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Primarie PD, Bonaccini o Schlein: ma la vera sfida sarà sulla partecipazione

L'editoriale di Giuseppe Sanzotta sulle primarie PD. Tra Bonaccini e Schlein sfida su alleanze, ma sarà decisiva la partecipazione.

Primarie PD, tra Bonaccini e Schlein sfida sulle alleanze. Ma per il partito sarà decisiva la verifica sulla partecipazione.

Ormai ci siamo,  come ampiamente previsto, Stefano Bonaccini ed Elly Schlein si contenderanno la guida del Pd. Una scelta travagliata, sono passati cinque mesi dalle dimissioni di Enrico Letta costretto a lasciare la segreteria per l’esito elettorale del 25 settembre, inferiore alle previsioni, ma anche per non essere riuscito a creare intorno al Pd quelle alleanze indispensabili per sfidare il centrodestra. Un tema che si riproporrà inevitabilmente al nuovo leader. La lunga marcia verso la nuova segreteria ha logorato il Pd, almeno nell’immagine. Ha subito due sconfitte, in Lombardia e nel Lazio, non ha fatto campagna elettorale. Nonostante questo, il risultato in percentuale non è stato  poi così negativo soprattutto se confrontato con quelli ottenuti dai 5Stelle e dal terzo polo che pensavano di approfittare del lungo sonno dem per prelevare un buon  bottino di voti. Quel bottino è rimasto intatto. In fondo dalle regionali gli sconfitti sono stati proprio Calenda e Conte. Ma questo non significa che nella sede dem si possa tirare un sospiro di sollievo: la lotta tra gli appartenenti alla stessa area non può che favorire gli avversari dell’area opposto. È elementare, lo sanno anche i principianti della politica, ma talvolta anche chi fa il politico di professione cade nella trappola, non perché ingenuo ma perché convinto di potersi sedere nella riunione di famiglia (politica) più forte. Tre debolezze in lotta tra loro non fanno una forza. Questo lo sanno bene Bonaccini e Schlein che domenica si sfideranno nelle primarie.  La loro campagna è tata tiepida. Si conoscono, si stimano, non possono polemizzare più di tanto. Tutti e due i candidati hanno un comune auspicio, che a votare nei gazebo ci vadano in tanti. Un milione di partecipanti sarebbe già un buon risultato, anche se di molto inferiore alle altre tornate. Ma i tempi di Veltroni o Renzi sono lontani. Chiaramente il tentativo di rianimazione del Pd non si chiuderà con l’elezione di un nuovo leader. La sola cosa che capiremo domenica sarà la direzione di marcia.

Di Bonaccini sappiamo che ha sperienza di amministratore, che appare moderato, rassicurante. Lui è il favorito anche perché appare come la naturale continuazione delle ultime segreterie. Insomma non rappresenta un salto nel buio, non una novità da scoprire. Il successo dipenderà da quanti si recheranno ai gazebo e dalla loro tipologia. Se tra coloro che voteranno saranno predominanti gli elettori tradizionali del Pd, soprattutto quelli che hanno votato nelle ultime competizioni, la vittoria appare scontata. Non a caso la speranza della sfidante Schlein è che al voto si presentino soprattutto quei cittadini di sinistra, soprattutto giovani, che non hanno votato Pd, che si sono astenuti, che vorrebbero un cambiamento radicale, una svolta a sinistra del partito. Qualcosa che lei può garantire più del presidente della Regione Emilia. Del resto la Schlein si è iscritta solo al momento di candidarsi alla segreteria, ha un rapporto privilegiato con i movimenti, sicuramente appare più interessata a stabilire un rapporto privilegiato con le spinte più radicali, comprese quelle dei 5Stelle.
La questione delle alleanze potrebbe essere l’elemento divisivo più marcato. Bonaccini non sembra volersi distaccare molto dall’idea di quel campo largo caro a Letta, anche se dichiara, ma è quasi scontato, che prima di tutto dovrà rilanciare il partito. L’idea di campo largo comprende due forze che appaiono, al momento, alternative: 5Stelle e il terzo polo. E’ pur vero che la situazione potrebbe cambiare radicalmente, ma Bonaccini, per formazione e per esperienze amministrative,  appare più vicino a Calenda e Renzi rispetto a Conte. Del resto è stato accusato di essere stato un renziano. È pensabile che sia più facile trovare intese con il terzo polo.

Lo scenario con la Schlein sarebbe diverso. Sicuramente lei è più movimentista, su temi come l’immigrazione è più in sintonia con le Ong rispetto al rivale. Poi c’è la questione della guerra. Bonaccini non si discosta dalla linea tradizionale del Pd che ha sostenuto la politica di Draghi sulla guerra e che si discosta da quella di Giorgia Meloni. La Schlein, più che di invio di armi preferisce parlare di pace, più vicina alle posizioni di una parte dell’ultra sinistra e di Conte. Questo lascia pensare che per lei sarà più facile accordarsi con i 5Stelle.

Ecco perché la scelta di domenica rappresenta un bivio per il Pd tra rinnovamento pur nella continuità e una radicale trasformazione. Difficile dire quale sia la strada più agevole. Di sicuro si apre una fase nuova ed è pensabile che qualunque sia la scelta il Pd ha buone possibilità di tornare protagonista. Non tanto perché c’è da scommettere sulla bontà delle scelte, ma quanto al fatto che ai potenziali partner  (5Stelle e terzo polo) è fallito il disegno di cannibalizzare il partito democratico e, soprattutto, sono alle prese  loro stessi con crisi interne. Nel terzo polo c’è da vedere quanto reggerà l’alleanza tra Calenda e Renzi e i 5Stelle sembrano aver scelto battaglie sporadiche e non offrono una visione futura, un progetto di governo. Sfruttano il disagio in alcune aree del paese, il sud,  ma il rischio è che i consensi di un momento risultino fugaci. Il Pd invece appare più strutturato. Almeno così si pensa. Le primarie di domenica rappresenteranno  una verifica proprio di questo. Indipendentemente da chi vincerà, sarà più decisiva la verifica sulla partecipazione. Se ci sarà, il Pd potrà ripartire e riprendersi il ruolo primario nell’ambito del centrosinistra. Se così non fosse lo scenario futuro della sinistra sarà tutto da scrivere con la dissoluzione dem.

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