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Le nuove stanze della poesia, Claudio Damiani

4 maggio 2023 | 12:58
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Le nuove stanze della poesia, Claudio Damiani

La poesia di Claudio Damiani tende alla semplificazione: ne parliamo nell’appuntamento con la rubrica a cura di Valter Marcone.

Nell’appuntamento con la rubrica Le nuove stanze della poesia, a cura di Valter Marcone, analizziamo questa settimana la figura del poeta Claudio Damiani.

Claudio Damiani ha pubblicato le sue raccolte di poesie più importanti con l’editore Fazi. E’ nato nel 1957 a San Giovanni Rotondo e vive a Rignano Flaminio vicino Roma. Parlare della sua poesia vuol dire parlare di versi che raccontano il valore essenziale della vita umana ma anche di quella in genere naturale. La poesia di Claudio Damiani tende alla semplificazione.  Quella che per esempio, parlando di procedimento matematico, si attua nella risoluzione delle equazioni che attraverso appunto la semplificazione porta fuori l’incognita che nel caso della poesia di Damiani è proprio il mistero della vita . Quella che lui indaga senza distrazioni componendo versi che ofrono un dialogo tra l’Io e il Tu
Numerose le sue raccolte poetiche Fraturno (Abete,1987), La mia casa (Pegaso, 1994, Premio Dario Bellezza), La miniera (Fazi, 1997, Premio Metauro), Eroi (Fazi, 2000, Premio Aleramo, Premio Montale, Premio Frascati), Attorno al fuoco (Avagliano, 2006, finalista Premio Viareggio, Premio Mario Luzi, Premio Violani Landi, Premio Unione Lettori), Sognando Li Po (Marietti, 2008, Premio Lerici Pea, Premio Volterra Ultima Frontiera, Premio Borgo di Alberona, Premio Alpi Apuane), Il fico sulla fortezza (Fazi, 2012, Premio Arenzano, Premio Camaiore, Premio Brancati, finalista vincitore Premio Dessì, Premio Elena Violani Landi), Ode al monte Soratte, con nove disegni di Giuseppe Salvatori (Fuorilinea 2015), Cieli celesti (Fazi, 2016, Premio Tirinnanzi). I suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue (tra cui principalmente spagnolo, inglese, serbo, sloveno, rumeno) e compaiono in molte antologie italiane (anche scolastiche) e straniere.

claudio damiani

Nel 2010 è uscita un’antologia di poesie curata da Marco Lodoli e comprendente testi scritti dal 1984 al 2010 (Poesie, Fazi, Premio Prata La Poesia in Italia, Premio Laurentum).
Ha pubblicato di teatro: Il Rapimento di Proserpina (Prato Pagano, nn. 4-5, Il Melograno, 1987) e
Ninfale (Lepisma, 2013). Ha curato i volumi: Almanacco di Primavera. Arte e poesia (L’Attico Editore, 1992); Orazio, Arte poetica, con interventi di autori contemporanei (Fazi, 1995); Le più belle poesie di Trilussa (Mondadori, 2000). E’ stato tra i fondatori della rivista letteraria Braci (1980-84). Suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue (tra cui principalmente inglese, spagnolo, serbo, sloveno, rumeno) e compaiono in molte antologie italiane (anche scolastiche) e straniere.
Marco Lodoli nella prefazione del libro “Poesie” pubblicato da Fazi nel 2010 scrive: “La poesia di Claudio Damiani ha un timbro e una sostanza immediatamente riconoscibili, perché afferra il cuore e perché viene da lontano – dal sempre, direi, se il sempre fosse una categoria letteraria. Una poesia che non divaga e non si distrae in inutili acrobazie stilistiche, che non vuole scandalizzare o sorprendere grattando i nervi, ma che rimane costantemente fedele, persino nella sua metrica, al ritmo profondo dell’esistenza. Il ritmo dei versi è il respiro profondo e ciclico della vita, e le immagini di un uomo nella natura non pretendono di scavalcare un destino comune o peggio ancora di maledirlo in nome di una superiorità intellettuale: qui siamo esattamente dentro il percorso di un’emozione che sa quanto la vita sia breve e sacra.
Una grande compassione lega Damiani alle creature del mondo, non c’è bisogno di andare via dalla propria terra, di moltiplicare incontri ed esperienze per scoprire l’evidenza di una legge naturale, tanto crudele quanto ineludibile.
Amo i libri di Damiani come cose vive, tremanti, generose nella coscienza del limite: confesso di aver talvolta baciato queste pagine come amiche sincere che sul bordo di un addio ci dicono le cose più importanti, con il tono pacato di chi non ha più nulla da nascondere, nulla da abbellire con i fiocchi della letteratura. È una poesia grandissima perché va al cuore del problema, là dove la vita e la morte si guardano negli occhi e si riconoscono come parti del tutto.
Queste poesie non solo ci convincono nella loro distesa purezza, ma per un poco almeno ci rendono migliori, come la grande poesia fa sempre, perché ci mettono in contatto con il centro della vita, vita che si disperde ovunque, che si ammala, soffre e scompare nella storia individuale e collettiva, ma che contiene un nocciolo fermo, fecondo come l’amore”.

Quasi un trentennio di poesia “pura”, restituita a uno sguardo infantile e quindi inesorabilmente sincero, alla ricerca senza pudori adulti di spazi di libertà da ritrovare e di cui stupirsi ancora. Un dire che trattiene l’impuro e nel mentre ricorda quanto impuro ci sia, come se fosse un parlare ai figli, e dalla stessa parte dei figli, quindi di tutti e d’ognuno. La poesia di Claudio Damiani consegna al cuore l’esistenza dell’universo naturale

Dal mio piccolo punto di vista
vedo l’universo. Un rettangolino.
Il mio terrazzo. È la notte di maggio calda
e fresca, una brezza mite spira
che mi rinfresca della giornata afosa.
L’universo non credo sia diverso
dal nostro mondo: dopo tanto pensare,
tanto meditare sono convinto non solo
che quel che sta sulla terra sta un po’ dovunque nel cielo
ma anche che quello che sta nel cielo
sta un po’ qua e là sulla terra.
Allora dico: non ci immaginiamo cose tanto strane
ma guardiamo quello che ci sta vicino,
lasciamoci ferire dalla sua bellezza
e nella sua sapienza riposiamo il cuore.
(Poesie , Fazi , 20210)

Che bello che questo tempo
è come tutti gli altri tempi,
che io scrivo poesie
come sempre sono state scritte,
che questa gatta davanti a me si sta lavando
e scorre il suo tempo,
nonostante sia sola, quasi sempre sola nella casa,
pure fa tutte le cose e non dimentica niente
– ora si è sdraiata ad esempio e si guarda intorno –
e scorre il suo tempo.
Che bello che questo tempo, come ogni tempo, finirà,
che bello che non siamo eterni,
che non siamo diversi
da nessun altro che è vissuto e che è morto,
che è entrato nella morte calmo
come su un sentiero che prima sembrava difficile, erto
e poi, invece, era piano.
(da La miniera, Fazi, 1997)

Mentre i ragazzi fanno il tema
e le loro teste sono chine sul foglio
la stanza della classe riposa quieta
e brilla come una luce intorno ai loro capi.
Io li guardo, e la loro forza mi punge
– una ragazza è venuta a chiedermi una cosa
e nei suoi occhi celesti sprofondo -,
alcune delle fanciulle sono meno belle
ma nei loro tratti rivedo la gloria
delle donne latine,
i modi augusti e i lineamenti noti,
– penso a giovani donne prenestine, antichissime,
ornate di monili, eleganti,
e a povere fanciulle, a contadine a pastore
dei secoli più bui -,
e anche i ragazzi, quanta gloria sui loro capi.
E in tutti, quanta attesa, quante speranze
– loro di tutti i miei allievi sono i più grandi, sono già grandi –
e penso: come non ho detto niente a loro!
come non ho fatto niente! – non avrei potuto? –
solo preoccupato di fare il professore,
nella fretta in cui sono sempre, e distratto,
come se non mi fossi mai accorto di loro.
E mi stupisco di essere stato capace
pure di galleggiare in questo abisso di luce,
di essere rimasto illeso, salvo, tra tanta forza di flutti,
tra tanto mare calmo come un cielo celeste.
(da La miniera, Fazi, 1997)
Noi della resistenza non è che andiamo in strada a sparare,
né ci nascondiamo in montagna,
né scriviamo sui giornali,
noi della resistenza non facciamo niente
ma quando moriremo avremo nella nostra mente
un ordine beato che ci ha consolato,
ci ha accompagnato nella vita, ci ha dato gioia
e felicità, ha fatto sì che la vita valesse veramente viverla,
morderla con tutti i denti come un pomo,
e quando moriremo questo paradiso
che noi abbiamo trovato, che era per strada
sotto gli occhi di tutti,
lo porteremo con noi sotto terra
e anche sotto terra continuerà a brillare.
(da Attorno al fuoco, Avagliano, 2006)

Le poesie appena trascritte sono un esempio di quell’universo che Damiani mette assieme . Due delle poesie appartengono alla raccolta La miniera. La miniera, un libro che raccoglieva l’intera produzione fu unanimemente definito dalla critica un’opera epocale perchè rappresentava uno degli avvenimenti poetici più interessante degli ultimi anni. Versi che erano finalmente in grado di muovere nella mente e nel cuore del lettore sentimenti chiari e forti perchè chiari e forti erano quei versi di fronte a tanta incomprensibilità e incertezza del panorama della poesia del nostro paese. In quelle poesie che avevano dentro le parole delle novità seppure antiche seppure nello spirito moderno, alla nostra tradizione poetica maggiore. La miniera, l’opera più ambiziosa e complessa finora pubblicata da Damiani, si presenta come un vero e proprio romanzo in versi in cui l’ispirazione poetica procede di pari passo con la narrazione di una formazione sentimentale alla vita. Attraverso liriche brevi e fulminanti Damiani ci conduce con maestria al centro di un luogo poetico e onirico che è esso stesso oggetto e punto d’arrivo del suo sguardo e del suo racconto. La miniera ci rivela uno straordinario talento lirico e visivo, una voce poetica insieme salda e vertiginosa, affascinante e avvincente. A tre anni di distanza la raccolta Eroi rappresentò una conferma ponendo Damiani in un posto a sé.
“Eroi ,come si legge nella pagina del suo editore Fazi, è un libro tematico sulla famiglia e sul tempo che scorre, sul passato che ci fa essere quello che siamo e costituisce la nostra memoria e la nostra appartenenza più profonda, ed è caratterizzato da un sentimento malinconico e dolce che consente all’autore di raccontare ed evocare, come raramente è riuscito ad altri in questi anni, cose piccole e grandi di ogni giorno, affetti e stupori, il continuo mistero della vita che si rinnova spostandoci, noi e le persone che amiamo, continuamente.
Dicevo che La miniera è un mondo poetico in cui proprio la poesia ci aiuta a capire il mondo. Ma la dichiarazione poetica di Damiani sta tutta in questa poesia
Noi qui in avamposto
siamo stati messi,
soldati un po’ speciali
un po’ ingegneri, un po’ filosofi.
Stiamo in guardia
ma nell’intento dei capi
stiamo in attacco,
siamo qui messi per capire cose
che nessuno ha capito,
siamo gettati come da un aereo
senza paracadute,
dobbiamo cadere in piedi,
trovare l’equilibrio
per non cadere,
dobbiamo trovare il segreto,
cadendo, per non cadere.
E se cadiamo
nessuno sa niente di noi.
I nostri morti vengono portati via
alla chetichella, all’insaputa di tutti,
bruciati in appositi forni.
In effetti essendo agenti segreti [i poeti, ndr]
nessuno sa niente di noi,
nemmeno noi sappiamo quello che dobbiamo fare,
infatti, più che fare, dobbiamo non fare,
infatti passiamo la gran parte del tempo
a non far niente,
eppure le giornate passano e non sappiamo come,
come se facessimo mille cose, e a noi ci sembra di farle
ma non le facciamo.
Siamo soli, non possiamo parlare con nessuno,
siamo qui da un tempo indefinito,
abbiamo perso la cognizione del tempo.
A volte capita, per un puro caso,
che intercettiamo qualcosa
e lo registriamo automaticamente
senza pensarci, distrattamente.
Abbiamo una quantità impressionante di macchine
ma abbiamo il dubbio che ci servano veramente a qualcosa.
Noi non abbiamo avanti che cielo, sempre cielo,
il sole ci bacia e la brezza
ci vellica le guance,
il vento muove le nostre pagine
e i nostri giorni volano.

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