Precipitò sull’alta velocità Firenze Roma, assolto: “Manutenzione prioritaria, ingiusto incolpare i piloti”

17 marzo 2023 | 06:58
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Precipitò sull’alta velocità Firenze Roma, assolto: “Manutenzione prioritaria, ingiusto incolpare i piloti”

“Vorrei che la mia storia fosse d’aiuto ai futuri piloti e che si desse priorità alla manutenzione”. Precipitò sull’alta velocità, l’intervista in esclusiva

“Vorrei che la mia storia fosse d’aiuto ai futuri piloti. E vorrei che si desse, in ogni caso, importanza prioritaria alla manutenzione”.
A parlare alla redazione del Capoluogo è Gianfranco Requedaz, pilota che il 28 ottobre 2017 fu coinvolto in un incidente aereo, con un suo amico.
Precipitò sui binari dell’alta velocità della Firenze-Roma.
Assolto nel luglio 2022. L’incidente non fu causato da un errore di pilotaggio, ma da una “grave avaria meccanica dell’aeromobile” che il pilota aveva appena noleggiato.

Sarebbe dovuto essere un “normalissimo volo” con un amico, destinazione Terni, con un aereo noleggiato all’Aeroclub Roma.
Le cose, però, sono andate diversamente, con l’aereo che è precipitato sulla linea dell’alta velocità. Il racconto del pilota Gianfranco Requedaz al Capoluogo, mesi dopo la tragedia che ha sconvolto L’Aquila, con la morte del pilota Corrado Mancinelli, commerciante aquilano di 70 anni, e di Maria Rita Vietri, 64enne aquilana, passeggera a bordo dell’ultraleggero precipitato nei pressi dell’aviosuperficie di Fossa, contro un casolare.

L’incidente che ha sconvolto la vita di Gianfranco avvenne cinque anni fa, il 28 ottobre 2017.
“Come da prassi, prima di ogni messa in moto e del decollo, controllai il mezzo: un Tecnam P92, costruito in Italia e dedicato soprattutto alla scuola di volo. Dai controlli effettuati risultò tutto regolare. Tuttavia, prima di decollare, si sono verificate una serie di situazioni che hanno comportato una certa attesa: nulla di anormale, soprattutto in una città come Roma. Spesso capita, infatti, di dover aspettare che si liberi la pista e che il traffico aereo defluisca…”.
Gianfranco, ripercorrendo l’incidente, sottolinea la differenza di attività manutentiva prevista sugli aerei, rispetto a quella prevista sugli ultraleggeri. “In Italia, purtroppo, gli ultraleggeri non sono soggetti a controlli specifici di meccanica.Per gli aerei dell’aviazione generale si predispongono controlli programmati frequentemente, che avvengono ogni x ore e che sono puntualmente registrati su appositi registri. Al contrario, la manutenzione sugli ultraleggeri non è regolamentata da un protocollo altrettanto rigido”, sottolinea.

Tornando all’attesa che ha preceduto il decollo, il pilota continua: Dopo qualche secondo dal lancio dell’aereo per la fase di decollo, il mezzo ha iniziato a non funzionare. Ho sentito all’improvviso un forte odore di benzina, poi delle vibrazioni. Purtroppo eravamo già sollevati da terra, in un punto in cui non era possibile atterrare: un punto di non ritorno. Il motore girava per metà ed eravamo sbilanciati. Le vibrazioni erano così forti che si faceva fatica a restare seduti”.
“A quel punto la velocità ha cominciato a diminuire, ma atterrando lì saremmo finiti nel fiume. Ho impostato allora una virata per tornare indietro: era l’unica cosa che potevo fare in quel momento, considerando il guasto. Ero all’altezza della pista, ma in un punto in cui l’atterraggio avrebbe comportato un frontale su fondo pista che sarebbe stato fatale.
Così mi sono risollevato, nonostante le fortissime vibrazioni. È a questo punto che ho visto i cavi della ferrovia…ricordo che tutto questo è successo in pochi secondi, il tempo scorreva veloce…Ho notato un grande albero e ho pensato che potesse attutire la botta. Ed eccomi qui, a raccontare quel momento“.

L’aereo da turismo, dopo lo schianto contro l’albero, è finito sui binari dell’alta velocità nella tratta Roma-Firenze, all’altezza di via Salaria 746, creando dapprima il blocco e poi importanti ritardi sulla principale linea di collegamento ferroviario del Paese. Il pilota e il suo amico, però, sono riusciti a salvarsi, nonostante gravi lesioni. Subito dopo l’incidente, “ho tappato i tubi della benzina che continuava a colare all’interno della cabina. Sono arrivati i soccorsi e ho spiegato il malfunzionamento del motore, un ROTAX 912 js. Il passeggero che era con me si era ferito ad una gamba”.

alta velocità

L’indagine e il processo.

All’esito delle indagini – nel corso delle quali era stato accertato che l’aeromobile aveva subito un improvviso calo di potenza proprio al decollo,obbligando il pilota ad una difficilissima manovra di emergenza, che lo portò a precipitare sulla linea dell’alta velocità – il Pubblico Ministero aveva tuttavia chiesto il rinvio a giudizio del pilota, Gianfranco Requedaz, con l’accusa di “disastro aviatorio”.
“Per me è stato un incubo. Si parlava di manovra sbagliata, del fatto che avessi chiuso i tubi della benzina. Decisiva è stata la GoPro che avevo con me durante il volo. La telecamera ha registrato video e audio di quanto successo. Sono stato comunque rinviato a giudizio, ma nel luglio scorso sono stato assolto dopo 10 udienze e due anni di processo“.

Durante il processo il pilota – assistito dagli avvocati Guido Simonetti e Simone Zancani di Venezia, specializzati nella difesa nei sinistri aeronautici – si è difeso dimostrando con i propri consulenti (tra cui un pilota, ex comandante delle Frecce Tricolori) che la caduta dell’aeromobile non era dovuta ad un errore di pilotaggio, ma ad una grave avaria meccanica dell’aeromobile che il pilota aveva appena noleggiato dall’Aeroclub di Roma. La formula con cui il Tribunale ha assolto il pilota – “per non aver commesso il fatto”– ha confermato la correttezza delle manovre eseguite da Requedaz, a seguito del malfunzionamento del motore del velivolo.

In cinque anni ho dovuto rinunciare a molti progetti di vita.Nel corso del processo sono andato avanti per me e per gli altri: per tutti quei piloti che, purtroppo, non possono parlare.
Non è giusto che i ragazzi che studiano per diventare piloti, inseguendo la propria passione, vadano incontro a quello che ho vissuto io. Si tende ad attribuire facilmente ‘la colpa’ al pilota, è semplice: così che chi è realmente responsabile sia esente da effettive e riconosciute responsabilità penali.
Ora – pur essendo rasserenato – resta la ferita per cinque anni di vita che non mi potrà restituire nessuno. Vorrei lanciare, attraverso la mia storia, due messaggi importantissimi. Il primo: la manutenzione deve essere eseguita in maniera dettagliata, meticolosa, senza mai lasciare nulla al caso. Il secondo: i piloti meritano un futuro migliore“.