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Le nuove stanze della poesia, Giampiero Neri

23 febbraio 2023 | 13:23
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Le nuove stanze della poesia, Giampiero Neri

Il maestro solitario Giampiero Neri per l’appuntamento con la rubricata dedicata alla poesia a cura di Valter Marcone.

Giampiero Neri è probabilmente il poeta più importante tra quelli di cui non avete mai sentito parlare. Dieci anni fa, compiuti gli 80, la Mondadori gli ha dedicato un Oscar con un’antologia delle sue poesie.

Da allora è tornato in libreria ancora due volte: Il professor Fumagalli e altre figure (2012) e Via provinciale (2017), nell’anno del suo novantesimo compleanno. Fratello maggiore di Peppo Pontiggia, è morto a 95 anni, a Milano. Il vero nome di Giampiero Neri era Giampiero Pontiggia. Aveva esordito nel 1976 con “L’aspetto occidentale del vestito”. Dopo lo sperimentalismo della prima raccolta, la sua si fece sempre più limpida e asciutta. Spesso indugiava sul tema dei vinti, della violenza e della memoria…
Su Tracce di gennaio 2018 aveva raccontato di sé e della sua opera, dei quarant’anni di lavoro in banca e di quel desiderio che il tempo non resti «oscuro, senza ricerca».
Fratello del romanziere Giuseppe e padre della storica dell’arte Elena. Giampiero che appunto per distinguersi dal fratello più famoso adotta il nome di Neri nasce ad Erba nel 1927.
Tutta la vita immerso in un mondo letterario che non appartiene ai salotti che contano e in compagnia della poesia stessa, che è ai margini della comunicazione di oggi. Da qui la visione del mondo e delle cose del mondo in modo diverso. E inatteso.
Nell’intervista a Tracce di cui dicevo sopra alla domanda:”L’hanno definita un “maestro in ombra”. Se dovesse dire lei chi è Giampiero Neri, che parole userebbe? Risponde: “Uno scrittore, innanzitutto. Che scrive in prosa, ma cerca la poesia della prosa. E l’ha trovata in Manzoni, Tolstoj, Svevo, Melville… Lì c’è la poesia. Ma Paul Celan diceva anche: Io non vedo alcuna differenza di principio tra una poesia e una stretta di mano”. Dopo un’affermazione del genere, tutta la grammatica poetica va a farsi benedire. Non può essere quella cosa per cui a un certo punto si va a capo. È altro. La poesia non va a capo. È un momento soprattutto di verità. E chi scrive cerca la verità, la sua verità… Che non è poi così lontana. Ma non è sui libri, di storia soprattutto. Non è sui giornali. Non è nei discorsi politici. Lì ognuno tira l’acqua al suo mulino. Ma noi? Verso dove andiamo? Verso quale mulino? E da chi andiamo? E per che cosa? Per chi e perché?”
E continua: “Io ho fatto l’impiegato di banca per quarant’anni. Avrei voluto occuparmi di etologia, che è lo studio del comportamento degli animali. È affascinante. Sono stato un lettore precoce di naturalisti come Jean-Henri Fabre. Le sue sono pagine anche di poesia, perché sono illuminate da un certo senso di trascendenza. Osservando gli animali ci avviciniamo all’idea di creazione. Lì avrei cercato la mia verità. Ma purtroppo dopo il liceo ho dovuto iniziare subito a lavorare”.  E dentro le sue poesie egli stesso dice quello che c’è : “È come nell’iceberg, quello che emerge è la punta. Ma i quattro quinti non si vedono. Le faccio un esempio: Lucio Fontana ci mostra la sconfitta della pittura, dell’arte. Ma lo fa creando una nuova opera d’arte. Sembra una contraddizione ma non lo è. Le parole sono il nostro mimetismo, quindi bisogna rispettarle, perché dicono molto di più di quello che dicono. Uno scrittore fa una scelta di parola, non dice una parola… Cerca quella adatta. Il Parini scrive della poesia “che sol felice è quando/ l’utile unir può al vanto/ di lusinghevol canto”. L’utile. Qualcosa che serva alla vita. Diceva il teologo ebreo Jacob Taubes: il mondo non è stato fatto perché un paio di intellettuali ci si dilettino. È l’utile che cerchiamo, è la verità”.  Una giovinezza passata nella provincia lombarda caratterizzata e indirizzata da due avvenimenti importanti. La morte del padre ucciso nel 1943 in un agguato durante la guerra civile , il padre era stato podestà, e l’incontro con il professor Luigi Fumagalli all’Istituto Annoni di Erba, che lo fece sognare con i suoi paradossi, le lezioni all’aperto e l’amore per i classici. Dopo aver conseguito il diploma di maturità scientifica si iscrive all’università ma abbandona gli studi per necessità economiche e lavora per tutta la vita in vari istituti bancari dal 1947.
A novant’anni quasi riprende i ricordi del suo professore Luigi Fumagalli in un libro pubblicato nel 2012 Il professor Fumagalli e altre figure .
Il professor Fumagalli “si era proposto come educatore di un gruppo di ragazzi, usciti malconci dalla guerra. Chi mancava di un piede, o di un braccio, ma al falegname che gli aveva chiesto se doveva fare dei banchi speciali, aveva detto: No, faccia dei banchi normali, perché poi Lei mi darà un mondo speciale?”. Un mondo speciale aveva fatto intravvedere il professore Fumagalli all’allievo Pontiggia . Un mondo che sotto il nome di Neri poi quell’allievo scandaglia con la prosa e con la poesia per decenni .
“Tornavo a casa la sera e mi veniva da piangere a pensare che il tempo passasse solo per sostentarmi. Sa, l’uomo non vuole morire, come dice Puskin nell’Evgenij Onegin: “Vuole lasciare qualcosa che di sé attesti». E anche io mi ribellavo a questa idea di un tempo oscuro, senza ricerca. Quindi ho cominciato a scrivere”.
Di sé e della sua opera quindi poi dirà: “Hemingway, autore che io non amo, aveva fatto leggere a sua moglie uno dei suoi ultimi libri in cui parlava di Parigi, Festa mobile, un romanzo, nel quale si racconta di alcuni autori: c’è Ezra Pound, James Joyce… Lei gli disse: «Ma tu non ci sei!», e lui rispose: «Io ci sono di rimbalzo». Potrei rispondere la stessa cosa. Io pensavo agli animali. Pensavo agli altri. Non ho puntato i riflettori su di me. Pasternak diceva: i fanali del treno sono indirizzati verso la strada, non verso i vagoni. Non ho nessun interesse per la psicologia che, in fondo, ci è ostile, perché chiude. L’idea antica di “tempio” era quella di limitare la divinità nel sacro recinto. Ma Dio non è nel tempio. Lì lo celebriamo, per non farlo per strada. Ma Dio è dappertutto”.

Gli inizi sono dediti ad un certo sperimentalismo anche se sono inizi tardivi .I suoi primi testi uscirono nel 1971 per l’Almanacco dello Specchio di Mondadori. Tardivo, poi, il suo esordio, del 1976, con una prima raccolta intitolata L’aspetto occidentale del vestito, pubblicata da Giovanni Raboni nei “Quaderni della Fenice” di Guanda. Giovanni Giudici sul “Corriere della Sera”, lodò i suoi versi distillatissimi, austeri e severi. Entra così di diritto a far parte di quella che Luciano Anceschi definì la “linea lombarda” e ne è quasi un decano con doti particolari : attitudine petrosa, per la sua ricerca di compattezza stilistica, per il suo carattere schivo. Il tema dei vinti, la violenza e la memoria sono stati il filo conduttore della sua ricerca poetica. Spesso premiate e, comunque, contraddistinte da successo di critica anche le sue opere successive all’esordio tra cui si ricordano: Liceo, 1986; Dallo stesso luogo, 1992; Teatro naturale, 1998; Armi e mestieri, 2004; Paesaggi inospiti, 2009; Il professor Fumagalli e altre figure, 2012. Del 2007 l’Oscar Mondadori a lui dedicato. Neri è stato un grande solitario della nostra poesia, eppure il suo magistero sarà di lunga durata. Per conoscerlo meglio si possono cercare la recente Antologia personale uscita per Garzanti (2022) e la quadrilogia Ares composta da Da un paese vicino (2020), Piazza Libia (2021), Un difficile viaggio (2022) e Un insegnante di provincia (2022), nonché Giampiero Neri – Un maestro in ombra, la sua biografia in forma di conversazione con Alessandro Rivali (Jaca Book 2013).

Giampiero Linguaglossa in lombradelleparole.wordpress.com fa di Neri un ritratto affascinante che invito a leggere nella sua interezza e tra le altre cose dice: “Dalla cosiddetta linea lombarda Neri sa trarre lo spunto e l’idea per l’assemblaggio di una scrittura ridotta al minimo comun denominatore, denaturata e de-soggettivata, uno stile cosmopolitico nel senso della sua agevole traducibilità in altre lingue per via della sua narratività riflessa, attingendo un tipo di scrittura che, grazie alla riduzione ai minimi termini degli espedienti retorici, della sintassi e del lessico, è giunta, dopo un tragitto trentennale, alla stazione di una compiuta leggibilità, quasi che quella scrittura non sia stata creata da un soggetto ma che il soggetto l’abbia trovata già pronta. Giampiero Neri giunge a far perdere al testo l’orientamento del testo, nel senso che chiunque e nessuno potrebbe essere l’autore dei suoi componimenti”.

L’aspetto occidentale del vestito

A Giancarlo Majorino
Corso Donati, il metrò
scava diverse gallerie ai giardini
radici che non dissero inutilmente
le ossa di qualche romano in provincia
e una valigia di fibra
la ferrovia della stazione Nord,
ora non ricordo tutti i particolari
un tempo passato corre via dietro gli alberi.
****
Il cattivo tempo è alle porte e consiglia la prudenza, come comanda nostra madre Chiesa.
In concreto il temporale minacciò di far volare un numero straordinario di carte.
Risultava sempre più difficile incontrare il professore, costantemente impegnato nella correzione di qualche compito.
E avendolo visto per caso:
“Il dottor Livingstone, suppongo” disse, mentre gli tendeva la mano attraversando vasti deserti di tavolini rossi e sedie impagliate.

da: Liceo

Villa Nena
La facciata era sicuramente liberty.
Come onde apparivano i balconi
verso il lago,
in parte nascosti dagli alberi.
Nella casa che è stata abbandonata
cigola la porta non chiusa,
della vecchia proprietà
non si hanno notizie da tempo.
E’ rimasto nel quadro alla parete
un documento del ’43,
un attestato che la signora è cittadina straniera
sotto la protezione del Consolato.