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Le nuove stanze della poesia, Umberto Saba

16 marzo 2023 | 09:22
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Le nuove stanze della poesia, Umberto Saba

Umberto Saba, il poeta “onesto” e la sua Trieste, per l’appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

Tra gli anniversari più importanti del 2023 spiccano quelli tondi: i 100 anni dalla nascita di Italo Calvino, i sessant’anni dalla scomparsa di Sylvia Plath, i 400 anni dalla nascita di Jean Baptiste Poquelin conosciuto come Molière, i centoquaranta di Umberto Saba, i 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni e poi i centoquaranta di Grabriele D’Annunzio. Di alcuni di loro parlerò in questa rubrica: comincio con Umberto Saba appunto a 140 anni dalla morte avvenuta il 25 agosto 1957,era nato a Trieste il 9 marzo 1883 .

Il padre era un agente di commercio, Ugo Edoardo Poli, la madre Felicita Cohen di religione ebraica, era la nipote di Samuel David Luzzatto, ebraista, poeta e storico. Il padre lo abbandona quando era ancora piccolo e la madre decise di metterlo a balia. Per riprenderlo in famiglia all’età di tre anni . Due avvenimenti che segneranno la sua vita . In onore della balia slovena Gioseffa Gabrovich Schobar (detta Peppa Sabaz), che il poeta ha sempre amato come una vera madre, sceglierà il nome Saba.
Umberto Saba è ricordato per lil suo Canzoniere le cui poesie con un linguaggio semplice, quotidiano, che però va a fondo nell’interiorità del poeta, fanno emergere inquietudini e fragilità umane. In questa umanità appunto così fragile e inquieta il lettore si riconosce . Purtroppo questa condizione fu causa di sofferenza per il poeta che patì nevrosi e depressioni . Dovette così far ricorso all’aiuto dell’analisi che influenzò la sua poesia che si trasforma in strumento per far chiarezza sui propri traumi interiori, sulle origini delle nevrosi e in generale sull’inquietudine che caratterizza l’animo umano.

Quasi tutte le sue composizioni sono raccolte nel Canzoniere che, fu pubblicato per la prima volta nel 1921 in seicento esemplari col marchio “Libreria Antica e Moderna”, la libreria antiquaria aperta da Saba nel 1919. Venne poi ampliata negli anni successivi . Tanto che si contano diverse edizioni fino al volume dei Meridiani di Mondadori che raccoglie tutte le poesie . Una sequenza dunque che si articola in diverse edizioni : Il Canzoniere (1900-1945), Torino, Einaudi, 1945; Il canzoniere (1900-1947), Collana I Millenni , Torino, Einaudi, 1947. – Nuova edizione rivista, I Millenni, Einaudi, 1961; ristampa anastatica, Einaudi, 2010 ; Antologia del «Canzoniere». Secondo una scelta progettata dal poeta nel 1948. Con un saggio introduttivo di Carlo Muscetta , Collana NUE n.18, Torino, Einaudi, 1963. – Collana Gli struzzi n.311, Einaudi, 1987.; Il Canzoniere 1921. Edizione critica a cura di Giordano Castellani, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, 1981. Tutte le poesie, a cura di A. Stara, Collana I Meridiani , Milano, Mondadori, 1998.

Il Canzoniere dunque con le sue composizioni tra le quali le più conosciute :A mia moglie, Amai, Fanciulle, Goal, Guarda là quella vezzosa, Il biancospino,La capra,Il poeta,Milano,Passioni,Principio d’estate,Sera di febbraio,Tre momenti,Trieste. rappresenta un itinerario di vita raccontato in versi .

A tre anni la madre lo riporta con sé e l’abbandono della balia, alla quale Saba si era affezionato come una madre rappresenta un vero trauma accresciuto dall’educazione autoritaria che la madre cerca di attuare . Ecco perchè il tema principale di molte delle poesie contenute nel Canzoniere è quello dell’infanzia del poeta, e del trauma subito per la separazione a tre anni dalla balia che lo aveva accudito. L’educazione repressiva della madre aggiunge un ulteriore trauma , tant’è che egli nei componimenti chiama la sua balia “Madre di gioia”, mentre la figura della madre porterà il soprannome di “Madre mesta”. Ogni donna che incontrerà nella sua vita avrà l’ombra di queste due figure che tanto hanno contato nella sua vita, compreso Lina ,la moglie della quale parlerà in un componimento proprio dal titolo “a mia moglie”.Per celebrare la moglie, una presenza frequente nel suo Canzoniere, Saba sceglie un modo insolito, singolare, poiché la paragona a vari animali: la gallina, la giovenca, la cagna, la coniglia, la rondine, la formica, l’ape, ovvero i sereni animali che avvicinano a Dio, come si legge nel componimento .Nei versi d’amore per la sua donna, sceglie una strada che si discosta totalmente da quella della tradizione lirica italiana, poiché eleva a poesia ciò che è quotidiano, familiare e che dagli altri è considerato come vile, facendo uso di un linguaggio tipico della lingua parlata, E’ questa , tra l’altro una delle maggiore caratteristiche e quindi dei pregi della poesia di Saba: elevare a poesia la quotidianità con l’uso semplice della lingua parlata .

Prevalgono le forme del sonetto , dell’endecasillabo e del settenario, con molte rime baciate, e poche alternate. Versi che esprimono concetti semplici e usano le parole della quotidianità .Ecco allora un esempio , uno per tutti ,il componimento “Amai “

Amai trite parole che non uno
osava. M’incantò la rima fiore
amore,
la più antica difficile del mondo.
Amai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l’abbandona.
Amo te che mi ascolti e la mia buona
carta lasciata al fine del mio gioco.

La poesia “Amai” si compone di tre strofe. Il metro è l’endecasillabo sciolto . Inizia con la figura dell’anafora “ amai” che scandisce il ritmo oltre che dare il titolo al componimento . La successione si articola in tre sequenze successive. Nella prima strofa il verbo amare coniugato al passato esprime una dichiarazione poetica che sta a dire che ha sempre amato parole antiche, ormai logorate ma sempre decisive e importanti. Nelle altre strofe parla dell’amore per la verità e per i lettori .
Inoltre il riferimento alla rima baciata “fiore/amore” non è casuale, ma rimanda a una celebre poesia del Canzoniere, Trieste , nella quale compaiono i seguenti versi:
Con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.

Il perseguimento della verità fa della sua scrittura qualcosa di originale ma anche oggettivo e soprattutto gli dà l’opportunità di analizzare continuamente il suo mondo interiore . Tra i tempi importante è anche quello della cittò di Trieste (titolo di una delle sue poesie più famose), amata e odiata allo stesso tempo, che influenza spesso la sua scrittura .

Trieste
da Trieste e una donna, 1910-12)
Ho attraversata tutta la città.
Poi ho salita un’erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.

Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva.

Dopo il ritorno a casa Saba cresce con sua madre e le sue due zie (una vedova e l’altra nubile) che gestiscono una bottega di mobili e oggetti usati. Fa studi discontinui ,si iscrive alla Imperial Regia Accademia di Commercio e Nautica, ma frequenta solo metà anno; infine si imbarca su una nave come mozzo.
Nel 1903 si trasferisce a Pisa per frequentare l’ università: dopo un periodo in cui segue i corsi di letteratura italiana decide di lasciarli per frequentare i corsi di archeologia, tedesco e latino.
Nel 1910 pubblica “Poesie” , la sua prima raccolta di poesie, seguita da “Coi miei occhi “ (il mio secondo libro di versi) che poi diventerà noto con il nome di “Trieste e una donna”.
Nel 1913 si trasferisce a Bologna insieme alla famiglia, mentre l’anno dopo si sposta a Milano.
Al termine della prima guerra mondiale , Saba torna a Trieste e apre la Libreria antica e moderna e nel 1921 esce la prima edizione del Canzoniere , la sua opera più importante, la cui versione definitiva sarà pubblicata nel 1961 , dopo la sua morte.
Nel 1938 deve abbandonare Trieste e trasferirsi a Parigi , a causa delle leggi razziali e delle sue origini ebraiche, tornando in Italia l’anno successivo e cercando rifugio prima a Roma, poi a Trieste e infine a Firenze — dove prezioso gli sarà l’aiuto di Eugenio Montale e Carlo Levi .
Nel 1943 viene pubblicata a Lugano la raccolta “Ultime cose”, poi riedita da Einaudi nel 1945; successivamente si trasferisce a Milano, dove collabora con il “Corriere della Sera” per dieci anni, pubblicando con Mondadori “Scorciatoie e raccontini” e “Storia e cronistoria del Canzoniere”, un autocommento alla sua opera.
In questo periodo riceve diversi riconoscimenti, tra cui la laurea honoris causa dall’Università di Roma.
Nel 1955, dopo una svolta religiosa molto forte, decide di farsi ricoverare in una clinica di Gorizia, dove passerà i suoi ultimi anni, fino alla morte, sopraggiunta il 25 agosto 1957.

Una scrittura continua dunque quella di Saba ,un’auto-indagine, una ricerca e costruzione del sé perché la scrittura è per lui necessità esistenziale. Raccolte di poesia ,di cui il Canzoniere ne è l’esempio che si arricchiscono continuamente di componimenti organici , coerenti ed autoconclusivi. Il Canzoniere è un vero e proprio progetto, ampio, internamente coordinato e coerente. Tanto che alla prima edizione ne seguono altre quattro, pubblicate nel 1945, 1948, 1951 e 1961, ciascuna delle quali evidenzia quel continuo lavoro di scrittura e riscrittura che attraverso una levigatura linguistica e una costante riorganizzazione interna del materiale che viene ampliato ad ogni nuova edizione , ci permette di studiare una intera vita. Quella di Umberto Saba fino a quella che lui definisce la “ sera”, o meglio l’ora più bella e più amata della sera , quando tutto è stato fatto come scrive in questa poesia “L’ora nostra”. L’ora che lui stesso ama ,in cui tutto ormai è stato fatto, che gli permette con un prezzo però molto alto , il ricovero in clinica, di rinunciare proprio alla vita stessa : la scelta di passare appunto le ore della “ sera della sua vita” in una clinica al fine di alleviare quelle sofferenze che da sempre lo hanno tormentato .

L’ora nostra
Sai un’ora del giorno che più bella
sia della sera? tanto
più bella e meno amata? È quella
che di poco i suoi sacri ozi precede;
l’ora che intensa è l’opera, e si vede
la gente mareggiare nelle strade;
sulle mole quadrate delle case
una luna sfumata, una che appena
discerni nell’aria serena.

È l’ora che lasciavi la campagna
per goderti la tua cara città,
dal golfo luminoso alla montagna
varia d’aspetti in sua bella unità;
l’ora che la mia vita in piena va
come un fiume al suo mare;
e il mio pensiero, il lesto camminare
della folla, gli artieri in cima all’alta
scala, il fanciullo che correndo salta
sul carro fragoroso, tutto appare
fermo nell’atto, tutto questo andare
ha una parvenza d’immobilità.

È l’ora grande, l’ora che accompagna
meglio la nostra vendemmiante età.