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Lo scrittore argentino Mempo Giardinelli torna nell’Abruzzo delle sue origini

2 aprile 2023 | 10:42
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Lo scrittore argentino Mempo Giardinelli torna nell’Abruzzo delle sue origini

Mempo Giardinelli, giornalista e scrittore argentino, torna in Abruzzo, la terra da dove partì suo nonno in cerca di fortuna.

La visita di un grande scrittore argentino come Mempo Giardinelli a Pescara, forse doveva avere più attenzione nella Regione, che ha più emigranti che abitanti, con un Cram dai soli poteri consultivi ed in più avendo soppresso lo stesso Ufficio Emigrazione Regionale.

Questo nonostante che lodevolmente la iperattiva Fondazione “PESCARABRUZZO”, guidata dal Prof. Nicola Mattoscio, abbia ospitato il grande romanziere per rendergli omaggio, all’insegna del suo motto: “condividere innovando”, rendendo sempre più internazionale lo scenario culturale. Un incontro intenso e partecipato, animato dallo stesso Dott. Antonio Bini, in qualità di Direttore della rivista “Abruzzo nel Mondo”. Mempo Giardinelli, non solo in Argentina (dov’è nato nella Città di Resistencia, il 2 agosto 1947) ma in tutto il Sud America gode di grande considerazione, sempre con l’impronta delle origini abruzzesi (discendente dal nonno Gaetano emigrato nell’1885, dal borgo di Filetto (in provincia di Chieti), immerso tra i rigogliosi vigneti e uliveti. Una grande emozione per Oscar Alfredo Ramon, che in tutto il mondo latino-americano è noto anche come giornalista, con opere tradotte in 26 lingue, che nel 1993, in Venezuela ha ricevuto il prestigioso Premio “Romulo Gallegos”, ma anche in tanti Paesi come il Messico, il Cile ed in Europa, in Spagna ed in Italia. La sua formazione nella sua città natale, ma quella superiore in Giurisprudenza, non è stata completata, per immergersi subito nella scrittura Dopo però sono arrivate tante Lauree “Honoris Causa”, in varie Università argentine (“Nazionale di La Plata “), ma anche all’estero, in Paraguay, in Francia e financo nella lontana isola di Formosa. Quindi iniziò la carriera giornalistica, nei primi anni’70, a Buenos Aires, pubblicando dopo il suo primo romanzo: “Perché hanno bandito il circo?”, che ebbe critiche letterarie lusinghiere, ma con il regime dei militari la sua opera fu bandita e considerata “sovversiva”, per i temi trattati. Dopo questo per lo scrittore si aprì solo la strada dello esilio, in Messico, dove restò dal 1976 al 1984, vivendo come professore alla “Universidad Iberoamericana de Mexico”, che per lui costituì una grande palestra, pubblicando le sue prime opere dall’estero, all’inizio degli anni’80. Allora in Spagna si pubblicò il suo “La revolution en bicicleta” seguito da “El cielo con la manos” e “Vite esemplari”, con quel romanzo “Luna caliente”, nel 1983, con cui vince il prestigioso “National Novel Award”, ma seguito anche da un saggio “poliziesco” dal titolo “El genero negro”. Dopo queste opere dell’esilio Mempo, tornato nell’Argentina libera, entrò come Docente presso la Facoltà di Giornalismo e Comunicazione Sociale, nell’Università di “La Plata,” fondando altresì la rivista letteraria “Puro Cuento”. Il passaggio significativo, a metà degli anni ’90, lo vide aprire una sua Fondazione, proprio a Resistencia, promuovendo la lettura e la ricerca pedagogica, che tra l’altro, ancora oggi sostiene progetti di solidarietà, per le scuole e le mense bisognose della sua provincia. Tra i tanti riconoscimenti ricevuti, ne vanno citati altri in Spagna, (Premio Grandi Viaggiatori), ma anche nel nostro Paese, tra il 2007/2009, con il “Grinzane Montagna” ed il “Giuseppe Acerbi”, fino al 2021, con il 13^Premio Narrativo Iberoamericano “Manuel Rojas”, seguito dall’ultimo romanzo “Questo non è mai stato”. Un impegno letterario ed artistico a tutto campo oltre i romanzi, le storie, anche per i minori, nonché antologie, poesie, prove e nella filmografia. La sua stessa attività politica va segnalata, avendo aderito in gioventù all’ Unione Civica Radicale, avvicinandosi poi al Movimento Peronista, sempre più con disincanto, impegnato prima nelle esperienze sindacali, tra i fondatori del “Peronist Press Bloc”, confluito nella grande Confererazione della JTP. In particolare i suoi ricordi d’infanzia, con i familiari, sulle lontane radici abruzzesi, le ritroviamo in particolare nel suo libro: “Sant’Uffizio della Memoria”, pluripremiato in vari Paesi. In questo libro emblematico della prosa di Giardinelli, uscito nel 1991(tradotto nel 2016 in Italia, da Pp. Marchetti), si parla del ritorno in Argentina, dopo la dittatura dei generali, narrando la “saga di una famiglia abruzzese, emigrata in America, nella grande ondata migratoria di fine ‘800. “Torna la democrazia e tornano anche in tanti dall’esilio, tra loro c’è Pedro, erede di una famiglia emigrata dall’Italia, spinta dal sogno del benessere, ma anche segnata da una lunga serie di morti violente…e ad aspettarlo ci sono tutti i suoi parenti, quelli vivi ed i morti, che con i loro volti e le loro voci, aiutano a ricostruire la lunga storia della famiglia… con amori, odi, passioni, meschinità e rancori, che è la famiglia”. Nella bella recensione, A.Riva (Il Venerdì di Repubblica): “Sotto il dispositivo romanzesco, l’autore affronta alcuni nodi, che parevano risolti e invece la cronaca ci mostra essere ancora aperti, non solo in America Latina, anzi l’emigrazione, la condizione femminile e soprattutto una idea che fatica a farsi destino, qualsiasi sia la sponda dell’oceano dove approda la liberta”. Un’analisi interessante ed originale, che lega i temi cruciali delle emigrazioni, con la storia umana di popoli e di singoli, alla ricerca non solo del riscatto dalla fame e miseria, ma anche alla ricerca della democrazia e giustizia sociale, che specie sui temi dell’esilio politico, ricorda alcune pagine commoventi di uno scrittore come Ignazio Silone, nella Zurigo, rifugio degli antifascisti, in un’Europa sotto il tallone delle dittature. Il Presidente Nicola Mattoscio ha parlato altresì di un M.Giardinelli, nel rapporto con un altro gigante della letteratura e del cinema, come John Fante(originario di Torricella Peligna, sempre nel chietino), facendo tornare alla memoria le pagine, dal suo celebre romanzo “Chiedi alla Polvere”:

“Questa sì che era vita, girare, fermarsi e poi proseguire, sempre seguendo il nastro bianco, che si snodava lungo la costa sinuosa, liberandosi da ogni tensione, una sigaretta dopo l’altra e cercando invano delle risposte nell’enigmatico cielo del deserto”