Riforma della Giustizia: “Si perde meno tempo, ma a discapito di cittadini”

24 marzo 2023 | 07:08
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Riforma della Giustizia: “Si perde meno tempo, ma a discapito di cittadini”

Riforma della Giustizia: processi più veloci, ma sono anche più giusti? L’intervista all’avvocato Paolo Maria Gemelli.

L’intervista all’avvocato Paolo Maria Gemelli, esperto di Diritto e Procedura penale e docente presso la Scuola Ispettori e Sovraintendenti della Guardia di Finanza dell’Aquila. Riforma della Giustizia: “Stiamo assistendo a un’involuzione”. Processo più più veloce, ma è anche più giusto?

“Stiamo assistendo ad un’involuzione del processo penale che sacrifica se stesso all’insegna dell’efficienza, a discapito dell’imputato e, quindi, del cittadino”. Così nell’intervista sulla riforma della Giustizia a IlCapoluogo.it l’avvocato Paolo Maria Gemelli, esperto di Diritto e Procedura penale e docente presso la Scuola Ispettori e Sovraintendenti della Guardia di Finanza dell’Aquila, nonché membro di diversi organismi di vigilanza, da quello di TUA spa a quello della Gran Sasso Acqua.

Ma perché era necessario intervenire con una riforma della Giustizia?
“Per cogliere il senso della Riforma Cartabia – spiega l’avvocato – bisogna comprenderne le origini. L’esigenza di intervenire sull’assetto processuale italiano nasce dagli obblighi assunti dal nostro Paese con l’Unione Europea attraverso il PNRR: sfoltire il carico giudiziario del 25% – nell’ottica di ridurre i tempi dei processi – a fronte dello stanziamento di ingenti somme per il raggiungimento degli obiettivi prefissati”.
Insomma, un obiettivo sacrosanto, quello di “velocizzare” la Giustizia, che però è stato perseguito in modalità che non convincono del tutto: “In questa prospettiva, – spiega l’avvocato Gemelli – diverse sarebbero potute essere le soluzioni per sfoltire il carico di lavoro degli uffici giudiziari, in un’ottica efficientista. Sotto il profilo organizzativo, si sarebbe potuto ampliare significativamente il numero del personale amministrativo, investire nelle infrastrutture e negli strumenti informatici. Sotto il profilo sostanziale, invece, si sarebbe potuto decidere di attuare una depenalizzazione di massa ovvero percorrere le strade dell’amnistia e dell’indulto“.
C’era però il tema delle tempistiche: “Nessuna di queste soluzioni – benché potenzialmente risolutive – avrebbero potuto essere realizzate negli strettissimi tempi previsti dall’UE, dal momento che, da un lato, si sarebbero certamente scontrate con i noti problemi burocratici, oltre che con la mancanza di risorse finanziare, e dall’altro, avrebbero incontrato l’ostracismo dell’opinione pubblica e, quindi, l’insormontabile ostacolo del dibattito (o meglio, della polemica) politica”.

Quindi come si è proceduto?
“La scelta è ricaduta su una riforma tecnica che intervenisse direttamente sui meccanismi procedimentali per inibire la celebrazione dei processi: è stata introdotta una nuova e più stringente regola di giudizio, uguale per l’archiviazione e per l’udienza preliminare; sono stati aggiunti i cosiddetti criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti nella fase delle indagini preliminari; sono stati inseriti dei correttivi per incentivare l’accesso ai riti alternativi (patteggiamento, abbreviato e concordato in appello); è stata abolita la prescrizione una volta intervenuta la sentenza di primo grado; sono stati introdotti limiti impliciti all’autonomo potere del difensore di impugnazione dei provvedimenti; è stata prevista come regola generale la trattazione cartolare (ossia, solo scritta) dei giudizi di impugnazione. In sostanza, ognuno di tali correttivi contribuisce a suo modo alla realizzazione del vero obiettivo perseguito: perdere meno tempo possibile nell’accertamento della responsabilità penale. Un obiettivo che di per sé non sarebbe deprecabile, se solo non fosse che lo si voglia realizzare attraverso un sottile ricatto: più l’imputato contribuisce alla celere definizione del procedimento, accettando le vie di fuga offerte dal legislatore, meno infausto sarà l’epilogo della vicenda giudiziaria”.

Cosa comporta tutto questo?
Come spiega l’avvocato Gemelli, si arriva così a un “graduale, inesorabile e preoccupante arretramento del fulcro del processo, che indietreggia sempre più verso la fase delle indagini preliminari, allontanandosi da quella dibattimentale. In sostanza, siamo di fronte ad uno snaturamento dell’essenza del modello accusatorio cui era ispirato l’odierno codice di rito introdotto nel 1988, dove l’attività di accertamento del fatto-reato era demandata al dibattimento: cioè, la sede naturale della formazione della prova nel contraddittorio delle parti. Un principio fondamentale del cosiddetto giusto processo e di cui si era sentita l’esigenza proprio per superare il vecchio modello inquisitorio, nel quale l’imputato era sostanzialmente estromesso dalla formazione della prova e poteva solo difendersi passivamente dalle accuse che gli venivano formulate. Stiamo assistendo ad un’involuzione del processo penale che sacrifica se stesso all’insegna dell’efficienza, a discapito dell’imputato e, quindi, del cittadino“.

L’avvocato Paolo Maria Gemelli.

Fondatore dello Studio legale Gemelli Avvocati di Roma, l’avvocato Paolo Maria Gemelli è esperto in Diritto e Procedura penale, con particolare riferimento ai reati contro la Pubblica amministrazione, al Diritto penale dell’Economia; è anche esperto di Diritto penale societario, tributario, di Organizzazione aziendale, Società partecipate, anticorruzione e antiriciclaggio, rivestendo incarichi di vigilanza in diverse realtà in tutta Italia. In Abruzzo, è presidente dell’organismo di vigilanza in TUA Spa e membro dell’organismo di vigilanza di Gran Sasso Acqua Spa e Banca del Fucino.
L’avvocato Gemelli è anche docente di Diritto Penale e Processuale Penale, Legislazione e Tecniche Operative di tutela dell’economia e della sicurezza, Antiriciclaggio e Responsabilità degli enti ex D.lgs. 231/01 presso la Scuola Ispettori e Sovraintendenti della Guardia di Finanza di L’Aquila.

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