Politica

Legge elettorale, Marsilio: “Nessuna compressione delle minoranze”

Il presidente Marsilio giudica infondato il timore dell'Ufficio legislativo sulla nuova legge elettorale: "Il premio di maggioranza non si somma ai seggi, ma scatta come correttivo nel caso non si raggiungano almeno 18 seggi".

Il presidente Marco Marsilio giudica infondato il timore dell’Ufficio legislativo del Consiglio regionale sul rischio compressione per le minoranze: “Il premio di maggioranza non si somma ai seggi, ma scatta come correttivo nel caso non si raggiungano almeno 18 seggi”.

“La preoccupazione espressa dall’ufficio legislativo del Consiglio regionale che la riforma della legge elettorale ‘potrebbe comprimere o vanificare la rappresentanza delle minoranze’, non prevedendo più un limite massimo agli eletti della maggioranza, è assolutamente infondata”. Così il presidente Marco Marsilio, a seguito dei rilievi mossi dall’ufficio legislativo. “Stiamo predisponendo una motivata e argomentata controdeduzione – prosegue il presidente – che depositeremo agli atti della commissione consiliare presieduta da D’Annuntiis, che intanto ringrazio per aver dato impulso alla discussione. Discussione che spero affronti il merito della questione e porti entro poche settimane ad approvare un testo, con almeno un anno di anticipo rispetto al prossimo rinnovo. Ho iniziato un anno fa a parlare della legge elettorale, depositando un testo già quattro mesi fa, con l’obiettivo di sottrarre dal campo delle polemiche l’argomento che starei cambiando la legge in prossimità del voto per trarne un vantaggio di parte. Il mio unico obiettivo è avere una legge che aiuti a selezionare la migliore classe dirigente e faccia crescere l’Abruzzo. In questo senso va la proposta più qualificante, che è quella del collegio unico regionale”.

“Quanto al timore espresso in forma dubitativa dall’ufficio legislativo, – precisa Marsilio – si fonda su un errore che presto fugheremo con una nota di risposta argomentata, e che in sintesi anticipiamo. Non c’è alcun pericolo che il premio di maggioranza si vada a sommare ai seggi conquistati dalla maggioranza in misura tale da ‘comprimere’ in maniera illegittima la rappresentanza della minoranza. Questo, per il semplice fatto che il premio di maggioranza non si ‘somma’ ai seggi della maggioranza, ma scatta solo come ‘correttivo’ nel caso in cui la maggioranza non abbia conquistato almeno 18 seggi (pari al 60%), e serve solo a raggiungere quella ‘soglia’ per garantire la governabilità, che è un principio fondamentale della legge elettorale al pari della tutela delle minoranze. La previsione di un numero massimo di seggi da assegnare alla maggioranza è probabilmente frutto di un effetto ‘trascinamento’ dalla vecchia legge, che prevedeva la presenza di un listino bloccato che fungeva da ‘premio di maggioranza’: in quel caso, la previsione di un ‘tetto’ era opportuna e serviva proprio a evitare che il premio di maggioranza distorcesse eccessivamente il risultato sottraendo troppi seggi alla minoranza. Nella mia proposta questa necessità non si pone, perché – ripeto – il ‘premio’ scatta solo se chi ha vinto ha conquistato meno di 18 seggi, e alla minoranza rimane il restante 40% dei seggi (più che sufficienti per esercitare le sue prerogative). L’eliminazione dell’ormai inutile ‘tetto’, oltre a rappresentare un fatto ‘tecnico’ di adeguamento della normativa alla realtà attuale, obbedisce anche all’esigenza di prevenire una distorsione in senso contrario: sarebbe assai curioso, infatti, che se una maggioranza conquistasse con il consenso popolare più di 18 seggi, dovrebbe rinunciarvi venendosi così a ‘gonfiare’ la rappresentanza della minoranza. Difatti, non esiste legge elettorale regionale o nazionale che preveda un limite ai seggi che un partito o una coalizione possa conquistare, ed esempi anche recenti (le elezioni in Veneto, Campania…) caratterizzati da un forte successo del vincitore attribuiscono i seggi in proporzione ai voti ottenuti. In tal caso, è pleonastico aggiungerlo, il ‘premio di maggioranza’ non scatta perché non ce ne è bisogno. Inutile dire che tutte queste leggi sono costituzionali, legittime e pienamente vigenti ed efficaci. Incomprensibile è poi il riferimento al numero dei candidati delle liste, che in nessuna maniera incide o condiziona il riparto dei seggi, riparto che avviene separatamente e senza alcuna relazione con la lunghezza della lista”.

“Marsilio furibondo per le osservazioni, – commenta il capogruppo Pd Silvio Paolucci – attacca l’Ufficio legislativo della Presidenza del Consiglio regionale, reo di aver ritenuto la sua proposta di legge regionale in conflitto su più punti con lo Statuto della Regione e altre normative, come anche noi avevamo affermato. All’Ufficio, che ha competenze di lungo corso in materia di legislazione regionale, giunga la nostra piena solidarietà: mai abbiamo visto un rappresentante istituzionale spogliarsi di tale ruolo per vestire i panni dell’accusatore politico contro la struttura regionale che egli stesso rappresenta, ma è questo che accade quando il ruolo politico prevale sull’interesse pubblico. Risponde mostrando i muscoli e giustificandosi che l’unica intenzione della legge è quella di selezionare la migliore classe dirigente possibile, applicando così la più classica versione della excusatio non petita, accusatio manifesta – conclude Paolucci – Fa tutto da solo, senza considerare che i sindaci hanno già bocciato il suo testo e che l’Ufficio legislativo lo ha semplicemente invitato a rispettare le regole, ricordando che non può cambiarle a proprio piacimento. Un consiglio che andrebbe ascoltato, specie quando l’unico intento, a poco tempo dal voto, è quello di avvantaggiare il centrodestra attualmente al potere per continuare a detenerlo”.

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