Prezzi in aumento, si compra meno e si spende di più

Prezzi in aumento, la pasta a più di 2 euro al kilo
Con i prezzi in aumento continuano a ridursi gli sfizi dell’Italiano medio. Si rinuncia alla colazione al bar o ad acquistare prodotti di prima necessità di noti marchi ricorrendo alla spesa al discount.
Rispetto ad aprile 2022 sono stati comprati il 5,4% in meno di beni alimentari ma, per farlo, si è speso il 6,2% in più dell’anno prima. Questo quanto emerge dai dati Istat pubblicati il 7 giugno di quest’anno. Quindi sembra paradossale ma si spende di più comprando di meno nonostante le innumerevoli rinunce a cui è costretta la maggior parte degli italiani. Si va a mangiare fuori con minore frequenza e durante la spesa non si pensa più al marchio detentore di qualità ma si pensa alla necessità che si ha di mangiare, appunto. L’associazione no profit per la tutela dei consumatori, la Assoutenti, ha stilato la mappa ufficiale sul caro-pasta in Italia. In particolare è emerso che il prezzo medio si attesta a circa 2,13 euro al kg, con un aumento medio del +25,3% rispetto allo scorso anno (quando i listini erano pari in media a 1,70 euro/kg). Nei giorni scorsi il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso ha dato mandato al Garante per la Sorveglianza dei Prezzi, Benedetto Mineo, di convocare la Commissione di allerta rapida per analizzare la dinamica del prezzo della pasta.
Sempre in riferimento ad aprile dello scorso anno, gli incassi dei supermercati sono saliti del 7,2% mentre è sceso il fatturato dei piccoli negozi (- 1,1%). Crescono le vendite nei discount alimentari con un +9,2% in valore ad aprile sullo stesso mese del 2022 e un +9,1% nei primi quattro mesi dell’anno. Nel primo quadrimestre i ricavi della grande distribuzione sono saliti del 7,8%, più dell’inflazione, mentre quelle dei negozi salgono del 2,5%. Per il commercio elettronico si registra una + 5,5%.
A chiedere l’intervento del governo sono anche le organizzazioni del commercio, con Federdistribuzione che sottolinea l’urgenza di tutelare il potere d’acquisto delle famiglie. “Occorre favorire la ripresa della domanda interna e garantire stabilità alle nostre aziende e alle numerose filiere agroalimentari del Made in Italy“. Per Confesercenti, “il dato peggiore si registra per i piccoli negozi, con una stima che va oltre il -5% in tre mesi, sempre in volume”. Serve un taglio del cuneo fiscale, che però rischia di rivelarsi “insufficiente” se non accompagnato da una “riduzione della pressione fiscale che grava sui lavoratori attraverso una defiscalizzazione degli aumenti retributivi”. Il potere d’acquisto delle famiglie italiane è messo a dura prova da un’inflazione che resta ancora troppo elevata e calmierare i prezzi, soprattutto dei beni di prima necessità, sta diventando un’emergenza e come tale non può più essere ignorata.
