Camere con vista

La sfida di Giorgia Meloni, gli alleati appaiono freddi e la sinistra attacca

Giorgia Meloni vola a Bruxelles: dopo l'ultimo dibattito parlamentare gli alleati appaiono freddi. Intanto la Sinistra attacca e il terzo polo…sogna. L'editoriale di Giuseppe Sanzotta

La sfida di Giorgia Meloni, volata a Bruxelles per portare avanti le sue battaglie. Gli alleati di governo, però, appaiono freddi. La Sinistra attacca e il Terzo polo sogna. L’appuntamento Camere con vista di Giuseppe Sanzotta.

Dopo l’ultimo dibattito parlamentare diversi osservatori politici hanno voluto individuare dei segnali nuovi nello scenario politico italiano. Ma si tratta pur sempre di tesi di parte. A volte interessate, a volte si tratta solo di un desiderio. Partiamo dai fatti, quelli visibili.
La sinistra ha attaccato a testa bassa su diversi fonti: le armi all’Ucraina (i 5Stelle), l’immigrazione (il Pd), l’ambiente (i Verdi).
Il Terzo Polo ha criticato il governo, ma ha ricevuto i voti favorevoli della maggioranza a una propria mozione. Unico caso in questa occasione parlamentare. Ciò che ha colpito gli osservatori è che, dai banchi del governo mentre Giorgia Meloni replicava alle accuse dell’opposizione – con la veemenza che le viene unanimemente riconosciuta – al suo fianco non c’era Salvini e la Lega stessa era quasi assente. Non solo, ma in alcuni interventi la differenza di vedute nella maggioranza sulla questione Ucraina è stata evidente.

È vero che poi il voto è stato compatto, ma quelle differenze sono emerse chiaramente in Forza Italia e soprattutto nella Lega.
In Forza Italia si conosce bene il pensiero di Berlusconi su Putin e Zelensky. Gli esponenti di quel partito si barcamenano in liturgie oratorie, anche se poi conta il fatto che sull’Ucraina per necessità e convinzione non si allontanano dalla posizione ufficiale dell’Italia. Inoltre Forza Italia ha posto anche alcuni paletti sul progetto dell’autonomia differenziata, dopo un incontro dei vertici con alcune rappresentanti delle regioni. Così c’è chi si è spinto a parlare di Meloni isolata, oppure chi – dal Terzo Polo – parla di maggioranza sfilacciata e prossima ad implodere. Forse più che una analisi oggettiva, quello è il sogno di Renzi e Calenda. Un sogno perché la sola carta che hanno a disposizione, almeno per il momento, è quella di una maggioranza divisa e di un rimescolamento di carte. Hanno fatto una campagna elettorale invocando l’avvento di un nuovo governo Draghi. Anche a risultati acquisiti, hanno insistito prospettando un’implosione della maggioranza. Adesso è bastato notare l’assenza di Salvini e alcuni interventi, come quello di Romeo, non proprio omogenei con le parole di Meloni, per rinverdire il sogno dell’autunno scorso. Del resto i margini di azione sono limitati. C’era, in teoria, la possibilità di una collaborazione con il Pd a guida Bonaccini, con quello della Schlein le distanze appaiono incolmabili. Nello stesso tempo, non è da prendere in considerazione un sostegno non richiesto alla coalizione governativa. Allora non resta che un rimescolamento totale delle carte in tavola con l’implosione della maggioranza. 

Un gioco ad alto rischio perché, arrivando a Bruxelles, la premier ha subito gettato acqua sul fuoco rilevando che sull’Ucraina la posizione dell’Italia è chiara e non è cambiata. E la posizione è quella che ha portato Giorgia Meloni a incontrare Zelensky e a garantire il pieno sostegno politico e militare. Ma la freddezza degli alleati resta.
C’è chi vede in questa situazione una strategia in vista elle nomine di alcune grandi società. L’unica certezza sembra la conferma del gruppo dirigente di Eni. Ma per altre nomine la partita è aperta. Difficile dire se questo corrisponde al vero, oppure se Lega e Forza Italia non cerchino di ritagliarsi un proprio ruolo, cercando visibilità in un governo che sempre più si identifica con Giorgia Meloni. La differenziazione non può andare oltre un certo punto. 

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La sinistra non sembra puntare su una crisi di governo, sarebbe un impazzimento dei leader della maggioranza e per questo, con buona pace di Calenda e Renzi, da escludere, ma punta a costruire una coalizione di sinistra capace di  presentarsi come alternativa all’alleanza di governo. È un progetto a medio termine che deve necessariamente superare alcune tappe. In questa fase il Pd, stando ai sondaggi e ai nuovi iscritti, è in forte crescita. La Schlein, con una posizione più radicale rispetto al passato e al suo ex rivale per la segreteria, sta sfruttando l’essere all’opposizione per intestarsi più battaglie politiche possibili, per scendere nelle piazze senza porsi il problema, almeno ora, di offrire programmi razionali. L’altra tappa sarà quella delle alleanze. È chiaro che l’interlocutore principale sarà il Movimento 5Stelle, nonostante la concorrenza tra le due forze politiche che cercano di attingere nello stesso bacino elettorale. La concorrenza sta favorendo la Schlein, il Pd cresce e i 5Stelle calano. Ne è consapevole Conte che, per frenare la trasfusione di voti, calca la mano sul pacifismo e sul no alle all’invio di armi all’Ucraina, sapendo che su questo terreno la segretaria del Pd non potrà seguirlo. Ma una volta assestati gli equilibri, il confronto su una possibile alleanza si dovrà riaprire per poter competere nelle prossime scadenze elettorali. 

Il percorso del Pd e di Giorgia Meloni è simile, o meglio parallelo, punta a ripristinare il bipolarismo, marchio di fabbrica della Seconda Repubblica, che era andato in soffitta per la forte ascesa di una terza forza, i 5Stelle di Grillo, inizialmente ostili a qualsiasi alleanza.
Il tempo e il governo hanno cambiato le carte in tavola. A guidare quel partito c’è un leader che ha guidato due esecutivi con maggioranze completamente diverse e un ritorno all’antico isolamento non è contemplato. Intanto Giorgia Meloni va. La sola vera preoccupazione, al momento, è quella di trovare ostacoli nell’azione di governo. Se l’esecutivo si identifica con lei, il rischio è che ritardi e insuccessi le possano venire addebitati. L’opposizione cercherà di sfruttare ogni possibile passo falso, per minare la popolarità della premier. Ma Giorgia Meloni ama la sfida.
Così a Bruxelles si appresta a fare le sue battaglie: sul problema degli immigrati, con l’Ue che appare sorda, e sulle questioni economiche, soprattutto sul patto di stabilità. Ha già parlato con il Cancelliere Scholz e con Macron. Fa affidamento sulla sintonia con Ursula von der Leyen e sugli incoraggiamenti di Mattarella, che ha visto a pranzo prima di partire. Una partita che non si conclude domani, che avrà altre puntate. Meloni rappresenta l’Italia e gli interessi dell’Italia e ha chiesto a tutti, con scarso successo a dire il vero, di criticare, se lo ritengono giusto, la sua persona, ma di non denigrare l’Italia, perché questo indebolisce il nostro Paese. Comunque lei è a Bruxelles a fare la sua battaglia. E gli altri? Stanno a guardare. 

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