Siccità, opere idrauliche e meteo anomalo: il Fucino chiede aiuto

L’acqua scarseggia e il potenziale idrico sottoforma di neve è scarso sia nell’arco alpino che appenninico. Nel Fucino? “Serve più che mai l’impianto irriguo. Si frena l’economia di un fazzoletto di terra da 600 mln di euro di produzione”
Siccità e non solo. Anche il Fucino chiede aiuto, “ma il vero allarme è legato alla necessità di interventi definitivi della politica per operazioni di carattere idraulico attese da tempo. Non si può più aspettare”, dichiara al Capoluogo il presidente Confagricoltura L’Aquila, Fabrizio Lobene.
FUCINO – L’acqua scarseggia già, in modo particolare in alcune zone, e l’estate è ancora lontana. Se l’agricoltura è in una condizione di criticità generalizzata a livello nazionale, in Commissione d’Inchiesta sull’Emergenza idrica si è posto l’accento proprio sul rischio di “disastro ambientale” in alcune aree ben precise del Fucino. Il meteo, dal canto suo,sicuramente non aiuta: caldo anomalo e prolungata assenza di precipitazioni stanno trasformando il mese di febbraio. È inverno, ma molte giornate sembrano di primavera: così le fioriture anticipano i tempi e le semine primaverili si ritrovano a rischio.
“Il problema a livello nazionale si ripercuote anche a livello locale, proprio in un momento in cui, a livello di colture, con patata e carote siamo tra i primi produttori a livello nazionale: quindi, in un momento in cui la nostra agricoltura e le nostre aziende crescono, c’è un freno generale. Una situazione, quella attuale, che rallenta le infrastrutture, nonostante le grosse economie che l’Unione Europea ci ha messo a disposizione con il PNRR e che frena la soluzione alle varie problematiche idrauliche che, da anni ormai, persistono nel Fucino”. Ad incominciare dall’impianto irriguo.
“Stanno trapelando notizie che non ci riguardano, informazioni anche imprecise. Nel territorio fucense serve un Impianto irriguo, che si è bloccato nonostante le sollecitazioni da parte delle nostre associazioni di categoria”.
“In generale, la situazione è drammatica, ma perché le condizioni climatiche degli ultimi anni non ci permettono di programmare in maniera precisa le colture del territorio, in un fazzoletto di terra da 600 milioni di euro di produzione lorda vendibile: si tratta di un’economia importante che gravita sull’intero territorio fucense, per questo siamo preoccupati”, sottolinea Lobene.

Foto repertorio
Questo è proprio il periodo in cui si iniziano a programmare le colture per le nuove semine: si prepara il terreno con le lavorazioni propedeutiche a semina e trapianto.
“Il problema principale per il Fucino non è la situazione del terreno oggi: è non avere contezza di come sarà il periodo estivo, in un momento in cui le condizioni meteo sono assolutamente distorte. E le condizioni meteo, si sa, incidono sulle produzioni agricole in maniera impattante. Quest’anno è nevicato poco, c’è una risorsa idrica risibile, quindi c’è da decidere dove allocare i prodotti e scegliere i periodi migliori. Poiché ci sono delle aree fucensi che, non avendo acqua già adesso, vedranno la situazione peggiorare drasticamente nel periodo caldo. Programmare oggi, con questa penuria a febbraio causata dall’assenza di neve e quindi di acqua, condiziona inevitabilmente le prossime scelte”, conclude Lobene.
A tal proposito, nel corso dell’ultima audizione della Commissione d’Inchiesta Emergenza Idrica in Abruzzo, nel tirare le somme dei lavori la presidente Sara Marcozzi ha precisato: “Trattasi di un quadro su cui è necessario mettere ordine una volta per tutte. La Commissione d’Inchiesta sull’Emergenza Idrica sta lavorando in questo senso – sottolinea – affrontando nel modo più concreto possibile problematiche stratificatesi nei decenni sul nostro territorio. Il documento finale che lasceremo a Regione Abruzzo dovrà rappresentare un punto di partenza, una fotografia da cui ripartire per trovare finalmente soluzioni a problemi che, col passare degli anni, saranno sempre più urgenti nel combinato disposto tra dispersioni idriche e cambiamenti climatici. Per questo, nelle poche settimane che rimangono a nostra disposizione, non lasceremo nulla di intentato, analizzando anche esperienze virtuose di altre regioni d’Italia“.
A livello nazionale, intanto, l’allarme è lanciato da Coldiretti.
Le coltivazioni «ingannate» dal clima sono in anticipo, si ritrovano con gli ortaggi in maturazione precoce e le piante da frutto che iniziano a fiorire fuori stagione. Il rischio è che il ritorno molto probabile di ondate di freddo e gelo distruggano poi i raccolti. Se il caldo anomalo da solo non bastasse, si è aggiunto ed esteso l’allarme siccità.
Dopo un 2022 che ha registrato il 30% di pioggia in meno, il 2023 è iniziato con l’assenza di precipitazioni significative e con una temperatura a gennaio superiore di 0,96 gradi rispetto alla media storica lungo la Penisola, secondo l’analisi Coldiretti su dati Isac Cnr. “L’anomalia – precisa Coldiretti – è più evidente al Nord, dove lo scorso anno sono cadute il 40% di precipitazioni in meno e la temperatura a gennaio 2023 è risultata di ben 1,41 gradi superiore alla media”.
Lo stato di magra del più grande fiume italiano, il Po, è rappresentativo delle difficoltà in cui si trovano tutti gli altri corsi d’acqua del settentrione, con i grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 39% del lago di Garda al 39% di quello Maggiore.
Ma si registra anche lo scarso potenziale idrico stoccato sotto forma di neve nell’arco alpino ed appenninico. La situazione sembra essere addirittura peggiore di quella dello scorso anno quando, secondo Coldiretti, si è registrata una perdita di almeno 6 miliardi di euro nei raccolti a causa della siccità. In particolare, quest’anno verranno coltivati in Italia quasi 8mila ettari di riso in meno, per un totale di appena 211mila ettari, ai minimi da trenta anni, sulla base delle previsioni di semina.