Ambiente

Metanodotto SNAM, fino all’ultimo ricorso: “Ora tocca ai sindaci”

La battaglia contro la realizzazione del metanodotto SNAM non si ferma. I Comitati chiamano i Comuni: "Ora tocca a voi".

La battaglia contro la realizzazione del metanodotto SNAM non si ferma. I Comitati chiamano i Comuni: “Ora tocca a voi”.

Sabato la manifestazione nazionale a Piombino, a maggio nuova sentenza del TAR Lazio, intanto i Comitati cittadini per l’ambiente e del Coordinamento No Hub del Gas chiamano i Comuni a una mobilitazione più convinta. “A gennaio sono 15 anni che portiamo avanti questa battaglia – spiega a IlCapoluogo.it Mario Pizzola – e non sarà l’ultima sentenza del TAR a fermarci”. Intanto sabato 11 marzo ci sarà la manifestazione nazionale a Piombino, che richiamerà sul posto associazioni e cittadini da tutte le parti d’Italia che con Sulmona condividono problematiche legati a progetti come quello del metanodotto o più in generale legati alle energie fossili. Una mobilitazione nazionale per “pressare” la politica, dopo che la via giudiziaria, con l’ultimo ricorso al TAR non ha raggiunto i risultati sperati. In realtà c’è anche un altro ricorso che pende al TAR Lazio, quello promosso autonomamente da WWF e Salviamo l’orso, che sarà in discussione il 24 maggio. I comitati però non vogliono aspettare, con il rischio di trovarsi davanti l’ennesima bocciatura e incalzano gli enti locali: “Dopo che ci siamo addossati l’onere anche economico dei ricorsi, abbiamo portato avanti numerosi incontri con il Comune di Sulmona per un ulteriore ricorso da presentare entro i 60 giorni dall’autorizzazione del metanodotto dello scorso 8 febbraio, ma non sembra che gli enti locali abbiamo compreso a pieno l’impatto che avrà l’opera sui territori o comunque viene sottovalutato. Basti pensare che parliamo di un tracciato che a Paganica passa vicino alla Madonna d’Appari, a Navelli vicino ad aree archeologiche, senza contare che secondo uno studio nei 430 chilometri di tracciato saranno abbattuti milioni di alberi“.
Ma è proprio sul fronte archeologia che i comitati sperano di trovare la sponda giusta per bloccare i lavori del metanodotto SNAM: “Mercoledì scorso a Sulmona – spiega Pizzola – l’azienda ha messo cartelli e recinzioni per i lavori propedeutici alla realizzazione del progetto. Per legge devono effettuare ricerche di eventuali ordigni esplosivi e poi anche sondaggi archeologici. Nella stessa zona è stata già rinvenuta una costruzione risalente a 2mila anni fa, non è ancora chiaro di che tipo, quindi se i sondaggi dovessero avere riscontri positivi i lavori si dovranno bloccare”.
Intanto sabato 11 marzo i comitati abruzzesi porteranno le loro istanze alla manifestazione nazionale di Piombino, anche per far capire che “non è vero che Sulmona rappresenta un collo di bottiglia che impedisce al gas di arrivare al nord. Il progetto non serve all’Italia, ma ad eventuali vendite all’estero. Pero nel 2035, quando tutto dovrebbe entrare in funzione, i livelli di consumo di gas – già diminuiti – subiranno ulteriori decrementi. Si rischia di portare a termine un progetto impattante che non servirà a nulla”.

La presentazione manifestazione nazionale contro energia fossile.

Il ricorso in discussione a maggio.

Il ricorso ancora pendente al TAR Lazio punta all’annullamento del decreto del Ministero della Transizione ecologica avente ad oggetto il rilascio dell’AIA per l’esercizio della centrale di compressione gas di Sulmona, del parere favorevole al rilascio dell’AIA della Commissione tecnica del Ministero dell’Ambiente e i relativi atti inerenti il percorso autorizzativo del progetto. Nel ricorso si ricorda come le associazioni proponenti, WWF e Salviamo l’orso, abbiano ritenuto “doveroso promuovere la presente impugnativa, al fine di impedire (o tentare di farlo), per quanto possibile, la realizzazione di un’opera di notevole impatto ambientale a ridosso del monte Marrone e quindi del Parco Nazionale della Majella. Le associazioni ambientaliste, pertanto, nella direttiva di opporsi a detta scellerata realizzazione, di salvaguardare l’ambiente e tutta la zona a ridosso, formulano l’odierno gravame al fine di portare il proprio contributo nell’evitare ulteriori stravolgimenti di un’area già fortemente compromessa a livello ambientale, e di evitare danni per la collettività che, nell’eventualità si verificassero, procurerebbero pregiudizi catastrofici ed incalcolabili, facilmente immaginabili”.
Nel dettaglio, si contesta l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dal Ministero. Tutto inizia nel 2005, quando la Snam presenta il progetto del metanodotto ai fini dell’avvio della procedura VIA (Valutazione di impatto ambientale). Da lì il lungo iter, per cui si arriva al 2014, con la Regione Abruzzo che “negava l’intesa per la centrale di compressione” e poi anche per il metanodotto, un dissenso superato con la trasmissione del procedimento alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che deliberava la conclusione del procedimento autorizzativo, così nel 2018 il MISE ha approvato il progetto. Da qui la conferenza dei servizi e poi l’invio della documentazione al ministero per ottenere l’AIA, puntualmente rilasciata dal ministero, nonostante le osservazioni contrarie di enti pubblici e privati. Alla fine dell’iter, come si ricorda nel ricorso “sulla base dei pareri così acquisiti, considerato il favorevole esito della conferenza di servizi, il Ministero della Transizione Ecologica con il decreto odiernamente impugnato emetteva l’autorizzazione all’esercizio della centrale di compressione gas di Sulmona”. Per i ricorrenti, però “l’operato delle amministrazioni intimate, formalizzato con gli atti ed i provvedimenti oggetto di odierna impugnativa, è – come si avrà modo di dimostrare agevolmente – da ritenersi totalmente illegittimo”.

motivi del ricorso contro il metanodotto Snam: Il decreto impugnato enuncia espressamente tra le proprie premesse il presupposto dell’aver ottenuto una V.I.A. favorevole con decreto del Ministro dell’Ambiente di concerto con quello dei Beni Culturali, in data 07.03.2011, ma “la disciplina vigente all’epoca dell’emanazione di tale decreto era la seguente ex art. 26 del D. Lgs. n. 152/2006: ‘i progetti sottoposti alla fase di valutazione devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell’impatto ambientale. Tenuto conto delle caratteristiche del progetto il provvedimento può stabilire un periodo più lungo. Trascorso detto periodo, salvo proroga concessa, su istanza del proponente, dall’autorità che ha emanato il provvedimento, la procedura di valutazione dell’impatto ambientale deve essere reiterata’”. D’altra parte “il decreto del 2011 non reca alcuna deroga al periodo fissato per legge”. Per cui, “è, pertanto, del tutto evidente che la pronuncia relativa alla V.I.A. sia divenuta inefficace sin dal 2016, vale a dire ben 5 anni prima dell’A.I.A. qui impugnata”.
D’altra parte, “dall’epoca in cui è stata svolta la procedura di V.I.A., il quadro di riferimento è completamente mutato. Bastino solo due fattori cruciali in relazione agli interessi di cui le associazioni ricorrenti sono esponenziali. Diversi individui di orso marsicano, sottospecie a gravissimo rischio di estinzione, oggetto di politiche pubbliche promosse dallo stesso Ministero per la Transizione Ecologica (in primis attraverso un Piano di Azione per la Tutela dell’Orso Marsicano) da qualche anno frequentano costantemente le aree in cui dovrebbe sorgere la centrale. […] Il secondo fattore è dato dalla svolta epocale impressa dal Green New Deal dell’Unione Europea e dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza approvato dal Parlamento italiano in materia di “transizione energetica. Questa prevede il progressivo abbandono delle fonti fossili, compreso il gas, da avviare immediatamente”.
Sottolineati, inoltre, altri profili di nullità, a partire dal fatto che “la Commissione A.I.A. ha escluso tout court, in modo tranciante, dalla fase istruttoria della conferenza di servizi il corposo apporto fornito dal Comune di Sulmona, ritenendo da una parte che “la maggior parte delle osservazioni” fossero relative alla V.I.A., dall’altra non spendendo alcuna considerazione sul resto, ovvero tutto quanto non sarebbe stato riconducibile in termini di osservazione alla V.I.A.”. Inoltre, “in relazione al quadro normativo che si va a delineare, l’amministrazione procedente è totalmente inadempiente rispetto agli obblighi che avrebbe dovuto invece assolvere, posto che la questione del rischio sismico è stata affrontata con fare sbrigativo e con mero rimando agli studi effettuati dalla ditta proponente”. Altro elemento di contestazione è relativo “alla circostanza che non sono state tenute in debita considerazione le osservazioni del pubblico e non sono state fornite dall’Amministrazione competente le relative contro-deduzioni” e altre “violazioni per difetto d’istruttoria”. Senza contare che “nel procedimento in trattazione emergono eclatanti elementi di contraddizione, di sottovalutazione, e di sviamento dell’analisi delle questioni concernenti le emissioni in atmosfera (sia quelle cosiddette fuggitive, sia quelle convogliate)”.

Ma c’è anche un’altra questione da non sottovalutare: “Il Piano della Qualità dell’Aria esclude la realizzabilità di nuovi impianti al di fuori delle aree industriali. Nella nota della Regione Abruzzo, prot. n. 99965 del 01.12.2020, si sostiene infatti che la compatibilità dell’impianto richiederebbe la localizzazione in area con definizione assimilabile di area industriale infrastrutturata, a fronte di una classificazione dell’area di insediamento come ‘zona agricola normale’, in cui sono ammessi solo insediamenti finalizzati alla produzione e prima trasformazione dei prodotti agricoli zootecnici”.
Tutte queste questioni – e molte altre citate nel ricorso – andranno all’attenzione del TAR Lazio il 24 maggio prossimo.

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