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Gagliano Aterno rilancia il grido di libertà delle donne da Iran, Afghanistan e Kurdistan

Jin Jiyan Azadi, anche a Gagliano Aterno lo striscione in solidarietà con le donne dell'Iran, Afghanistan e Kurdistan, mentre è in corso il Festival LibriGanzi.

Jin Jiyan Azadi, anche a Gagliano Aterno lo striscione in solidarietà con le donne dell’Iran, Afghanistan e Kurdistan, mentre è in corso il Festival LibriGanzi.

“Un manifesto che raccoglie e rilancia il grido di libertà delle donne del Medio Oriente, dalla Rivoluzione delle donne del Kurdistan, all’Iran e all’Afganistan: le donne organizzate unite, le donne alla testa delle rivolte sono una risposta concreta alla guerra e alla violenza che distruggono incessantemente le vite e il pianeta tutto. Che ci sia di ispirazione!”. Così il sindaco di Gagliano Aterno, Luca Santilli, che spiega: “Il manifesto è rimasto appeso sulla rocca di Calascio, rivolto verso il Corno Grande del Gran Sasso, poi Fontecchio, ora a Gagliano Aterno e poi ancora di paese in paese, montagna in montagna e di cuore in cuore. Fino alla libertà, fino alla pace! Jin Jiyan Azadi”.
Sempre a Gagliano è in corso la prima edizione di LibriGanzi (dal 29 aprile al 1° maggio). Tra gli obiettivi dell’iniziativa, il confronto sugli sviluppi delle iniziative locali, ma anche una la mappatura delle realtà associative, collettivi e singoli individui attivi e da coinvolgere in Abruzzo per un manifesto condiviso.

La settimana scorsa, lo stesso striscione era apparso sulla Rocca di Calascio, rivolto verso il Gran Sasso: “Il nostro desiderio – avevano spiegato gli organizzatori – è che, come nel passato quando questi luoghi comunicavano tra loro con raggi di luce, questo messaggio possa rimbalzare da una rocca all’altra delle nostre montagne”.

Donna, vita, libertà

Donna, vita, libertà è il grido dei manifestanti che, dal 16 settembre, giorno in cui morì Masha Amini,  scendono in piazza in tutto il mondo a sostegno della popolazione Iraniana.  In sette mesi, in migliaia hanno manifestato – e continuano a farlo – contro il regime oppressivo e misogino attuale e per chiedere libertà e democrazia.

Scendere in piazza in Iran significa sapere di uscire di casa e poter andare incontro a torture, arresti: alla morte, come successo per 750 manifestanti in questi sette mesi (dati diffusi dalle associazioni, ma che probabilmente sono al ribasso). Nei giorni scorsi, ha parlato ai microfoni di Eleonora Falci Shahed Sholeh, attivista Iraniana. “Non ci siamo mai fermati a piangere”.

Iran, la voce della rivoluzione nelle parole di Shahed Sholeh: non ci siamo mai fermati a piangere

“Quello che sta succedendo in questi sette mesi è molto importante per noi”, ha spiegato Shahed Sholeh, attivista Addi, intervenuta in un incontro a L’Aquila il mese scorso. “Dalla prima rivolta popolare alla seconda, sono passati dieci anni. Dalla morte di Masha Amini a oggi, pochissimi mesi. È una rivolta prolungata e lunghissima cui partecipano le donne in prima fila”. La mancanza di diritti tocca tutti: ma se non si ha più nulla da perdere, si può cambiare per il futuro dei nostri figli. Perlomeno, per dar loro un futuro.
Le voci delle donne che gridano “Donna, vita, libertà”, ma anche “Libertà, libertà, libertà”, sono rimbalzate attraverso i social anche in occidente: la loro è una estrema richiesta di un diritto mai così tanto desiderato. “Le leggi hanno istituzionalizzato la misoginia”, spiega Shahed Sholeh, cui chiediamo, nello specifico, a cosa faccia riferimento: “Sono le stesse leggi che sanciscono che le donne non sono uguali gli uomini. Nel divorzio, i figli vengono affidati solo ai padri. Nei processi, due testimonianze di due donne valgono come quella di un uomo. Serve il permesso di un uomo per fare qualsiasi cosa: anche – ed è successo ultimamente – per partecipare a competizioni sportive a livello mondiale. La lapidazione è legale” sottolinea. “E se non viene eseguita è perché ci sono pressioni internazionali”.

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