Teatro

Ninni Bruschetta: a L’Aquila mi sento libero, mi ci potrei anche trasferire

A tu per tu con Ninni Bruschetta: l'attore siciliano, innamorato dell'Aquila, ha portato in scena “La misteriosa fiamma della regina Loana”

Ninni Bruschetta: teatro, cinema, serie tv. E un grande amore per L’Aquila.

Il famoso attore siciliano, protagonista di numerosi spettacoli teatrali e di fiction televisive molto amate dal pubblico, ha portato in scena giovedì e venerdì scorso – in una produzione Tsa, Taormina Arte e Teatro dei 99 – lo spettacolo “La misteriosa fiamma della regina Loana”, tratta dall’opera di Umberto Eco, ottenendo il tutto esaurito.

Tra uno spettacolo e l’altro, in una delle rare pause, noi del Capoluogo siamo riusciti ad incontrare Ninni Bruschetta e a rivolgergli qualche domanda.

Che rapporto hai con L’Aquila?
E’ il terzo anno consecutivo che vengo qui. L’Aquila è la città più diversa da Messina che si possa immaginare, ma per me è identica, perché c’è un’atmosfera che mi fa stare bene. Forse quello che per noi è il mare, qui sono le montagne. Io la mattina, quando esco, vedo le montagne innevate e mi sento libero, perché c’è aria pura. Inoltre, è una città deliziosa, a misura d’uomo, con poca confusione e prezzi bassi. Mi potrei anche trasferire a L’Aquila.

Ninni Bruschetta in scena in una edizione dei Cantieri dell’Immaginario

Che messaggio vuole dare questo spettacolo?
Ti rispondo con una battuta di Truffaut: “I messaggi li portano i postini”. Parlando seriamente, io ho sempre avuto una grande ammirazione per Umberto Eco. Quando ero giovane lo consideravo il mio professore ideale. Io e i miei compagni sognavamo di studiare con lui. Questo testo è particolarmente autobiografico e mi ha divertito tantissimo farlo, perchè mi sono messo nei suoi panni.

Quale romanzo ti ha colpito di più di Umberto Eco?
Ricordo di aver letto da giovane il “Diario Minimo” e in esso ho trovato un insegnamento su tutto. In particolare esprimeva il valore vero della Storia. Mi è rimasto impresso l’esempio in cui immagina che, dopo una glaciazione, si ritrovi un manifesto degli anni settanta con la pubblicità di un detersivo e la scritta OMO PIU’ BIANCO DEL BIANCO e venga interpretato come una dichiarazione razzista. Questo indica che per Eco, pur essendo uno storico, la storia è sempre fallace.

Come hai cominciato la tua attività artistica?
Ho cominciato molto giovane. La prima regia l’ho fatta a 21 anni a teatro, ho fatto un Beckett con le musiche dei Simple Minds, quindi ho riempito per due settimane il teatro a Messina. Da lì è cominciata la mia attività teatrale. Il primo film invece l’ho scritto e interpretato cinque anni dopo, cioè a 26 anni E da lì, chiaramente, il mio rapporto con il teatro è cambiato, perché da quel momento ho cominciato a fare tutte e due le cose. La televisione è venuta molto dopo.

Come vedi il rapporto tra i giovani e il teatro?
Quando realizzo i miei progetti, io lavoro solo per i giovani, perché tutto quello che noi facciamo per le persone della nostra età è autoreferenziale, tutto quello che facciamo per quelli che hanno vent’anni meno di noi è una cosa fatta per i giovani.
Io ho avuto anche la fortuna nella vita di fare delle cose, sia in teatro, che al cinema e in televisione, che piacciono ai giovani e secondo me questa è l’unica cosa che rende viva l’arte.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Per fortuna sono pieno di impegni. Adesso sto girando Makari, poi uscirà la nuova serie dei Bastardi di Pizzofalcone e devo finire un film di Bruno Colella in Polonia. Infine farò 1984, con la regia di Giancarlo Nicoletti.

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