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Il Governo Meloni e l’opposizione in cerca di identità

Meloni è più moderata di 2 anni fa? Forse. L'opposizione, tuttavia, è rimasta spiazzata: PD e 5 Stelle ancora in cerca di identità.

Il governo Meloni e l’opposizione in cerca di identità

In pochi avrebbero immaginato che Giorgia Meloni, dopo aver fondato un partito con percentuali da prefisso telefonico, non solo avrebbe raccolto un successo personale, ma sarebbe divenuta un leader internazionale. Vinte le elezioni del 25 settembre, Giorgia Meloni ha capito subito che doveva ritagliarsi uno spazio internazionale. Doveva rassicurare i mercati, accreditarsi in Europa come una leader europeista e, a livello internazionale, ribadire la continuità dell’Italia nel sistema di alleanze tradizionali. Diciamo che l’operazione è riuscita. Nessuno può mettere in discussione la fedeltà alla Nato, oppure il manifesto europeismo. Questo ha sicuramente messo in difficoltà chi sperava in un isolamento dell’Italia con la vittoria della Destra. Certamente Giorgia Meloni oggi non è la stessa di due anni fa, ma è pur vero che lo scenario internazionale è mutato. C’è una guerra alle nostre porte, c’è un paese aggressore, la Russia, e un aggredito che aveva cercato di uscire dall’orbita russa sognando l’Europa.

Opposizioni spiazzate?

Giorgia Meloni

Tutti i vecchi discorsi sono stati cancellati: Giorgia Meloni ha preso atto della situazione e si è mossa di conseguenza con l’obiettivo ereditato da Draghi di fare dell’Italia una nazione protagonista. È divenuta più moderata? Forse. Probabilmente per convinzione, per qualcuno per necessità. Ma la sostanza non cambia. Questo può spiazzare un’opposizione che puntava sull’isolamento del Paese e su scelte identitarie estremistiche. Oppure su una litigiosità della maggioranza. Tutto questo non c’è stato. Semmai a entrare in crisi sono le opposizioni alla ricerca disperata di una visibilità, di una identità. Le forze di opposizione sono sostanzialmente tre: il Pd, i 5Stelle e il terzo polo. Il Pd, scegliendo la Schlein, ha di fatto cercato di fare tabula rasa del passato. Di rompere il cordone ombelicale con le forze storiche che hanno portato alla nascita del Pd. Le bandiere arcobaleno hanno sostituito le bandiere rosse. Le forzature su alcune questioni etiche hanno provocato l’aperto dissenso del mondo cattolico. Ma ancor di più non è chiaro che partito vuole fare la Schlein, impegnata a seguire ogni movimento di protesta.

I 5Stelle un’identità l’hanno perduta da tempo. Non possono essere più la forza antisistema: avendo governato, avendo stretto alleanze. Hanno scelto il leader, popolare, che dovrebbe incarnare lo spirito di un partito di lotta e di governo. Ma Conte ora deve fare i conti con il Pd che, sotto la guida Schlein, si muove nello stesso sentiero. Poi c’è il cosiddetto Terzo polo. Doveva costituire l’area moderata del fronte progressista per attrarre sia i centristi di Forza Italia che i moderati del Pd. L’azione è stata fallimentare. Da Forza Italia alcuni esponenti (Carfagna, Gelmini, Moratti) si sono spostati, ma senza essere accompagnati dai voti. Il progetto comunque è naufragato, perché Renzi e Calenda, come era facile prevedere, sono arrivati ai ferri corti. Così l’idea di una forza moderata è naufragata, la stessa fine di quanti in passato hanno provato a ricostruire un ipotetico centro.
Forse non c’è  bisogno di una forza moderata, perché tutti i partiti – avvicinandosi al governo – diventano moderati. La debolezza politica delle opposizioni non può che avvantaggiare il governo, che comunque è messo alla prova dalle sfide. A partire da quella di essere capace di sfruttare l’occasione del PNRR per rilanciare l’Italia. Poi, alla fine, saranno gli elettori a giudicare. Lo faranno soprattutto nelle Europee del prossimo anno. Un banco di prova per tutti, maggioranza e opposizioni.

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