Storia

Nove Martiri aquilani, una foto inedita: “Un tassello di emozione nella storia”

Alla vigilia del 79° anniversario della Liberazione dell’Aquila, l’ANPI oggi ha presentato una foto inedita che aggiunge un tassello di emozione alla storia dei Nove Martiri.

Alla vigilia del 79° anniversario della Liberazione dell’Aquila, l’ANPI oggi ha presentato una foto inedita che aggiunge un tassello di emozione alla storia dei Nove Martiri.

Sono i resti dei corpi – ridotti a un cumulo di ossa e stracci – appena stumulati dalle fosse della Caserma Campomizzi, dove furono fucilati, e ricomposti nell’atrio della scuola De Amicis. La foto è del 14 giugno 1944 e l’uomo a destra della foto, Agostino Ruzza, è componente dell’UNPA – Unione nazionale Protezione Antiaerea, al cui figlio Mario appartiene la foto.
Nell’anno dell’80° dei Nove Martiri, lo storico Walter Cavalieri, ha proposto una ricerca collettiva e diffusa tra gli archivi e i ricordi privati degli aquilani, perché altre foto, tracce e reperti possano venire alla luce e arricchire il patrimonio storico.
Il vicesindaco Raffaele Daniele ha elogiato questo lavoro e assicurato l’impegno dell’amministrazione comunale per un programma di iniziative verso la data ufficiale della celebrazione che sarà il 23 settembre. Già nei Cantieri dell’Immaginario, è previsto uno spettacolo del TSA basato sul libro di Cavalieri sul Processo per i Nove Martiri.
Fulvio Angelini, per l’ANPI, ha ricordato che la cura della memoria non è solo curiosità storica e rispetto per i protagonisti di un tempo, ma una tensione collettiva a migliorarsi, conoscere il passato per non ripeterne gli errori e gli orrori, e migliorarsi per essere capaci oggi, nella quotidianità, di riconoscere i valori giusti – la solidarietà, l’accoglienza, la giustizia, l’umanità – a cui ispirarsi.
Per questo l’ANPI ha chiesto al Comune di valorizzare i luoghi della memoria dei Nove Martiri (il mausoleo, la piazzetta, il cippo alla base del sentiero alla Madonna Fore, lo spazio alla Fontevecchia di Collebrincioni), ristampare alcune pubblicazioni, coinvolgere le scuole in un Concorso che coniughi il sacrificio dei Nove Martiri con vicende, episodi e momenti dell’attualità.
La foto resterà esposta nella sala del PiMuF – Piccolo Museo della Fotografia di Roberto Grillo (in corso Vittorio Emanuele 9) e poi in altri spazi pubblici.

La foto inedita.

Nell’anno che celebrerà l’80° anniversario dell’eccidio del Nove Martiri aquilani, è emersa una foto “straordinaria, mai vista prima, di enorme interesse storico”, come ha commentato a caldo il prof. Walter Cavalieri, il massimo storico della vicenda dei Nove Martiri. Si tratta di un’immagine del 14 giugno 1944 – il giorno successivo alla liberazione della città – quando le salme dei nove giovani fucilati alle Casermette, furono rinvenute, recuperate e ricomposte nel cortile della scuola elementare Edmondo De Amicis. La foto, in cui si vedono alcuni corpi deposti sui tavoli, ritrae due degli uomini che furono incaricati del recupero delle vittime. Quello a destra è Agostino Ruzza, all’epoca componente dell’UNPA – Unione Nazionale Protezione Antiaerea. La foto, infatti, appartiene al figlio, Mario Ruzza, oggi 81enne, che l’ha recuperata dal suo archivio di ricordi familiari.

“Agostino Ruzza – racconta il figlio Mario – sin da ragazzo, lavorò come artigiano nella Falegnameria Aleandri e Cococcetta in via Sallustio. Si appassionò, apprese subito l’arte del legno, divenne un bravissimo falegname e capì che questo sarebbe stato il mestiere della sua vita, a cui infatti in seguito continuerà a dedicarsi. Durante la guerra, però, la scarsità di energia elettrica non consentiva più l’uso della segheria e delle attrezzature meccaniche. Per questo Agostino fu costretto ad abbandonare il lavoro e iniziò a operare con l’UNPA, la cui sede si trovava nei locali della De Amicis, lo storico palazzo a fianco della basilica di San Bernardino.
Con divisa ed elmetto – nella foto, Agostino Ruzza è ritratto all’ingresso della De Amicis con alle spalle la portinaia dell’edificio – gli operatori dell’UNPA prestavano servizio nelle varie circostante critiche dell’epoca.
Per intervenire portavano poche cose essenziali: appesa al cinturone, da un lato avevano una piccola sacca con dentro delle bende, l’ovatta e la tintura di iodio, niente di più. Al fianco opposto tenevano una piccola ascia che rappresenta, peraltro, il simbolo del Corpo.
Si rendevano utili nelle situazioni di disagio e nei momenti di emergenza, di cui il più straordinario fu quello del bombardamento della Zecca e della stazione ferroviaria dell’Aquila.
Dopo l’8 settembre 1943 gli alleati che risalivano la penisola colpivano i presìdi più importanti degli occupanti tedeschi. E l’8 dicembre, Festa dell’Immacolata Concezione, l’aviazione anglo-americana bombardò le Officine Carte e Valori della Banca d’Italia e la stazione. Si conteranno 294 vittima: 15 operaie e 4 operai del “reparto verifica” (il controllo delle banconote già stampate), 25 cittadini del quartiere della Rivera (di due di essi non furono mai trovati i corpi), circa 200 prigionieri inglesi rinchiusi nei vagoni dello scalo ferroviario e, secondo un rapporto non ufficiale, oltre 50 soldati tedeschi colpiti dalle bombe delle fortezze volanti angloamericane.
Mario Ruzza ricorda che per non spaventare i bambini, gli adulti dicevano loro che quelle che scendevano dal cielo non erano bombe, ma caramelle. “Ma in realtà, arrivando sul luogo del bombardamento – raccontò poi Agostino Ruzza al figlio Mario – trovammo persone morte con i soldi nello stomaco: avevano raccolto sotto le maglie o le giacche le banconote sparse in giro dalle esplosioni e poi erano morte sventrate dalle bombe. Altri invece riuscirono a recuperare dei soldi e nei mesi successivi, quando camminavano in città, venivano indicati come i nuovi ricchi della città”.
Il giorno dopo la Liberazione dell’Aquila, infine, arrivò l’ordine di recuperare le salme dei Nove Martiri. La loro fucilazione, il 23 settembre 1943, era stata negata e nascosta dalle autorità della Wermacht per timore di una insurrezione popolare. Si disse che erano stati deportati in Germania, ma si sapeva che erano stati giustiziati dopo averli costretti a scavarsi la fossa con le loro mani.
Così Agostino Ruzza divenne uno dei protagonisti di quel triste ritrovamento. E ha conservato la foto che lo vede, insieme a un soldato, accanto ai resti dei giovani martiri, ridotti – dopo una feroce sepoltura senza le bare di quasi nove mesi – a un cumulo di ossa e stracci. I corpi furono ricomposti nel cortile della De Amicis e i funerali solenni si svolsero il 18 giugno 1944.
“Dopo la guerra – racconta ancora Mario Ruzza – papà Agostino aprì una falegnameria in proprio a via Agnifili. E io a ora di pranzo andavo a piedi dalla nostra casa di Santa Maria di Farfa a portargli qualcosa da mangiare. Finché un giorno papà ebbe la fortuna di vincere una bicicletta ad una lotteria. E da allora per me portargli da mangiare pedalando fu molto più comodo e piacevole. Purtroppo Agostino morì giovane, a 59 anni. Ricordo che si ammalò anche per la rabbia di aver subìto un’ingiustizia: un cliente si era rifiutato di pagargli un lavoro e papà la prese così male da amareggiarsene oltre misura. La rincontrai, quella persona, molti anni dopo, quando lavoravo alla Edilsolaio: la riconobbi, mi rifiutai di servirla e la cacciai dal negozio: fu un gesto istintivo, in ricordo di mio padre e del dolore per il torto che quell’uomo gli aveva fatto.”

leggi anche
Necrologio
Addio a Maria Mancini: era la sorella di Camine, uno dei 9 martiri aquilani
Ricorrenze
Nove martiri aquilani, il ricordo a 79 anni dall’eccidio
Attualita'
Quarto di San Giovanni: “Uno sguardo attento sulla ricostruzione storica del Corteo della Perdonanza”
La ricorrenza
Il 13 giugno 1944, la Liberazione dell’Aquila dall’occupazione nazifascista
L'inaugurazione
Rosa del Partigiano, l’inaugurazione del monumento che ricorda i 33 Martiri di Capistrello e Antonio Rosini