Cronaca

Rapina in gioielleria, si ipotizzano altri colpi della banda

La banda responsabile della rapina in gioielleria a L'Aquila potrebbe averne messo a segno altre, in diverse zone. Disposti ulteriori accertamenti: due mesi di tempo per i contenuti dei telefoni degli arrestati

Rapina in gioielleria, la banda finita in carcere potrebbe aver commesso altre rapine simili a quella messa a segno a L’Aquila, a fine gennaio scorso. Due mesi di tempo per i contenuti dei cellulari: alla ricerca di contatti e informazioni.

La rapina in gioielleria a L’Aquila potrebbe non essere stata l’unica compiuta dalla banda di rapinatori fermata. Disposti accertamenti tecnici sui cellulari degli arrestati, come Il Capoluogo aveva anticipato qui.
Il sostituto procuratore della Repubblica, Roberta D’Avolio, cerca di verificare anche questa pista. Dai telefonini potrebbero venir fuori eventuali altri contatti e passaggi nelle zone in cui sono state registrate rapine simili a quella avvenuta a L’Aquila lo scorso 27 gennaio.
Naturalmente, come riporta Il Messaggero, gli accertamenti serviranno anche a ricercare possibili ricettatori: infatti, i tre orologi Rolex, i nove Omega e i due Tudor – del valore di circa 80mila euro – non sono stati più ritrovati.
Gli arrestati sono stati trasferiti nel carcere di Lanciano, tutti e tre con precedenti penali.
Si tratta di C. D. L e R. S., rispettivamente di Latina e Roma, considerati dall’accusa gli esecutori materiali della rapina. In carcere anche il 55enne S. M., originario della Sicilia, ma da anni residente a L’Aquila, considerato il basista. Ai domiciliari, invece, M. A., 42enne del posto ritenuto un “fiancheggiatore”, in quanto avrebbe fornito le targhe rubate per i mezzi usati per il colpo. I quattro sono difesi dagli avvocati Sonia Giallonardo, Massimo Manieri, Sandro Marcheselli e Franco Condoleo.

Ieri, nel corso dell’incidente probatorio, la Procura ha nominato un esperto informatico che avrà 60 giorni di tempo per relazionare sui contenuti dei dispositivi elettronici sequestrati. Nella vicenda sono indagati a piede libero altri due aquilani, che avrebbero prestato un furgone e una macchina alla banda per effettuare un primo sopralluogo e poi il colpo.

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