Libri e cultura

Le chiavi del Mediterraneo, nel libro di Andrea Cotticelli gli esordi del colonialismo italiano

Gli esordi del Colonialismo Italiano che gettarono le basi di quello che divenne poi l’Impero Coloniale in Africa nel libro di Andrea Cotticelli “Le chiavi del Mediterraneo”.

Perché scrivere oggi un libro sugli esordi del colonialismo italiano? “Ero convinto che abbiano segnato una tappa di grande rilievo nella storia nazionale e valeva la pena che fosse riscoperta”. Nell’intervista al Capoluogo, lo scrittore e giornalista romano Andrea Cotticelli, spiega la genesi del suo libro “Le chiavi del Mediterraneo. Gli esordi del colonialismo italiano”, incentrato sugli. albori delle imprese coloniali.

le chiavi del mediterraneo, Andrea Cotticelli

“Il mio interesse a trattare questo tema – spiega Andrea Cotticellinasce in quanto ad oggi ai più è sconosciuto e sono stati ben pochi gli storici e gli scrittori che vi si sono dedicati in modo specifico. Gli albori delle imprese coloniali sono stati spesso solamente inseriti nelle pagine di volumi che trattano più ampiamente della storia d’Italia oppure trovano spazio solo in pochi capitoli nei rari e datati testi focalizzati sul colonialismo italiano”.

Andrea cotticelli
le chiavi del mediterraneo, Andrea Cotticelli

Appassionato di Storia Moderna e Contemporanea, con particolare riguardo al periodo che va dal Risorgimento alla Prima Guerra Mondiale, il giornalista e scrittore di saggi storici Andrea Cotticelli è nato a Roma il 29 luglio 1982; ha alle spalle una lunga esperienza politico-parlamentare e istituzionale. Dopo la Laurea Specialistica in Editoria e Giornalismo, con Tesi in Storia delle Relazioni Internazionali, presso l’Università Lumsa di Roma e il Master di Secondo Livello Parlamento e Politiche Pubbliche, con Tesi in Storia d’Italia, presso l’Università Luiss di Roma, ha collaborato per il settimanale “Panorama”, l’Agenzia di Stampa Ansa, il TG3 e il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Attualmente è il web writer della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus. “Le chiavi del Mediterraneo” arriva dopo gli altri volumi, sempre di storia,  “La Propaganda Italiana nella Grande Guerra” e “Beatrice Orsini Sacchetti la regina nera nella Roma papalina del XIX secolo”.

le chiavi del mediterraneo, Andrea Cotticelli

Cosa si cela quindi dietro “Le chiavi del Mediterraneo”? “Si tratta di un tema poco noto, ma che ha segnato una tappa di grande rilievo nella storia nazionale. Per scrivere questo libro ho dovuto portare avanti un lungo lavoro di ricerca e scrittura, oltre ad alcune specifiche pubblicazioni di illustri storici che hanno circoscritto i loro studi in una più approfondita analisi delle origini dell’avventura coloniale italiana. Sono state fonti obbligate, e forse uniche, alle quali ho potuto attingere per conoscere come nacque e si sviluppò in Italia la politica coloniale nei primi decenni postunitari, sono i discorsi e gli atti parlamentari pubblicati dalla Camera dei Deputati e dal Senato del Regno d’Italia, e i documenti diplomatici italiani risalenti agli anni Ottanta del XIX secolo”. 

“Questi si sono rivelati di grande utilità per inquadrare nel miglior modo possibile come gradualmente si è andato sempre più sviluppando l’interesse dei governi italiani, in particolare per il Governo Depretis-Mancini, per quelle zone del Mar Rosso e dell’Africa Orientale, ritenute essere le chiavi del Mediterraneo, che furono le basi di quello che divenne poi l’Impero Coloniale Italiano”. 

le chiavi del mediterraneo, Andrea Cotticelli

Ha dato ampio spazio nel suo libro non solo ai documenti ma anche ai giornali dell’epoca. Perché questa scelta?
“A corredo della citata documentazione è parso interessante, ed a volte curioso, consultare articoli riportati su alcune pubblicazioni settimanali della seconda metà dell’Ottocento, dove giornalisti e commentatori politici mettono in risalto il giudizio dell’opinione pubblica in balia di notizie, spesso contrastanti, sugli avvenimenti in corso, mentre corrispondenti esteri inviano le prime impressioni sulle nuove terre italiane”. 

Infine, nel suo libro sono presenti molte illustrazioni d’epoca rare e inedite. Queste risultano essere una chiave di lettura in più sul colonialismo italiano?
“Ho ritenuto gradevole arricchire il testo con alcune illustrazioni riprese da pubblicazioni settimanali degli anni 1878-1885, come ‘L’Illustrazione Italiana’, ‘Rivista Illustrata Settimanale’ e ‘L’Illustrazione Popolare’, nelle quali disegnatori dell’epoca hanno ritratto luoghi, costumi e momenti di vita relativi agli albori delle imprese coloniali. Da quelle illustrazioni possiamo oggi avere un’idea di come apparivano quei luoghi agli occhi dei primi italiani, esploratori, missionari, commercianti e soldati, che sbarcavano sulle coste africane del Mar Rosso. Vi si possono inoltre ammirare le sagome delle navi che parteciparono alla spedizione italiana nel Mar Rosso e cogliere momenti di vita dei reparti militari destinati ad Assab e Massaua, i primi possedimenti italiani nel Corno d’Africa, nei loro accampamenti, nelle strutture fortificate e nelle residenze civili”. 

le chiavi del mediterraneo, Andrea Cotticelli

Le chiavi del  mediterraneo: il libro

Nella seconda metà dell’Ottocento l’Italia fu l’ultima delle Potenze europee ad inserirsi nella contesa coloniale. Esploratori, missionari e commercianti italiani si avventuravano in territori sconosciuti dell’Africa per aprire la via a possibili stabilimenti commerciali, protettorati e colonie. I governi italiani, superati i molteplici problemi dovuti alla recente unificazione del Paese e stabilizzata la posizione dell’Italia nel concerto europeo, cominciarono ad indirizzare il loro sguardo verso l’oltremare. Artefice della politica coloniale fu Pasquale Stanislao Mancini, chiamato da Agostino Depretis nel 1881 a far parte del suo governo come Ministro degli Affari Esteri. Nobile campano, uomo di scienze del diritto, abituato a muoversi tra le sicure e salde normative dettate dalla giurisprudenza, Mancini doveva ora dar prova di essere in grado anche di navigare nelle torbide acque della diplomazia internazionale tra furbizie, inganni e parole oggi proferite e domani negate. Le mire del governo italiano furono in un primo tempo orientate verso il vicino Mar Mediterraneo. Ma il colpo di mano messo a segno dalla Francia con l’occupazione di Tunisi nel 1881, il mancato intervento in Egitto a fianco della Gran Bretagna nel 1882 e la rinuncia a sbarcare a Tripoli nel 1884, avevano precluso all’Italia le coste dell’Africa settentrionale.
A questo punto Mancini indirizzò le sue mire verso le sponde africane del Mar Rosso convinto di trovare lì “le chiavi del Mediterraneo”. Una scelta presa in parte anche grazie alle singole azioni di alcuni nostri esploratori nel Corno d’Africa, tra cui quelle di Giuseppe Sapeto, Giuseppe Maria Giulietti, Gustavo Bianchi, Antonio Cecchi, Ferdinando Fernè e Umberto Romagnoli.

Sull’onda emotiva dell’eccidio della spedizione guidata dall’esploratore Giuseppe Maria Giulietti, avvenuta sulle coste del Mar Rosso, Mancini nel 1882 fu il fautore dell’acquisto della baia di Assab dalla Compagnia Rubattino, trasformandola nella prima Colonia italiana. Quindi, intimorito dagli appetiti coloniali delle altre potenze, Francia in primo luogo, e confortato dalle buone relazioni con la Gran Bretagna, che si mostrava favorevole ad azioni italiane nel Mar Rosso, il Ministro cominciò a intravedere per l’Italia orizzonti più estesi e si adoperò per tracciare un ambizioso programma coloniale, che prevedeva di portare il Tricolore su un esteso territorio dell’Africa Orientale, comprendente Eritrea, Sudan, Somalia ed Etiopia, che però non ebbe la possibilità di realizzarsi, se non in minima parte, sia per interferenze parlamentari che per incomprensioni internazionali.

Fu così che l’Italia il 5 febbraio 1885 occupava Massaua, il porto più importante del Mar Rosso, e a seguire pose sotto il Tricolore tutto il tratto di costa eritrea compreso tra Massaua ed Assab per una lunghezza di circa 400 chilometri. Contemporaneamente l’esploratore Antonio Cecchi, in missione per conto del governo alle foci del Giuba nell’Oceano Indiano, il 28 maggio 1885 siglava un Trattato di Amicizia e Commercio con Zanzibar, che sanciva di fatto l’avvio della presenza italiana sulla costa somala. Questi due successi italiani, ma purtroppo gli unici, delinearono a Nord con Massaua e a Sud con il Giuba i futuri confini dell’influenza dell’Italia nel Corno d’Africa.
L’ambizioso programma coloniale di Mancini si fermò qui, a seguito della sua uscita dalla scena politica. A lui va il merito di aver costituito le basi dell’Impero Coloniale Italiano che nell’arco dei successivi cinquant’anni si svilupperà nel Corno d’Africa.

 

 

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