L'analisi

Rigopiano, la sentenza sgonfia le condanne “Non riconosciuto il disastro colposo”

Sentenza Rigopiano, da 150 anni, questa la richiesta totale della pena per 30 imputati, a poco più di 10 anni. L'avvocato Della Vigna: "Non riconosciuto il disastro colposo. Appello? La Procura può farlo".

Rigopiano, la richiesta era di 150 anni di carcere complessivi per i 30 imputati, la sentenza ha stabilito, invece, poco più di 10 anni di pena per soli 5 degli imputati coinvolti nel processo di primo grado. L’avvocato Wania Della Vigna: “La discriminante è legata al reato di disastro colposo, che non è stato riconosciuto in nessun caso”. Appello? “Noi, come parti civili, possiamo fare solo un appello ai fini civilistici”.

Rigopiano, cinque condanne e venticinque assoluzioni. È l’esito della sentenza arrivata nel pomeriggio di oggi, intorno alle 17, dal Tribunale di Pescara. Immediate e veementi le reazioni dei familiari presenti in aula, trattenuti a stento dalle forze dell’ordine sul posto per mantenere l’ordine. “Li avete uccisi due volte”, “Vergogna” sono solo alcune delle frasi urlate all’indirizzo del giudice Sarandrea, che ha pronunciato la sentenza dopo le numerose udienze processuali tenutesi in questi anni. Quando di anni, dall’immane tragedia di Rigopiano, ne sono passati sei e negli occhi c’è ancora l’orrore di quelle immagini: un inferno bianco che ha travolto il resort di Farindola, uccidendo 29 persone. Il Capoluogo ha chiesto un primo commento della sentenza all’avvocato Wania Della Vigna, legale di alcune delle famiglie delle vittime del disastro, la quale ha spiegato: “Le richieste di pena erano rilevanti in virtù dell’ipotesi di reato di disastro colposo: venuto a mancare il riconoscimento di questo, la pena diminuisce di conseguenza. Questa la discriminante principale. Inoltre, ci sono state numerose assoluzioni che hanno fatto diminuire consistentemente la pena stabilita dalla sentenza”.

Naturalmente, bisognerà attendere le motivazioni per capire i motivi di fatto e di diritto che sorreggono le condanne e, al contempo, le numerose assoluzioni. Ad un primo giudizio, si nota come il giudice abbia condannato coloro che si trovavano territorialmente più vicini al resort nel momento in cui si sono verificati i fatti. Quindi il sindaco di Farindola. Ilario Lacchetta, che non ha emesso l’ordinanza di chiusura, poiché il sindaco è Capo della Protezione civile e ha l’obbligo di tutelare l’incolumità dei cittadini e, quindi, la Provincia, poiché la strada che conduceva al resort era di competenza provinciale. Il giudice avrà ritenuto che questa strada avrebbe dovuto essere pulita e sgombra, soprattutto perché le condizioni meteorologiche avverse erano state già annunciate. Le condanne si sono concentrate, quindi, su coloro che non hanno valutato correttamente il rischio di isolamento della struttura, diventata poi una vera trappola mortale, sia per gli ospiti sia per i dipendenti che si trovavano al lavoro”. 

Un ‘Rigopiano bis’ non sarà mai possibile, la Procura può ricorrere in appello, noi come parti civili possiamo fare solo un appello ai fini civilistici. Ma tutto questo discorso non si può fare oggi, dobbiamo attendere 90 giorni per il deposito delle motivazioni”. 

Queste le condanne e le assoluzioni nell’ambito della sentenza.

Le cinque condanne per il disastro di Rigopiano riguardano il dirigente e il responsabile del servizio di viabilità della Provincia di Pescara, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio (tre anni e quattro mesi di reclusione ciascuno), il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta (due anni e otto mesi di reclusione), accusati tutti e tre di omicidio plurimo colposo e lesioni multiple colpose; il gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della società “Gran Sasso Resort & SPA”, Bruno Di Tommaso, e il redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell’hotel, Giuseppe Gatto (sei mesi di reclusione ciascuno), accusati di falso.
Assolti invece l’ex prefetto di Pescara, Francesco Provolo, l’ex presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco; il tecnico comunale di Farindola, Enrico Colangeli; i dirigenti della Regione Abruzzo Carlo Giovani, Carlo Visca, Pierluigi Caputi, Emidio Primavera; gli ex sindaci di Farindola, Massimiliano Giancaterino, e Antonio De Vico; il dirigente regionale Antonio Sorgi; Sabatino Belmaggio, dal 2010 al 2016 responsabile dell’ufficio Rischio valanghe della Regione Abruzzo; Andrea Marrone, consulente incaricato da Di Tommaso per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni; Luciano Sbaraglia, tecnico geologo; il comandante della Polizia Provinciale di Pescara Giulio Honorati; il tecnico Tino Chiappino; l’ex capo di gabinetto della Prefettura di Pescara Leonardo Bianco; la dirigente della Prefettura Ida De Cesaris; l’imprenditore Paolo Del Rosso; il dirigente del Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013, Vincenzo Antenucci; la Società Gran Sasso Resort & Spa srl; i vice prefetti Salvatore Angieri e Sergio Mazzia. Assolti anche i dirigenti della Prefettura Giancarlo Verzella, Giulia Pontrandolfo e Daniela Acquaviva accusati di depistaggio per l’occultamento del brogliaccio delle segnalazioni del 18 gennaio alla Mobile di Pescara.

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