portato in processione come rimedio per fermare la lava dell’Etna. In realtà è probabile che il velo rosso fosse parte del vestiario con cui Agata si presentò al giudizio: si trattava infatti dell’abito delle diaconesse consacrate a Dio, una tunica bianca su cui poggiava il velo scarlatto. Altre leggende narrano che Il velo della santa, lungo circa 4 metri, era originariamente bianco, ma avvicinato alla lava rovente o ai carboni ardenti del martirio, divenne rosso cupo.

Sant’Agata e i terremoti.

La Santa, oltre che invocata come protettrice dalle eruzioni dell’Etna, viene invocata anche durante le altre catastrofi naturali, quali terremoti e pestilenze. La tradizione vuole che gli eventi calamitosi avvenuti a Catania negli anni 1231, 1357, 1444, 1575, 1669, 1693, 1743 e 1886 si siano risolti sono per intercessione di Sant’Agata.
Nell’iconografia, la Santa è presentata con i simboli e gli elementi del martirio: il giglio della purezza, la palma del martirio, le tenaglie e il seno reciso. La più antica raffigurazione di sant’Agata è un mosaico nella chiesa di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, della metà del VI secolo, in cui è in piedi, vestita dell’abito delle diaconesse, la lunga tunica e il velo rosso.
Nell’immagine di copertina si riporta l’affresco raffigurante Sant’Agata, presente nella omonima chiesa di Castelvecchio Subequo: l’edificio sorge con buona probabilità sui resti di un antico tempio dedicato a Ercole di cui sono ancora visibili cospicui lacerti del basamento, grossi lastroni modanati, databili al I secolo a. C.. Annesso al tempio è probabile ci fosse un impianto termale, come testimonia una copiosa sorgente che oggi alimenta la fontana medievale posta ai piedi del paese e che lascia ipotizzare che in questo luogo venissero praticati rituali idrici e scopo sacrale e terapeutico, gli stessi rituali che la tradizione popolare pratica ancora oggi in onore della Santa. Le donne del paese e del circondario compiono il rito taumaturgico dell’immersione delle pagnotte di Sant’Agata, pani a forma di seni femminili, che poi consumano con devozione. Un tempo erano anche solite scoprirsi il busto e procedere con abluzioni rituali sia di carattere taumaturgico (a protezione dalle malattie legate alla mammella) sia propiziatorio, poiché Sant’Agata è considerata protettrice del latte materno.

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