Le nuove stanze della poesia

Le nuove stanze della poesia, Davide Rondoni

La natura, senza censure e pregiudizi, nelle poesie di Davide Rondoni. Ne parliamo nell'appuntamento con la rubrica del Capoluogo a cura di Valter Marcone.

Con uno stile che unisce saggio e narrazione, Davide Rondoni perlustra gli interrogativi che sorgono intorno al tema della natura, senza pregiudizi e senza censure, sfidando molti luoghi comuni e toccando temi che oggi occupano la nostra quotidianità e le frontiere dei nuovi saperi.
Una riflessione personale sulla natura che prende spunto dal pensiero e dalle parole dei grandi poeti. Un libro attuale che ragiona sui temi della modernità attraverso le voci di autori classici e contemporanei come Lucrezio, Keats, Leopardi, Szymborska, Luzi, per una visione del mondo più limpida.”

“Tutti, almeno a parole, vogliono una vita più naturale. Più a contatto con la natura e che la salvaguardi. Ma che cos’è la natura ? In un’epoca dominata da nuove scoperte, dalla crescita tecnologica, da una nuova sensibilità ecologica, ma anche da nuovi fenomeni inquietanti, come pandemie globali e squilibri dell’ambiente, risuona potente la domanda su cosa sia veramente un comportamento naturale nella vita di una persona
La parola “natura” è inevitabilmente fonte di confusione e tensioni, spesso usata per motivare scelte opposte. Forse, allora, per riaccostarci veramente alla natura (e alla nostra natura) occorre una sapienza antica e sempre nuova. Vogliamo una vita più naturale? Chiediamo ai poeti. E loro ci guideranno.”.
Questa in sintesi la presentazione del volume come si può leggere sul sito della casa editrice. Nel libro dunque , che in sostanza è una antologia di componimenti sulla natura, si possono leggere poesie come questa:
Natura non è /il primo nome del mistero?/cerco le tue braccia d’aurora e fiamma /in questo ennesimo hotel /il diluvio di nascite negli occhi /anche quando il vento cambia oscuro /il corso sul mio volto segnato 7da dolori invisibili a tutti /cerco sguardi di pioggia lucente / i più lontani flutti/sulla linea grigioargento del mare /e mi curvo sul cuore lago nato da un vulcano –anche quando tutto sembra risalire /le cisterne, i palazzoni deserti, i viadotti /agli occhi muti di un pallido sole /o peggio finire in uno scambio vano di idee /inseguo la pupilla enigma gioiello della tigre/lo scatto che conosce il folto e la preda, il bacio /sfrontato della mia lupa, il grido umano /che si accorda a canti stellate maree / in questo luogo dove io /da chissà che misteriosa foresta o passaggio di stormi /nel cuore sospeso del mondo /sono un sospiro, un fruscio…
Oppure riflessioni come questa: “Stringo questo taccuino di appunti, riflessioni, racconti personali e inventati. E poesie. Mi sono addentrato in un problema che è un territorio sterminato e affascinante. Ne sono uscito grondante di riflessi, acque misteriose, conchiglie, stelle marine, versi. Con una gioia che dà i brividi. Forse sono pagine da leggere di filato, forse andando in qua e in là, curiosando, danzando. Non pretendo di risolvere, ma di mettere a fuoco un po’ di questioni che mi sembrano urgenti nel vivere contemporaneo.
Ne sono uscito più tremante come dopo aver visto uno spettacolo grandioso ed enigmatico, scorci indimenticabili. Avevo già cominciato a lavorare su queste faccende in un libro di poesia, La natura del bastardo, uscito nel 2016. Molti pensarono che dietro quel titolo si celasse un libro biografico. E in parte lo era, ma era un libro soprattutto sulla Natura. Questo taccuino ora è a disposizione di altri viaggiatori avventurosi. Su questo potranno segnare appunti, obiezioni, domande per il loro itinerario nello stupore inquieto.”

Appariva così già al remoto poeta pigmeo: /Il cacciatore d’elefante /Sotto la foresta che lacrima, sotto il vento della sera, /gioiosa si è addormentata la notte tutta nera./Nel cielo le stelle sono fuggite: tremolanti lucciole /che brillano vaghe e piano si spengono. /Lassù la luna è cupa, e la sua bianca luce si è estinta. /Gli spiriti sono erranti…/Agguanta il tuo arco cacciatore d’elefante!/Nella foresta timorosa l’albero dorme, /le foglie sono morte, le scimmie sospese in alto sui rami /hanno serrato l’occhio. /Le antilopi se ne vanno a passi silenziosi,/mangiano l’erba fresca, attente tendono l’orecchio,/alzano la testa e impaurite ascoltano./La cicala tace serrando la sua canzone stridente…/Agguanta il tuo arco cacciatore d’elefante! /Nella foresta che sferza la grande pioggia/Padre elefante cammina lento, spensierato, /senza timore, sicuro della sua forza./Padre elefante (che nessuno può sconfiggere),/il bosco infrange, si ferma, riparte, mangia,/barrisce, abbatte gli alberi e cerca la sua femmina. /Padre elefante ti si sente da lontano…/Agguanta il tuo arco cacciatore d’elefante!/Cacciatore (nella foresta dove sei l’unico a passare),/alza il tuo cuore, scivola, corri, saltella e cammina! /La carne è davanti a te, un pezzo enorme di carne,/la carne che procede come una collina,/la carne che viene arrostita nel tuo focolare,/la carne in cui affondano i tuoi denti, /la bella rossa carne e il fumante sangue bevuto…/agguanta il tuo arco cacciatore d’elefante! (La poesia del mondo. Lirica d’Occidente e d’Oriente, a cura di G. Conte, Milano, Guanda, 2003)
Davide Rondoni, Forlì 1964, ha pubblicato alcuni volumi di poesia, tra i quali Apocalisse amore, Mondadori 2008, Avrebbe amato chiunque, Guanda 2003, Compianto, vita, Marietti 2001 e Il bar del tempo, Guanda 1999, Rimbambimenti, Raffaelli 2010, Si tira avanti solo con lo schianto, Whyfly 2013, con i quali ha vinto alcuni dei maggiori premi di poesia. E’ tradotto in vari paesi  in volume e rivista. Collabora a programmi di poesia in tv (Rai e tv2000) e ad alcuni quotidiani come editorialista. Ha fondato e dirige Il centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna e la rivista clanDestino. Suoi recenti volumi di saggi sono Nell’arte vivendo, prose e versi su arte e artisti, Marietti 2012, Contro la letteratura, Saggiatore 2011, sull’insegnamento a scuola, Il fuoco della poesia, Rizzoli 2008, Non una vita soltanto, Marietti 2001. Dirige le collane di poesia per Marietti e di ebook poesia per Subway edizioni. E’ autore di teatro e di traduzioni da Baudelaire, Rimbaud, Péguy e altri. Ha partecipato a festival internazionali di poesia in molti paesi. In prosa ha pubblicato Gesù, un racconto sempre nuovo, Piemme 2013, Hermann, Rizzoli 2010, I santi scemi, Guaraldi 2003, Tiene corsi di poesia presso alcune Università.
Di questo poeta parlerò anche in un’altra puntata. Qui mi interessa proprio la domanda che Rondoni si fa in questo libro: Che cos’è la natura per i poeti ? Ne scelgo alcuni, quelli che sono anche citati nell’antologia :Lucrezio, Keats, Leopardi, Szymborska, Luzi, anche se per riferire sul concetto di natura per esempio di Leopardi non basterebbe una intera biblioteca.
Della vita di Lucrezio non sappiamo quasi nulla. E’ San Girolamo che riferisce la data di nascita 94 0 96 a.C e soprattutto è Cicerone che revisiona e fa pubblicare alcuni libri dell’opera del poeta. La cui vita purtroppo, stando appunto alle scarse notizie che ci sono pervenute, fu caratterizzata da instabilità mentale. La sua opera è dunque frutto di momenti di lucidità e di tregua dal male fisico . Che lo portò al suicidio a soli quarantasei anni. L’unica opera di Lucrezio a noi pervenuta è il De rerum natura, un poema didascalico in esametri di argomento scientifico e filosofico che si propone di diffondere la dottrina epicurea presso le classi colte di Roma.
Sostanzialmente la concezione della natura di Lucrezio è atomista: la natura è fatta di atomi .Particelle innvisibili che compongono il nostro mondo che si muovono nel vuoto cadendo dall’alto verso il basso e che si incontrano per una deviazione perpendicolare detta clinamen, dando origine a tutto ciò che esiste. La morte altro non è che il dissolversi degli atomi che, dopo aver vagato nel vuoto, possono riunirsi per poi creare altri esseri.
In John Keats, si attua la massima fusione tra l’uomo e la natura, che sono parte di una stessa natura che per questo li unisce . Nei suoi versi riscopre le voci dell’erba, del vento, della nuvola, non con la possente invocazione delle odi di Shelley, ma con una magica scoperta di affinità elettive. Non canta la natura, ma la fa cantare. Il mondo è un teatro come lo fu di voci per Shakespeare che fu il suo maestro .

Per chi a lungo è stato chiuso in città,
com’è dolce guardare la luminosa
aperta faccia del cielo, respirare una preghiera,
piena nel sorriso del firmamento azzurro.
Chi è più felice, allora, quando con la pace nel cuore
stanco si lascia sprofondare in un verde recesso
di erba ondulata, a leggere un lieto,
un gentile racconto di amore e languore?
Tornando poi la sera a casa, con l’orecchio
preso dal canto di Filomela, e l’occhio
fisso a una tenue nuvola in viaggio
rimpiange la brevità del giorno passato,
come una lacrima d’angelo che arriva
e cade nel chiaro etere in silenzio.
Per Leopardi la natura è matrigna .Considera la natura come una matrigna crudele e indifferente ai dolori degli uomini, una forza oscura e misteriosa governata da leggi meccaniche e inesorabili. Nelle sue prime opere la natura non ha una connotazione tanto negativa quanto in quelle successive: nello Zibaldone il poeta recanatese afferma che la natura è dispensatrice di illusioni, “senza cui la vita nostra sarebbe la più misera e barbara cosa”. L’uomo moderno, però, si trova sotto il giogo dalla ragione, per cui non può beneficiare appieno delle illusioni. Ecco dunque la disillusione dell’uomo moderno che a differenza degli antichi stenta a raggiungere la vera poesia. L’idea di natura di Leopardi ha molte sfumature e oscilla tra positivo e negativo anche se negli ultimi anni della sua vita e nelle sue ultime composizioni compare una speranza: quella di non darsi per vinto perchè non c’è niente di neluttabile .

Alla luna (poesia scritta a Recanati nel 1820)
O graziosa Luna, io mi rammento
che, or volge l’anno, sovra questo colle
io venia pien d’angoscia a rimirarti:
e tu pendevi allor su quella selva,
siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto,
che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
il tuo volto apparia, ché travagliosa
era mia vita: ed è, né cangia stile,
o mia diletta Luna. E pur mi giova
la ricordanza, e il noverar l’etate
del mio dolore. Oh come grato occorre
nel tempo giovanil, quando ancor lungo
la speme e breve ha la memoria il corso,
il rimembrar delle passate cose,
ancor che triste, e che l’affanno du
Sebbene i due poeti non si siano mai conosciuti (Keats visse dal 1795 al1821, Leopardi dal 1798 al 1837) né abbiano letto le rispettive opere, fra loro intercorrono singolari e sorprendenti coincidenze biografiche e suggestive consonanze d’ispirazione. Singolare coincidenza, la composizione fra il 1819 e il 1821 delle poesie più belle: le Odes (Odi) per Keats, i primi Idilli (L’infinito, Alla luna, Il sogno,La sera del dì di festa, La vita solitaria) per Leopardi. Accomuna entrambi i poeti la convinzione che un tempo la natura, sacra, era ladimora di spiriti e dei, mentre ora è ‘neutra e abbandonata’.
Per Wisława Szymborska viviamo separati dagli animali (e dal resto della natura) irreparabilmente e questo ci dà, in momenti diversi, una sensazione di estrema superiorità, ma anche un vago senso di estraneità, di distacco irrimediabile. La filosofia, la scienza, la letteratura sono tutti tentativi di penetrare un mondo con cui non possiamo più identificarci completamente. . In “Conversazione con una pietra”, il problema di penetrare il mondo naturale è sviluppato sotto forma di un dialogo in cui una voce chiede alla pietra di aprirle la porta e la pietra risponde fermamente di no, arrivando ad ammettere «non ho porta».
La poesia “Il silenzio delle piante’’, scritta da Wislawa Szymborska ed edita in Italia nel 2002, affronta la delicata relazione tra uomo e natura. In questi versi viene sviscerata, con eleganza e intensità, la condizione di incomunicabilità e di isolamento del mondo vegetale. Come in tutta la sua produzione poetica, la poetessa polacca affronta di petto il lato amaro e ironico dell’esistenza, dando voce a chi non ne ha.
La conoscenza unilaterale tra voi e me
si sviluppa abbastanza bene.
So cosa sono foglia, petalo, spiga, stelo, pigna,
e cosa vi accade in aprile, e cosa in dicembre.
Benché la mia curiosità non sia reciproca,
su alcune di voi mi chino apposta,
e verso altre alzo il capo.
Ho dei nomi da darvi:
acero, bardana, epatica,
erica, ginepro, vischio, nontiscordardimé,
ma voi per me non ne avete nessuno.
Viaggiamo insieme.
E quando si viaggia insieme si conversa,
ci si scambiano osservazioni almeno sul tempo,
o sulle stazioni superate in velocità.
Non mancherebbero argomenti, molto ci unisce.
La stessa stella ci tiene nella sua portata.
Gettiamo ombre basate sulle stesse leggi.
Cerchiamo di sapere qualcosa, ognuno a suo modo,
e ciò che non sappiamo, anch’esso ci accomuna.
Io spiegherò come posso, ma voi chiedete:
che significa guardare con gli occhi,
perché mi batte il cuore
e perché il mio corpo non ha radici.
Ma come rispondere a domande non fatte,
se per giunta si è qualcuno
che per voi è a tal punto nessuno.
Epìfite, boschetti, prati e giuncheti –
tutto ciò che vi dico è un monologo
e non siete voi che lo ascoltate.
Parlare con voi è necessario e impossibile.
Urgente in questa vita frettolosa
e rimandato a m
«Lo spirito, il principio della natura, è più libero, è più inventivo, è più creativo, e io penso di non aver mai tradito questo principio»: sono parole dello stesso Luzi, che definiscono la centralità del tema della natura nella sua opera . La poesia di Mario Luzi “Natura” si basa su terra, acqua, fuoco (fiamma) e aria (i passeri che fluttuano): nel giro di tre versi il poeta ci precipita nell’abisso della Natura. L’elemento che ha la prevalenza l’acqua, con il mare citato due volte nel giro di due righe: si tratta dell’ avvolgente, del pervasivo e stratificato, simbolo di movimento e profondità. L’acqua è vita, ed è come se tutto, dal cielo alla terra, ne fosse intriso: anche la morte non è poi altro che un aspetto della vita stessa, e quei corpi socchiusi alla vita e alla morte, sembrano corolle di fiori notturne in attesa di nuove linfe e nuovi mattini.La terra e a lei concorde il mare
e sopra ovunque un mare pi� giocondo
per la veloce fiamma dei passeri
e la via
della riposante luna e del sonno
dei dolci corpi socchiusi alla vita
e alla morte su un campo;
e per quelle voci che scendono
sfuggendo a misteriose porte e balzano
sopra noi come uccelli folli di tornare
sopra le isole originali cantando:
qui si prepara
un giaciglio di porpora e un canto che culla
per chi non ha potuto dormire
sì dura era la pietra,
sì acuminato l’amore.

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