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Hikikomori: un esercito di giovani isolati, depressi, iper connessi

Sono giovani, anzi giovanissimi e hanno deciso di isolarsi dalla società: chi sono gli Hikikomori e cosa possiamo fare per aiutarli.

Isolati, depressi, ma iper connessi: chi sono gli Hikikomori? Il termine giapponese significa “stare in disparte” e viene utilizzato a livello mondiale per indicare chi – soprattutto tra i più giovani – decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, alle volte anni, rimanendo comunque connesso. Sono ragazzi che per mesi si chiudono in casa a dormire o a guardare la televisione, a leggere o a giocare online.

Rinchiusi nella propria abitazione, spesso nella propria cameretta, senza mangiare, attaccati al computer, al tablet allo smartphone, gli Hikikomori sono soprattutto giovani, tra i 14 e i 30 anni, di sesso maschile nel 70 per cento dei casi che evitano qualunque tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta anche con i familiari. Se fino a poco tempo fa il fenomeno Hikikomori era considerato marginale in Italia, ora i cosiddetti “ritirati sociali”, ovvero giovani o giovanissimi che smettono di uscire di casa, di frequentare scuola e amici, per chiudersi nelle proprie stanze e limitare al minimo i rapporti con l’esterno, mantenendo i contatti prevalentemente attraverso Internet, sono circa 54mila secondo uno studio nazionale svolto dal Gruppo Abele e dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa. Il 18,7% degli intervistati afferma di non essere uscito per un tempo significativo, escludendo i periodi di lockdown, e di questi l’8,2% non ha messo piede fuori dalla propria abitazione da uno a sei mesi e oltre. In quest’area si collocano sia le situazioni più gravi (oltre sei mesi di chiusura), sia quelle a maggiore rischio (da 3 a 6 mesi).

Le indagini ufficiali condotte finora in Giappone dal governo hanno identificato oltre 1 milione di casi, con una grandissima incidenza anche nella fascia di popolazione over 40. Questo perché, nonostante i soggetti hikikomori si palesino principalmente durante l’adolescenza, la condizione tende a diventare cronica, rischiando di perdurare anche tutta la vita. Un problema, sempre più crescente, sicuramente ampliato dagli effetti psicologici della pandemia che ha imposto isolamento e reclusione. In Italia, dopo l’emergenza sanitaria che ha estremizzato il problema, l’attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando. Lo psicologo Marco Crepaldi ha fondato l’associazione Hikikomori Italia e studiandoli ha stabilito che, alla base di questa condizione di auto isolamento, c’è una radice di disagio adattivo sociale. I giovani in sostanza fanno sempre più fatica a relazionarsi, ad adattarsi a una società in continua evoluzione. Sono spesso molto intelligenti, sensibili e introversi, a tal punto dal convincere che si sta meglio da soli.

QUANDO L’AUTOISOLAMENTO PUO’ DIVENTARE UNA MALATTIA: I CAMPANELLI DI ALLARME

Per cercare di intervenire tempestivamente, prima che la situazione diventi sempre più irreversibile, è bene conoscere alcuni atteggiamenti che possono evidenziare chi è a rischio di sfociare nella condizione Hikikomori. I principali campanelli di allarme a cui le famiglie dovrebbero prestare attenzione sono ad esempio il rifiuto di fare attività attività extrascolatiche come sport o uscite con gli amici. Successivamente c’è il rifiuto della scuola, vista come qualcosa di negativo e andando avanti mutuare un atteggiamento sempre più negativo nei confronti della società. E la dipendenza da internet – che può rappresentare un rifugio, o un porto sicuro, non diventa più una concausa, ma una conseguenza di questo stato di malessere.  Con la psicologa aquilana Chiara Gioia avevamo già studiato il fenomeno all’indomani del primo lockdown: nella nostra cultura occidentale  – aveva spiegato la dottoressa Gioia, si è riusciti a fare una distinzione tra Hikikomori Primario, quella condizione di reclusione che non ha legami con altri disagi preesistenti, e Hikikomori Secondario, quell’esclusione sociale che risulta essere l’effetto di fobie, disturbi dell’umore o altre sofferenze a livello psichico

Hikikomori, soli per scelta ma connessi: quando il mondo finisce in una stanza

 

Hikikomori e confusione: è notte o giorno?

Spesso gli hikikomori presentano “alterazioni dei ritmi sonno-veglia”, ci spiega ancora la dottoressa Chiara Gioia. “Si scambiano il giorno e la notte, tutto risulta molto confuso. Ciò provoca ulteriore disagio, che può tradursi anche attraverso forme di aggressività e scoppi di rabbia. Inoltre, uno studio recente ha dimostrato come tra gli hikikomori sia associato un elevato rischio di suicidio”.

LE CONSEGUENZE SULLA SALUTE

Dall’isolamento prolungato si innescano tutta una serie di problematiche che coinvolgono la salute a 360 gradi. Non solo depressione quindi, ma un impatto negativo su attività fisica, alimentazione e cura della propria persona. Per evidenziare eventuali problematiche di salute conseguenti, può essere utile fare delle analisi del sangue. Questo perchè, secondo uno studio giapponese recentemente pubblicato, sono stati individuati alcuni biomarcatori che, negli Hikikomori risultano essere presenti in livelli aumentati rispetto ai soggetti sani – È fondamentale chiarire che l’aumentata presenza di questi biomarcatori nel sangue non è la causa della condizione di Hikikomori, quanto piuttosto una conseguenza dell’isolamento prolungato, fonte di grandi disagi psicologici, ansia e stress – Per questo motivo, i biomarcatori possono solamente fornire un’indicazione sulla gravità della situazione ed, eventualmente, dare un’idea di come l’eventuale trattamento, psicologico e psichiatrico, stia procedendo. (fonte fondazione Veronesi).

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