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Le nuove stanze della poesia, Edoardo Sanguineti : la storicità della lingua

16 febbraio 2023 | 08:59
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Le nuove stanze della poesia, Edoardo Sanguineti : la storicità della lingua

Per l’appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone il profilo di Edoardo Sanguineti: poeta, scrittore, critico e politico italiano, fece parte del Gruppo 63.

Sul sito della Galleria Arte Moderna di Torino si legge di una mostra dedicata ad Edoardo Sanguineti dal titolo: “Il volto del Poeta” che è esposta da 7 dicembre 2022 al 19 febbraio 2023 a cura di Allasia e Federico Sanguineti. Una mostra realizzata in collaborazione con Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Studi Umanistici, Centro Studi Interuniversitario Edoardo Sanguineti .

La GAM di Torino dedica a Edoardo Sanguineti – poeta, regista, romanziere, sceneggiatore, traduttore, critico, drammaturgo, attore, autore teatrale, scrittore per musica, docente universitario, politico, raffinato intellettuale e tra i maggiori protagonisti e interpreti della contemporaneità – una mostra negli spazi della Wunderkammer che raccoglie diverse opere, tra cui alcuni ritratti, che gli amici artisti avevano dedicato al grande poeta. La celebrazione della sua figura si colloca all’interno di SanguiNetwork: ritratto del secolo breve, progetto di rilevante interesse nazionale promosso dal Centro Interuniversitario Edoardo Sanguineti del Dipartimento di Studi Umanistici presso l’Università degli Studi di Torino.

Il percorso in mostra si propone di ricostruire, attraverso una selezione di opere della ricca collezione privata di Casa Sanguineti, tutti quei rapporti che nel corso del tempo hanno alimentato l’amicizia con intellettuali e artisti , a volte celebri o celebratissimi, a lui contemporanei, protagonisti della Storia culturale e artistica dello scorso secolo. Un rapporto che viene pienamente descritto anche dalle molte pagine che Sanguineti ha dedicato al mondo dell’arte da cui traspare la profonda relazione esistente tra le immagini e la parola letteraria che svela, appunto, il Volto del poeta.

Per Sanguineti “la storicità della lingua, per la sua concettualità stessa, comporta consapevolezza. […] Oggi, se può esistere una pittura selvaggia e forse anche una musica selvaggia, una scrittura selvaggia non si può dare”. Se talvolta è l’arte a trarre ispirazione dai suoi versi e dalle sue prose, in altri casi è lo scrittore a dedicare poesie e pagine critiche agli amici artisti. E ancora, se la firma del poeta spesso appare in calce alle presentazioni dei cataloghi di mostre ed esposizioni, in altri casi sono gli artisti a illustrare le sue raccolte poetiche, a conferma di un fitto dialogo intermediale e di un incessante sperimentalismo che rappresentano le caratteristiche fondanti della ricerca sanguinetiana. In mostra più di 40 opere eseguite, tra gli altri, da Emilio Vedova, Enrico Baj, Pietro Cascella, Ugo Nespolo, Carol Rama, ciascuna affiancata da un testo di Sanguineti che evoca lo stretto rapporto di amicizia e il sentimento fraterno con gli artisti. Si tratta di frammenti di saggi, poesie, sonetti ma anche curiosi e divertenti giochi di parole costruiti sui nomi degli artisti.

Edoardo Sanguineti (Quinto al mare, 9 dicembre 1930 – Genova, 18 maggio 2010). Nel 1934 si trasferisce con i genitori a Torino. L’incontro con Albino Galvano, suo docente al Liceo d’Azeglio, ravviva i suoi interessi per le arti figurative e lo spinge a frequentare, dagli anni 50, i più importanti rappresentanti dell’avanguardia (Enrico Baj, Carol Rama e Mario Persico, tra gli altri), dei cui lavori diviene critico e divulgatore, oltre che appassionato collezionista. Nel 1954 sposa Luciana Garabello, da cui avrà i figli Federico, Alessandro, Michele e Giulia. Nel 1956 esordisce come poeta con Laborintus e discute con Giovanni Getto la tesi di laurea in Lettere Interpretazione di Malebolge, pubblicata nel 1961, dopo un’importante revisione. Nei primi anni 60 diventa assistente volontario di Getto, inaugura la collaborazione con Luciano Berio e viene incluso da Alfredo Giuliani nell’antologia I Novissimi. Nel 1963 partecipa all’istituzione del Gruppo 63 e consegue la libera docenza all’Università di Torino, da cui è costretto ad allontanarsi per trasferirsi sulla cattedra di Salerno, dove resterà per quattro anni prima di tornare a Genova. Tra gli anni 60 e 80 avvia un’intensa attività giornalistica, dedicandosi parallelamente alla politica come consigliere comunale a Genova per il PCI e Deputato alla Camera nelle liste degli indipendenti. Sanguineti non si stanca mai di sperimentare modi espressivi e pratiche comunicative: negli anni successivi viaggia per l’Europa e per il mondo, proseguendo la carriera letteraria con una costante apertura nei confronti delle arti e dei media. Muore nel 2010 a Genova. Scriveva Edoardo Sanguineti : “Personalmente, ho paura della poesia. Può stupire che mi esprima così, dal momento che scrivo versi, tutto sommato lo faccio per abitudine. Se in letteratura ci si occupa della sperimentazione di vari generi letterari e si scrive anche di prosa, saggistica, teatro, il nome che più onora è sempre quello di poeta e quindi si passa dagli occhi degli altri, volenti o nolenti, in primo luogo per poeti.
Mi preme sottolineare che avere paura della poesia è un gesto di grande saggezza, prudenza, cautela. La poesia non è una cosa morta, ma vive una vita clandestina

Vivendo per capire perché vivo, scrivo anche per capire perché scrivo: e vivo per capire perché scrivo, e scrivo per capire perché vivo.
e mi viene questa emorragia di parole):
(io sono le mie
lettere, in sostanza: e sono il mio scartabello):
io sono il surrogato di me stesso:

La lettera in versi è uno dei modi tipici della poesia di Edoardo Sanguineti – cartoline, in realtà, più che vere e proprie lettere. “Sanguineti è l’ultimo intellettuale del Novecento”, questo il giudizio perentorio di Romano Luperini, che spiega come, nonostante la sua costante parzialità, la vocazione di Sanguineti è ancora quella a essere un intellettuale “universale”, la cui attività – vale a dire la costante vocazione al sabotaggio e alla contestazione – può essere compresa solo all’interno di una battaglia ideologica volta a sostenere la verità del materialismo storico. Non a caso (e siamo ancora negli anni ’90), in un resoconto di una visita a casa di Gombrowicz, Sanguineti identifica proprio la verità, e non la bellezza, come scopo dell’arte: “e se le opere dei grandi hanno grandezza – scrive – e semplicemente se hanno un senso, è perché arrivano a testimoniare, se mai pervengono a testimoniare, del dolore irrimediabile degli uomini. Non è un problema di estetica, infine, ma di etica. Come suggerisce anche Schönberg, per altra via, all’arte non tocca la ricerca della bellezza, ma della verità”.
Ecco l’incipit di una sua lettera in versi che è poi una lettera d’amore all’amore a modo suo : :
Se d’amore si muore, siamo morti noi
se d’amore si muore, siamo morti noi:
siamo un romanzo d’appendice in atto: (anzi,
siamo un romanzo nazional-popolare, ma calibraticamente camuffato da romanzetto rosa): (anzi,
siamo un romanzo osè): (un rosè): (anzi, una coppia di vegeti, di vegetanti vecchietti,
torchiati nel torpido torchio delle nozze d’argento): (a un passo, a un pelo, appena,
da un romanzo nero): (siamo un romanzo rosso, quasi): e noi facciamo, parliamoci chiaro,
pena piena, e pietà

“Chi era Edoardo Sanguineti?”, non a caso Fausto Curi scrive “innanzitutto un oppositore, un antagonista. Un antagonista radicale e tenace della società e della cultura borghese. Era un materialista storico rigoroso, un comunista coerente e fedele, un comunista militante, anche se singolare, giacché non ha mai avuto la tessera di un partito” (e anche quando fu eletto, nel ’79, al Parlamento vi entrò come indipendente nelle file del PCI). Uomo, dunque, rigorosamente di parte e fedele a una decisa idea di fondo: nel 1996, quando scriveva la lettera in versi al compagno proletario, Sanguineti firmava anche Praticare l’impossibile la cui conclusione è forse la sua migliore auto-descrizione: “Affermare la praticabilità artistica, sociale e etica dell’anarchia significa, dunque, fornire saggi e sensate esperienze della ‘praticabilità dell’impossibile’. È come dire […] che ‘il nostro vero lavoro, oggi, se amiamo l’umanità e il mondo in cui viviamo, è la rivoluzione’”. Tra i suoi libri di poesia ricordiamo Laborintus (1956), Triperuno (1964), WirrWarr (1972), Postkarten (1978), Stracciafoglio (1980). Ha curato, inoltre, l’antologia Poesia del novecento (Einaudi, 1969). Ha tradotto il Satyricon di Petronio e, per la scena, testi di Eschilo, Sofocle, Euripide, Aristofane, Seneca, Molière e Brecht. Nei testi teatrali Teatro (1969), Storie naturali 1971), Faust. Un travestimento (1985) e Dialogo (1991) prevalgono un sistema ludico di smontaggio delle tradizionali forme narrative e una volontà di recupero del linguaggio basso”.

Siamo tutti politici (e animali)
Siamo tutti politici (e animali):
premesso questo, posso dirti che
odio i politici odiosi: (e ti risparmio anche soltanto un parco abbozzo di catalogo
esemplificativo e ragionato): (puoi sceglierti da te cognomi e nomi, e sparare
nel mucchio): (e sceglierti i perché, caso per caso)
ma, per semplificare, ti aggiungo che, se è vero che,
per me (come dico e ridico) è politica tutto,
a questo mondo, non è poi tutto, invece, la politica: (e questo mi definisce,
sempre per me, i politici odiosi, e il mio perché:
amo, così, quella grande politica
che è viva nei gesti della vita quotidiana, nelle parole quotidiane
(come ciao, pane, fica, grazie mille): (come quelle che ti trovi graffite dentro i cessi,
spraiate sopra i muri, tra uno slogan e un altro, abbasso, viva):
(e poi, lo so che non si dice, ma, alla fine, mi sono odiosi e uomini e animali)
Occhiali
Mi sono riadattato agli occhiali (che la patente, a me, rende obbligati, ormai,
in un paio solo di giorni: vedo tutto più netto: (ma niente mi è, per questo,
diventato migliore, in verità: un semaforo è sempre un semaforo, un marciapiede
è un marciapiede: e io sono sempre io, così)
(quanto al doloroso senso di capogiro,
vaticinato, con l’emicrania, da un Istituto Ottico di corso Buenos Aires, al quale
mi sono rivolto, questa volta, l’ho sperimentato e l’ho superato): (l’oculista
affermava che, con il tempo, io mi ero costruito una mia rappresentazione arbitraria
della realtà, adesso destinata, con le lenti, a sfasciarsi di colpo):
e ho potuto
sperare, per un attimo, di potermi rifare, a poco prezzo, una vita e una vista)